16 Aprile 2009
Dal blog Generación Y
15 aprile 2009
La bitácora de la bitácora
Hoy, la editorial Rizzoli presenta en Italia una compilación de mis posts bajo el título “Cuba Libre”. Espero poder anunciar –pronto- una edición en mi propia lengua. Les adelanto el texto inicial del libro sobre los inicios de Generación Y, que justo por estos días cumple sus dos años y con éste de hoy llega a los 300 post publicados:
Es abril y no hay mucho que hacer, solo mirar desde el balcón y confirmar que todo sigue como en marzo o en febrero. La Plaza de la Revolución –un pirulí truncado que asustaría a cualquier niño- domina los bloques de concreto de mi barrio. Frente a mí, dieciocho pisos de hormigón llevan el cartel de Ministerio de la Agricultura. Su tamaño es inversamente proporcional a la productividad de la tierra, así que me dedico a mirar con mi catalejo las oficinas vacías y sus ventanas rotas. Vivir en esta zona “ministerial” me permite interrogar los altos edificios desde los que salen las directivas y resoluciones para todo el país. Manías de orientar el lente y pensar “ellos me observan, pues yo también los observo a ellos”. De esas inspecciones con mi telescopio azul he sacado bien poco, la verdad, pero una impresión de inercia traspasa el cristal y se cuela a través del hormigón de mi edificio modelo yugoslavo.
Miro a los que van con su jabita vacía para el mercado y muchas veces regresan con ella igual que a la ida. Yo también tengo una bolsa plástica, aunque la mía va doblada siempre en un bolsillo, para no denotar que me ha devorado la maquinaria de la cola, la búsqueda de la comida, el comadreo de si el pollo vino o no al mercado racionado… En fin, que tengo la misma obsesión por alcanzar algún producto, pero trato de que no se me note demasiado.
En mis delirios de contar las auras tiñosas que sobrevuelan al pirulí truncado y mientras me pregunto cómo llenaré la jaba, arribo a la idea más peligrosa que he tenido en treinta y dos años. El arranque parece estar influido por la húmeda locura de abril, fruto evidente de la malsana comezón primaveral. Acerco el teclado de mi vieja laptop, que un balsero necesitado de un motor de chverolet me ha vendido hace medio año y comienzo a escribir. El viaje de este aprendiz de Magallanes se frustró, pero ya la computadora me pertenecía, así que no hubo vuelta atrás. Comienzo con algo que está a medio camino entre el grito y la pregunta, no sé aún que éste será mi primer post, unidad primigenia de una bitácora. La escena es simple, una mujer enclenque y sin sueños ha dejado de mirar para empezar a contar lo que no ve reflejado en la aburrida tele y en los ridículos periódicos nacionales.
Antes de iniciar mis desencantadas viñetas de la realidad, la voz de la apatía me advierte que mi escritura no cambiará nada. El susurro del miedo saca a relucir a mi hijo de doce años y el perjuicio que la catarsis materna podrá acarrearle en su futuro. Oigo la voz de mi madre que me grita “Mi´jita pá qué te metiste en eso” y anticipo las acusaciones de infiltrada de la CIA o de la Seguridad del Estado que también lloverán. El vigilante detrás de mis cejas pocas veces se equivoca, pero el loco con el que comparte espacio no me deja oírlo. Así que empiezo a redondear el primer post y con él la jabita, el alto ministerio improductivo y la balsa que flota en el Golfo, pasan a un primer plano.
(…)
Meses después de aquel primer texto, estaré ante las casi trescientos mil opiniones dejadas por lo lectores, pasando revista a los doscientos posts y a las miles de anécdotas, para tratar de comprimirlos en las páginas de un libro. Chordelos de Laclos se reiría de mí, mientras trato de encontrar la evolución de un comentarista a partir de sus propias intervenciones, reportar las iras de algunos y mostrar el camino zigzagueante que he seguido yo misma. Las novelas epistolares han dado ya todo de sí, pero la red, sus hipertextos, zonas calientes e interactividad, apenas si han tocado a la literatura. Tan difícil es abarcar todo ese mundo virtual en la linealidad del papel, que definitivamente renuncio a intentarlo. Sólo logro que en la bitácora de la bitácora -que algún día publicaré- todos tengan su turno de decir algo: Generación Y, la blogger y los lectores.
Yoani Sánchez
Il blog dei blog
Oggi, la casa editrice Rizzoli presenta in Italia una scelta dei miei post sotto il titolo “Cuba Libre”. Spero di poter annunciare presto un’edizione nella mia lingua. Pubblico le prime pagine del libro dove si racconta come ha avuto inizio Generación Y, che proprio in questi giorni compie due anni e con il post odierno tocca 300 post pubblicati:
È aprile e non ho molto da fare, a parte guardare dal balcone e verificare che tutto procede come a marzo o a febbraio. La Piazza della Rivoluzione - un cono troncato che spaventerebbe qualsiasi bambino - domina i condomini del mio quartiere. Davanti a me, diciotto piani di cemento mostrano l’insegna del Ministero dell’Agricoltura. La sua grandezza è inversamente proporzionale alla produttività della terra, perciò mi sono messa a guardare con il mio cannocchiale gli uffici vuoti e le finestre rotte. Vivere in questa zona “ministeriale” mi permette di interrogare gli alti edifici da dove escono le direttive e le risoluzioni che riguardano tutto il paese. Ho l’abitudine di orientare la lente e pensare: “loro mi osservano, ma pure io osservo loro”. Per essere sinceri, dalle me ispezioni con il telescopio azzurro ho tirato fuori ben poco, anche se dal vetro traspare un’impressione di inerzia e filtra attraverso il cemento del mio edificio modello jugoslavo.
Guardo le persone che si dirigono al mercato con la borsa della spesa vuota e molto spesso tornano come sono partiti. Pure io possiedo una borsa di plastica, anche se la mia se ne sta piegata sempre in una tasca, per non far capire che sono stata logorata dal meccanismo della coda, dalla ricerca di cibo e dal pettegolezzo su quando il pollo sarà disponibile sul mercato…Sono ossessionata come tutti dalla strenua ricerca di qualche prodotto, ma faccio in modo che non si noti troppo.
Mentre passo il tempo contando i condor che sorvolano il cono troncato e mi chiedo come riempirò la borsa, maturo l’idea più pericolosa dei miei trent’anni di vita. La partenza sembra influenzata dall’umida follia di aprile, frutto evidente della malsana angoscia primaverile. Avvicino la tastiera del mio vecchio computer portatile, acquistato sei mesi fa da un cubano che aveva bisogno del motore di una Chevrolet per fuggire dall’Isola, e comincio a scrivere. Il viaggio di questo apprendista Magellano è finito male, ma ormai il computer era nelle mie mani e non è tornato indietro. Comincio con qualcosa che sta a metà strada tra il grido e la domanda, non so ancora che questo sarà il mio primo post, figlio primogenito di un blog. La scena è semplice, una donna debole e priva di sogni, ha smesso di guardare per cominciare a descrivere ciò che non trova nella noiosa televisione e nei ridicoli periodici nazionali.
Prima di cominciare le mie disincantate vignette di realtà, la voce dell’apatia mi avvisa che la scrittura non riuscirà a cambiare niente. Il sussurro della paura mette in primo piano mio figlio di dodici anni e i danni che la catarsi materna potrà arrecare al suo futuro. Sento la voce di mia madre gridare: “Figlia mia, perché ti sei cacciata in questo guaio?” e prevedo le accuse di infiltrata della CIA o della Sicurezza di Stato che di sicuro non mancheranno. Il vigilante dietro le mie ciglia si sbaglia poche volte, ma il matto con cui divide lo spazio fa in modo che non lo ascolti. In questo modo comincio a completare il primo post ed è grazie a lui che la borsa della spesa, l’alto ministero improduttivo, l’angoscia della fame e la zattera che galleggia nel Golfo passano in primo piano.
(…)
Passano alcuni mesi dalla mia prima cronaca, mi trovo davanti trecentomila opinioni lasciate dai lettori, passo in rassegna oltre duecento post e migliaia di aneddoti, per cercare di comprimerli nelle pagine di un libro. Chordelos De Laclos ride di me, mentre cerco di trovare l’evoluzione di un commentatore partendo dai suoi stessi interventi, riporto le ire di alcuni e mostro il mio incerto cammino. I romanzi epistolari hanno già espresso tutto loro stessi, ma la rete, i suoi ipertesti, le zone calde e interattive, si sono appena avvicinate alla letteratura. È così difficile ricomprendere tutto questo mondo virtuale nella linearità della carta, che rinuncio definitivamente a provarci. Riesco soltanto a fare in modo che nel blog - che un giorno o l’altro pubblicherò - tutti abbiano il loro turno per esprimere un’opinione: Generación Y, la blogger e i lettori.
Traduzione di Gordiano Lupi
Nota del traduttore: Oggi ho il lavoro facile, perché sono il traduttore della versione italiana del libro di Yoani e il post pubblicato fa parte del libro che Rizzoli ha messo in distribuzione dal 15 aprile. Stappo insieme a Yoani una metaforica bottiglia di rum cubano! (Gordiano Lupi) |