(Secolo d'Italia) Riceviamo e pubblichiamo un intervento del leader dei Radicali Marco Pannella sul congresso di fondazione del Popolo della libertà
Le scelte che emergono dagli interventi di questi giorni di Gianfranco Fini costituiscono per me l'evento politico, il solo, di questi tempi italiani. La sola novità che ci giunge nel e dal sessantennale regime, dal quale noi radicali restiamo convinti che occorra liberare l'Italia, pena il ripetersi di tragedie nazionali ed europee che sembrano minacciosamente riproporsi. Ciò detto e ribadito, è dunque a Gianfranco Fini, doveroso chiedere: ma l'affermazione della legge e con essa della democrazia e della libertà non è forse quotidianamente e sistematicamente offesa, negata perfino dalle istituzioni cui la Costituzione assegna il compito d'esserne presidio, garante, promozione? E quando, ad esempio, il Parlamento stesso subordina il suo obbligato e inderogabile rientro nella legalità a interessi e tempi partitocratici di Regime anziché a quelli fissati dalla Costituzione, dallo Stato di diritto, dalla democrazia?
Ancora: un presidente della Commissione di Vigilanza Rai di Alleanza nazionale, Francesco Storace, denunciò «un genocidio culturale e politico dei radicali», del Pr: quel “genocidio” è tuttora “miracolosamente” in corso, ma non ancora compiuto. Scrivo “miracolosamente”; grazie, infatti, allo straordinario proseguirsi della loro, della nostra “resistenza” democratica, nonviolenta, laica, liberale con l'obiettivo professato della Liberazione dal regime per quella “rivoluzione liberale” di Gobetti e quella della “religione della libertà” di Benedetto Croce iscritte, oggi, e ribadite da Silvio Berlusconi, come patrimonio del vostro partito. Auguri, davvero!
Siamo d'accordo: dove dilaghi strage di legalità lì incombe strage di vite e di popoli. E nella nostra storia radicale, di ormai più antico partito italiano, sin dall'inizio abbiamo impegnato la nostra stessa vita nella difesa dal "fascismo degli antifascisti" con cui si cercava di colpire non solamente il Msi ma quanti potevano essere “sospettati” di connivenza con la sua politica. Contro questo stesso “fascismo” abbiamo difeso da linciaggi, intolleranze e persecuzioni le vittime di ogni altro colore e provenienza. Non solo Enzo Tortora. Non solo Francesca e Valerio, Tilgher o Signorelli. Ma, ne siamo fierissimi, quelli del “7 aprile” e quella pletora di “movimenti” più o meno sessantottini cui demmo i nomi nostri per consentir loro di poter disporre di organi di informazione e di propaganda (dove, non di rado, venivamo poi infamati!). Aggiungo: attendiamo ancora che la verità sia fatta sull’assassinio del Comandante Generale dell'Arma Mino, cadavere - uno per tanti - celato da decenni negli armadi del regime. Siamo riusciti, armati solamente di nonviolenza, a battere, non di rado inermi ma non inerti, un regime che sempre più chiaramente tendeva a occultare, con un “bipartitismo imperfetto”, il progressivo dominio partitocratico, di sempre più profondo monopartitismo che è venuto sino ad oggi affermandosi con una radicale scelta anticostituzionale: basti ricordare che l'istituzione delle Regioni, prevista costituzionalmente, e la seconda scheda che era stata conferita agli elettori italiani, quella referendaria, per oltre vent'anni furono negate.
E poi la sequela partitocratica di controriforme giuridiche imposte al nostro Paese con le valanghe decretizie, tipo “decreti Cossiga”, le scandalose sentenze della Corte Costituzionale che riuscirono sovente a realizzare dei veri e propri golpe, per i quali fino ad allora sembravano essere necessari golpe militari, e instaurazioni di dittature. Poi, via via, gli ostracismi contro l'istituto referendario e il vero e proprio tradimento dei loro esiti positivi, conquistati con schiaccianti maggioranze popolari malgrado l'uso partigiano e... “fascista” della informazione pubblica...
Per questo il popolo italiano sta chiaramente vanificando i continui appelli della tradizionale sinistra del regime in asserita difesa della legalità e della Costituzione, quando per decenni ne è stata la principale, più forte sostenitrice. Infatti per poter credibilmente condurre una appassionata lotta contro il pericolo e l'antidemocraticità della politica dello schieramento berlusconiano, occorrerebbe eventualmente una autorità morale e civile su questo fronte, invece irrintracciabile. Ci troveremmo e potremmo trovarci semmai dinanzi ad una perfetta continuità partitocratica e antidemocratica piuttosto che ad una radicale inversione e reazione politica “berlusconiana”.
Realisticamente in quest’ultimo anno, per venire all’attualità, la vicenda del sabotaggio alla Costituzione e al funzionamento costituzionalmente prescritto della Commissione parlamentare di Vigilanza, con la soppressione di obblighi di legge e di istituzionali diritti democratici, comprovano l'assoluta necessità di una profonda riforma costituzionale e politica del nostro Paese. Per la verità di nuovo i Radicali (magari ammirati) sono restati piuttosto soli ed esorcizzati. Nel frattempo, infatti, è il Partito radicale con la sua galassia che continua ad essere oggetto del “fascismo antifascista”, senza che sembri manifestarsi nei nostri confronti quel minimo di attenzione alla legge offesa e ai diritti civili che sarebbero connaturati ad ogni regime pur parzialmente Stato di diritto e democrazia. Grazie al Secolo per questa ospitalità e per la sua non nuova, straordinaria attenzione ai “fascisti” che evidentemente siamo.
Credo che anche Giorgio Almirante approverebbe, lui che riconosceva, com’anche Pino Romualdi, che con Radio Radicale per lustri interi poterono giungere, finalmente, nella loro integrità, a casa di milioni e milioni di italiani, le loro e... vostre parole di allora. Per finire, ancora, ribadisco che gli interventi di Gianfranco Fini costituiscono di certo un patrimonio straordinario di tutti coloro che ancora amano e vogliono libertà e democrazia.
Forza, Gianfranco! Ero certo che anche tu non avresti detto una parola esplicitamente in difesa della vita di noi radicali. Credo che accadrà. Intanto continueremo fino alla fine a dar corpo e anima a speranze e convinzioni che oggi palesemente riconosciamo esser divenute perfettamente anche tue, determinati con la nostra nonviolenza a rischiare la vita. E non la morte, altrimenti probabile.
Marco Pannella
(da Secolo d'Italia, 29 marzo 2009)