Vauro è autore di vignette sgradevoli e irritanti, su questo non ci piove. Un giorno sì, e l’altro pure, sul Manifesto pubblica disegni che mostrano israeliani come nazisti, americani come schiavisti assetati di sangue, e da che parte gli batta il cuore non ne fa certo mistero. Vauro è Vauro, basta la parola. Fa una satira greve, pesante, cattiva. Ma per sapere: c’è una satira light, “buona”, gentile?
Anni fa a chi scrive capitò la ventura di essere direttore responsabile del Male. Quel settimanale andava giù pesante, sciabolate al cui confronto le “battute” di Vauro sono cose da educande. Una volta qualcuno, sotto pseudonimo, scrisse un articolo per protestare contro la condanna inflitta allo sventurato che in base alle norme (fasciste) sulla stampa mi aveva preceduto come direttore responsabile. Il magistrato che aveva emesso la condanna secondo l’anonimo corsivista era una m… tale che quando camminava, a suo dire, se ne sentiva la puzza.
Il magistrato così pesantemente chiamato in causa presentò querela con ampia facoltà di prova, e s’ammetterà che era arduo dimostrare che camminando spargeva puzza e cattivi odori. Da sventurato direttore (ir)responsabile ne ricavai due anni e sei mesi di condanna senza beneficio alcuno, poi confermati in Appello. Finì bene perché ci si inventò qualche diavoleria che la Cassazione prese per buona, ma per qualche tempo quei due anni e sei mesi senza condizionale sono stati un piccolo incubo.
In quell’occasione non furono molti che spesero qualche parola di solidarietà: tra quei pochi Oreste del Buono, Giorgio Forattini, Giampiero Mughini, Marco Pannella, Salvatore Sechi; dalla Federazione della Stampa e dagli ordini costituiti silenzio e indifferenza, ma erano messi in conto.
Del Buono ne scrisse, e il magistrato piccato, replicò: la satira va bene, ma quella non era satira, bisogna porre dei limiti. Pacatamente del Buono rispose che in materia di satira i limiti servono solo per oltrepassarli. E disse che mi difendeva proprio perché si trattava di una volgarità indifendibile.
Il lungo preambolo serve per spiegare perché oggi si dice: “Giù le mani da Vauro”. Da maledetto senese emulo di Cecco Angiolieri è stato di cattivo, pessimo gusto, ha varcato, al pari di Maurizio Crozza i limiti consentiti? Bene, proprio per questo vanno entrambi difesi. E ridateci i tempi di Giulio Andreotti e Giovanni Spadolini, che neutralizzavano i “satiri” chiedendo gli originali delle vignette!
Valter Vecellio
(da Notizie radicali, 17 aprile 2009)