Michele Salvati (foto), in un articolo pubblicato sul Corriere della Sera del 25 marzo (“Ritorno a sinistra”), conclude il suo articolato ragionamento sulla crisi dei “liberal” e le prospettive dei riformatori (a dire il vero Salvati parla di “sinistra riformista”), sostenendo che «se vuole tornare a vincere, è probabile che il centrosinistra, se è all’opposizione, deve sfruttare in questa fase gli errori e l’impopolarità dei governi o argomenti locali, diversi da Paese a Paese. Una strategia unificante, com’è stata quella della Terza Via di Tony Blair e Tony Giddens alla fine degli anni Novanta, sembra in un momento sembra fuori dalla sua portata».
Per quel che riguarda gli errori (non l’impopolarità) l’opposizione in Italia ha solo l’imbarazzo della scelta: ogni giorno ce ne sono in quantità industriale, l’incredibilità della situazione è data da due elementi: che ci sia un presidente del Consiglio ed un esecutivo che riesca a commetterne di gravissimi ogni giorno, da una parte; dall’altra un’opposizione che non sa e non riesce sfruttarli, e anzi spesso gioca a favore dell’avversario. Per quel che riguarda gli “argomenti locali”, anche qui si nutre un certo pessimismo: nelle regioni del nord del paese è più che probabile che la Lega di Umberto Bossi mieta ulteriori successi. Un fenomeno che meriterebbe analisi più accurate di quanto finora sia accaduto di leggerne: il personale politico della Lega sembra essere uno strano mix: da una parte protagonista di un’azione demagogica e populista che fa esplicitamente leva sulla pancia degli elettori, e gli istinti peggiori dei cittadini. Al tempo stesso sarebbe opportuno che un centro studi o un istituto di ricerche realizzasse inchieste sul modo di amministrare la cosa pubblica nei comuni e negli enti locali gestiti dalla Lega. Se ne ricaverebbero – è un’impressione a pelle – delle sorprese. Evidentemente si può essere demagoghi, populisti e insieme buoni amministratori. E questo senza che vada in conflitto con una politica di “occupazione” esplicita (e rivendicata) di ogni postazione occupabile. Un metodico, programmatico assalto alla diligenza con piena soddisfazione dei passeggeri, insomma.
Se a questo dato si somma la pessima prova data dagli amministratori del centro-sinistra nelle regioni meridionali, il quadro è completo; e il PD su questo fronte ha poco o nulla da sperare. Pagherà in modo drammatico le scelte e le non scelte in Campania, in Calabria, in Basilicata. È indicativa, al riguardo, la lettera degli oltre mille amministratori e dirigenti locali della Basilicata che annunciano di abbandonare il PD; si aggiunga la spregiudicata, populista campagna di Antonio Di Pietro, cui uno dei giornali del PD, l’Unità, continua a dare masochisticamente spazio, se ne ricava abbastanza per poter fare la facile e semplice profezia: andrà male.
E dire che esiste un terreno su cui il fronte progressista potrebbe agevolmente risultare vincente, solo che lo volesse. Due sondaggi di queste ore forniscono dati inequivocabili. Tenato Mannheimer sul Corriere della Sera osserva che in materia di Bio-testamento tre italiani su quattro auspicano la possibilità di richiedere liberamente l’interruzione delle cure qualora ci si trovasse in una situazione di coma irreversibile: «Questa opinione risulta più diffusa tra chi si dichiara laico, ma coinvolge anche il 55 per cento – vale a dire la maggioranza assoluta – di chi si professa credente e frequenta regolarmente le funzioni religiose».
Anche sulla questione più spinosa, la possibilità di interrompere la nutrizione l’idratazione nel caso di coma irreversibile, il 68 per cento auspica di poter decidere liberamente in merito al testamento biologico: «Ancora una volta questo desiderio è espresso anche dalla gran parte dei cattolici praticanti: tra costoro il 47 per cento è favorevole, il 24 per cento contrario, ben il 29 per cento dichiara di non riuscire a formarsi un’opinione precisa al riguardo». Come sia, nell’insieme, «emerge come il 68 per cento degli italiani auspichi una piena libertà di scelta, comprese la nutrizione e l’idratazione, nel testamento biologico».
L’altro sondaggio significativo (sarà per questo che è scivolato via tra l’apparente indifferenza di tanti e la certa irritazione di qualcuno?), è quello curato dal professor Ilvo Diamanti per Repubblica: «Bio-testamento e preservativo: gli italiani bocciano il papa». Anche qui, risultati in equivoci: l’80 per cento dei cittadini dice sì al testamento biologico e alla fecondazione assistita. Sull’utilizzo e l’utilità dei preservativi solo 2 italiani su 10 sono d’accordo con Ratzinger. Insomma, se ne ricava: più Pannella, Bonino, radicali, meno Binetti, Roccella, Quagliariello teo-dem, curia vaticana. Insomma, l’opposto di quanto accade. Una riflessione di Salvati su questo sarebbe probabilmente utile e preziosa e certamente benvenuta.
Per inciso: qualcuno consigli Sandro Bondi di dedicare più tempo alle sue liriche, e di non avventurarsi su terreni per lui accidentati, come compiti e prerogative della Corte Costituzionale. E ancora: possibile che nessuno abbia osservato che la CEI invece di istituire fondi con cifre risibili di assistenza a bisognosi, meglio avrebbe fatto ad annunciare anche una riduzione del 10, del 5, dell’1 per cento di quel fiume di denaro che il Vaticano e tutte le articolazioni ecclesiastiche incassa dallo Stato, dalle regioni, dalle province?
Valter Vecellio
(da Notizie radicali, 2 aprile 2009)