L'assunto fondamentale della scienza è stato per lungo tempo il considerare il pianeta Terra una macchina inerte assemblata dal Grande Ingegnere. Quando gli scienziati decisero che potevano fare a meno di questo personaggio, il concetto di macchina senza inventore li spinse semplicemente ad aggiornare l'immagine: la macchina era un grande orologio cosmico nato da un'accidentale collisione di particelle. E così come le macchine costruite dall'umanità si arrugginiscono e si disintegrano se lasciate a se stesse, l'universo sarebbe andato rovinando verso il nulla. In questo schema, la vita è un mero incidente sorto dalla non-vita. Nonostante nell'ultimo secolo la fisica abbia introdotto enormi cambiamenti nel descrivere il nostro universo, la teoria fondamentale della macchina resta ben salda.
Persino la teoria dei quanti, che ha dissolto rotelle e ingranaggi in onde di energia, viene discussa come “meccanica quantistica”. La visione della macchina ha giustificato qualsiasi cosa facessimo al pianeta, percepito come un ammasso di “risorse naturali” da disputarsi fra umani a cannonate, omicidi e stermini di altre specie: prendete quel che potete, l'universo è entropico e privo di significato. E l'evoluzione, in fondo, non tratta di questo? Il più adatto è colui che uccide e sopravvive. Però, se quei vecchi, competitivi, aggressivi batteri dell'inizio del mondo non avessero sviluppato una collaborazione pacifica per produrre cellule nuove e più grandi, sapete, quelle di cui noi esseri umani siamo fatti... col fischio che staremmo qui a mentire sulla legge della giungla e la sopravvivenza del più forte per lavarci le mani dei nostri delitti.
Maria G. Di Rienzo
(da Notizie minime della nonviolenza in cammino, 15 aprile 2009)