Un Uomo venuto da lontano
(A Giovanni Paolo II)
Navigando nel vuoto dell’anima,
sconvolto da una solitudine irreale,
non mi sono accorto
quanto la barca del tempo
si era allontanata dalla riva della verità.
Porto sempre dentro di me un tatuaggio indelebile,
come un panico senza nome,
insinuato nell’incertezza,
dove la paura conserva
sempre il sapore dell’infanzia.
Ho vissuto senza tempo
con l’esaltata sensualità
che hanno solo i dannati ad un destino precario,
che temono anche i sogni
perché scoloriscono in fretta.
Sono stanco di avere paura
del tramonto che inghiotte il giorno,
del mare che termina nell’orizzonte lontano,
della folle utopia dei forti che genera mostri.
C’è un Uomo in mezzo a Voi
al quale non sono degno
neanche di annodare i legacci dei sandali.
Così Giovanni il Battista arringò la folla
quando Gesù si presentò per il battesimo nel Giordano.
Mi attanaglia la paura che quell’Uomo
non voglia più tornare in mezzo a noi.
Ma sei arrivato Tu,
venuto da lontano,
e, nuovo Cireneo,
Ti sei gravato della Croce
appesantita dall’egoismo degli uomini.
Ci hai guidati
lungo le stazioni dell’eterna Via Crucis
mostrandoci il vero volto del mondo.
Il volto della gente di Harlem,
dove il colore della pelle
discrimina la dignità.
Il volto dei disperati
che annegano nei nostri mari
alla ricerca di una vita vivibile.
Il volto degli eroi per caso
morti senza sapere il perché
in guerre che non hanno capito.
Il volto dei profughi
senza presente e senza futuro,
prigionieri di un passato ancestrale.
Il volto dei bambini
costretti a cucire i palloni di cuoio
alla periferia fatiscente di Islamabad.
Il volto dei bambini
stivati in orridi antri
dove annodano i tappeti a Jalalabad.
Il volto dei bambini
che raccolgono i favi di cacao
nell’entroterra di Abidjan.
Il volto dei bambini
costretti a diventare produttori e fornitori
di organi di ricambio.
Il volto dei bambini
armati come adulti
nel gioco della guerra vera in Liberia.
È la tragedia dei figli indesiderati
del mondo opulento,
ma Tu ci hai insegnato
che sono i figli prediletti di Dio.
L’autorità, il potere e l’egoismo,
precari come il tempo,
ballano con ogni singolo individuo
una danza di morte imbevuta di sangue,
lavata con fiumi di altro sangue,
per far prevalere la ragione dei forti.
Ora sei tornato alla casa del Padre,
ma morendo hai rinnovato
il miracolo della Resurrezione,
perché hai fatto risorgere l’Uomo
che soffre in ogni angolo del pianeta,
diventato, per un giorno, primo attore.
Il mondo dei vinti, dei disperati, dei derelitti,
il mondo della Speranza, della Fede, della Carità,
il mondo senza barriere,
il mondo che rifiuta le guerre ma deve subirle,
il mondo della solidarietà,
il mondo dei giovani che hanno pregato e cantato,
il mondo rimasto orfano,
si è stretto intorno a Te,
costringendo i potenti
a piegarsi e, forse, a meditare.
Non omnis morieris.
Hallau akbar.
Shalom.