Ibn Rushd (1126-1198, da noi conosciuto come Averroè), filosofo nato a Cordova, uomo profondamente religioso, sosteneva che gli affari pubblici vanno condotti e risolti tramite la ragione umana, non tramite la fede. Si può tranquillamente considerarlo un pensatore chiave della separazione tra chiesa e stato o tra religione e politica: non per niente la chiesa cattolica gli si è opposta per tre secoli. «Infine», racconta Ghayasuddin Siddiqi (foto), «l'Europa venne sulle sue posizioni, cosa che condusse al Rinascimento ed all'Illuminismo. Il mondo musulmano, invece, prese la posizione contraria, decidendo che il dogmatismo aveva la precedenza sulla ragione. Grandi studiosi come Ibn Taymiyya, Maududi e Sayyid Qutb guidarono le argomentazioni antifilosofiche e correlarono la fede agli affari politici. L'approccio isolazionista e oscurantista marginalizzò l'Islam sempre di più, e oggi è arrivato davvero a creare mostri».
Completamente ignaro degli sforzi che tanti benintenzionati fanno per preservare la “sua cultura”, Ghayasuddin Siddiqi conclude: «Come musulmani dobbiamo reclamare l'eredità di Ibn Rushd e celebrare le nostre radici europee». Il dottor Ghayasuddin Siddiqi, direttore dell'Istituto di studi musulmani e cofondatore del Parlamento musulmano in Gran Bretagna dev'essere veramente un bel tipo.
Maria G. Di Rienzo
(da Notizie minime della nonviolenza in cammino, 30 marzo 2009)