Tres tazas y nada de caldo
Esta vez, han sido más directos: “usted no está autorizada a viajar”, me dijo una señora bajita -casi amable-, vestida de verde olivo. Mi trámite para obtener el permiso de salida concluyó sin muchas dilaciones y con la misma respuesta negativa. Le exigí a la funcionaria que me diera una explicación, pero ella sólo era el muro de contención entre mis exigencias y sus ocultos jefes.
Mientras me comunicaban el “no”, rememoré las declaraciones hechas por Miguel Barnet hace un par de meses. El presidente de la Unión de Escritores y Artistas de Cuba (UNEAC) afirmó que todos los cubanos pueden viajar, excepto aquellos que tienen deuda con la justicia. Me he pasado el día buscando una causa legal pendiente por algún lado, pero no hay manera que me acuerde. Hasta la olla arrocera que me dieron a créditos por el mercado racionado la pagué en su totalidad, aunque sólo funcionó dos meses antes de romperse definitivamente.
Nunca he sido acusada en un tribunal y sin embargo estoy condenada a no salir de esta Isla. Esa restricción no la ha dictado un juez, ni la he podido apelar ante un jurado, sino que viene del gran fiscal -con plenos derechos- en que se ha erigido el Estado cubano. Ese severo magistrado, determinó que la viejita sentada a mi lado en la oficina de 17 y K, no recibiera la tarjeta blanca porque su hijo “desertó” en una misión médica. Tampoco el niño que esperaba en una esquina pudo viajar, pues su padre deportista, juega ahora bajo otra bandera. La lista de los castigados es tan larga y los motivos tan variados, que podríamos fundar un voluminoso grupo de “insiliados” forzados. Lástima que la gran mayoría haga silencio, a la espera de que un día le permitan salir, como quien recibe una compensación por portarse bien.
Uno de los primeros lugares de peregrinación, de quienes no recibimos el permiso de salida, debería ser la oficina del ingenuo presidente de la UNEAC. Tal vez el podría explicarnos cuál es el delito por el que nos están condenando.
* Para aumentar los papeles en mi colección de negativas, les dejo el último documento recibido de la SIE. También les pongo mis visas, para recordarle que mis dificultades no son para entrar a otro país, sino para salir del mío.
Yoani Sánchez
Tre tazze e niente brodo
Questa volta sono stati più diretti: “Lei non è autorizzata a viaggiare”, mi ha detto una signora minuta, quasi amabile, vestita di verde olivo. La mia nuova pratica per ottenere il permesso di uscita si è conclusa senza molti ritardi e con identica risposta negativa. Ho preteso che la funzionaria mi desse spiegazioni, ma lei era soltanto il muro di contenimento tra le mie esigenze e i suoi capi nascosti.
Mentre mi comunicavano il “no”, mi sono tornate a mente le dichiarazioni rilasciate da Miguel Barnet un paio di mesi fa. Il presidente dell’Unione degli Scrittori e Artisti di Cuba (UNEAC) affermò che tutti i cubani possono viaggiare, tranne chi ha debiti con la giustizia. Ho trascorso la giornata in cerca di una causa legale pendente da qualche parte, ma non mi sono ricordata di niente. Ho finito di pagare persino la risiera elettrica che mi vendettero a rate sul mercato razionato, anche se ha funzionato solo per due mesi e poi si è rotta definitivamente.
Non sono mai stata accusata in un tribunale e tuttavia sono condannata a non uscire da questa Isola. La restrizione non è scaturita da un giudizio e non ho potuto presentare appello davanti a una giuria, ma deriva dallo Stato cubano, ormai autoproclamatosi grande tribunale, dotato di tutti i diritti. Quel severo magistrato, ha deciso che la vecchietta seduta accanto a me nell’ufficio di 17 e K, non ricevesse la carta bianca perché suo figlio “ha disertato” durante una missione medica. Neppure il bambino che attendeva in un angolo di strada ha potuto viaggiare, perché suo padre è uno sportivo che adesso difende i colori di un’altra bandiera. La lista dei puniti è così lunga e i motivi sono così vari, che potremmo fondare un gruppo consistente di persone obbligate a restare. Peccato che la maggior parte taccia, nella speranza di ottenere un giorno il permesso di uscita, come una sorta di risarcimento per buona condotta.
Uno dei primi luoghi di pellegrinaggio, di chi non ha ricevuto il permesso di uscita, dovrebbe essere l’ufficio dell’ingenuo presidente della UNEAC. Forse lui potrà spiegarci per quale delitto ci stanno condannando.
* Per aumentare le carte nella mia collezione di rifiuti, pubblico l’ultimo documento ricevuto dalla SIE. Pubblico anche i miei visti, per ricordare che non ho difficoltà a entrare in un altro paese, ma soltanto per uscire dal mio.
Traduzione di Gordiano Lupi