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Risposta di Lidia Menapace agli anarchici torinesi sull'insinuante patriarcato
27 Marzo 2009
 

Cari compagni e compagne, ho letto con grande attenzione il vostro documento e l'ho trovato eccellente, soprattutto nelle precise distinzioni sulle forme di lotta e sulle alleanze. Ho piacere di farvelo sapere, nello stesso tempo osservando però che a Torino è successa un'altra vicenda terribile, che non trova citazione nelle vostre parole, e che viene usata dalla cultura dominante per nascondere la portata generale che ha.

***

Intendo riferirmi al padre e al figlio che hanno violentato per anni le donne di casa, loro proprietà secondo la cultura del patriarcato. I media non nascondono particolari orribili, ma tendono a parlare di “mostri”, di eccezioni, esprimono “stupore” perché la madre non si è ribellata ecc. e la cosa cade prima o poi nel dimenticatoio della cronaca nera e se ne occulta il peso politico. Infatti della violenza contro le donne i colpevoli sarebbero “i romeni”, oppure i pazzi, oppure chi ha un “raptus”. Se si scopre che è un italiano, magari “per bene” si insinua che la donna provocava e del resto si sa che la donna simula; se poi è un militare, il diritto di stupro della donna del vinto appartiene al vincitore.

***

Il patriarcato è una cultura millenaria che Engels indicava come portatrice della “contraddizione originaria” uomo-donna, più antica e distinta dalla “contraddizione principale” capitale-lavoro: esse non sono riconducibili l'una all'altra, né gerarchizzabili né da mettere in successione temporale. Insomma per progettare la rivoluzione bisogna tenerle presenti e lottarle ambedue insieme. Non lo ricorda nessuno. Eppure è facile capire che se non si lotta contro ambedue le contraddizioni, il patriarcato si insinua anche nelle classi sfruttate e nei soggetti oppressi, dato che il modello culturale ed “etico” resta quello delle classi dominanti. Diceva per l'appunto Engels: «nella famiglia l'uomo (qualsiasi uomo, anche l'operaio) rappresenta la borghesia, la donna è il proletariato».

***

Vi prego, non togliete voce e rappresentanza politica e teorica al movimento delle donne e agli apporti di teoria che ha messo in giro. Non è un appello moralistico né rivendicativo: è necessario comportarsi così, se si vuole essere utili alla costruzione di una alternativa rivoluzionaria reale, che fermi, blocchi e respinga la barbarie che il capitalismo in crisi dissemina, persino potendo far crescere provocazioni e imitazioni perniciose.

***

Vi abbraccio

Lidia Menapace


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