Bernardo Valli su Repubblica di martedì 14 aprile ha scritto un articolo, (“E Le Monde scopre che criticare l’Italia non si può”), che avrebbe dovuto provocare qualche reazione; al momento invece niente, e questo è forse ancora più significativo di quello che racconta Valli.
In sostanza (chi volesse leggere l’articolo integrale lo può trovare su Notizie Radicali del 14 aprile), Valli racconta che il presidente del Consiglio Berlusconi è particolarmente suscettibile e infastidito dalle critiche che gli possono venire da giornali esteri. Questo si sapeva. Si sapeva meno che il fastidio e l’irritazione dell’inquilino di palazzo Chigi si esprimono con «una raffica di proteste dei nostri ambasciatori invitati dal loro ministro a reagire quando i quotidiani stranieri parlano male dell’Italia».
Se le parole appena lette hanno un senso: il ministro Franco Frattini (o qualcuno comunque autorizzato a farlo) incarica e sollecita gli ambasciatori perché protestino e intervengano quando un giornale straniero pubblica articoli critici. E qui la prima questione: critici nei confronti dell’Italia in quanto tale, o critici nei confronti dell’attuale governo, dell’operato del presidente del Consiglio? E come si può concepire che un ambasciatore protesti perché un giornale liberamente pubblica articoli non graditi? Si badi: sgraditi, non con notizie false che se di questo si tratta c’è la querela, la rettifica, il diritto di replica. Non si conoscono le risposte alle proteste degli ambasciatori, ma nel caso di un giornale serio si possono comunque immaginare.
Per tornare all’articolo di Valli. Si racconta che le reprimende del ministero degli Esteri hanno colpito i britannici Times e Guardian, lo spagnolo El Pais, il tedesco Spiegel. Facile supporre che ce ne saranno stati altri. Se ne potrebbe avere la lista completa? Si potrebbe conoscere quali istruzioni sono state impartite alle ambasciate? La reprimenda avviene in forma scritta oppure orale? E nel caso in cui la replica consista in una scrollata di spalle, quale la successiva ritorsione, la disdetta dell’abbonamento? Si sorride, però la questione ha una sua serietà, se è vero che il corrispondente di Le Monde Philippe Ridet, assieme a un suo collega del Wall Street Journal è stato appositamente convocato alla Farnesina, «invitati a spiegare come vedevano l’Italia, e con quali criteri la raccontavano nelle loro corrispondenze».
Non si finisce mai di imparare, perché si ignorava che tra i compiti della Farnesina vi sia anche quello di convocare i giornalisti stranieri, e chiedere loro spiegazioni su quello che scrivono. Philippe Ridet ne ha scritto con ironia e garbo su Le Monde; ma c’è poco di che sorridere, molto da spiegare.
Per esempio: da quanto tempo va avanti questa pratica? Coincide con l’insediarsi di questo Governo, o era pratica anche dei precedenti? Quali giornalisti sono stati “avvicinati”? Da chi sono stati “avvicinati”? Che cosa si è rimproverato loro esattamente? Quanti sono stati invitati a “giustificarsi” direttamente alla Farnesina?
«L’operazione diplomatica», scrive Valli, «è destinata ad alimentare la cattiva immagine della nostra democrazia, incapace di sopportare le critiche. E accentua la caricatura del presidente del Consiglio». Vero, anche se l’imbarbarimento del paese, delle istituzioni, della sua classe politica, lo si ammetterà, viene da molto più lontano; c’è qualcosa di ben altro che la caricatura evocata da Valli; Berlusconi è certamente un demagogo, come tale si comporta, come tutti i demagoghi è pericoloso. Ma è l’ultimo anello di una lunga catena, e il problema è costituito appunto da questa catena, non dal singolo anello. Tra qualche giorno si sarà anche in grado di documentarlo, e c’è da augurarsi che per una volta almeno sia contraddetta la ferrea legge che vuole condannato al silenzio e all’indifferenza ogni cosa che “puzzi” di radicale. Ce lo si augura, ma lo si crede poco. La “peste italiana” ha ammorbato tutti molto più di quanto non si creda.
Valter Vecellio
(da Notizie radicali, 15 aprile 2009)