Margaret Mazzantini,
Venuto al mondo
Mondadori, 2008, pagg. 534, € 20,00
Rimane, dopo la lettura di questo romanzo della Mazzantini, una forte commozione, il senso di un’appartenenza alla storia narrata, una sorta di nostalgia verso quelle emozioni, quei personaggi.
Come può accadere raramente, per quei libri che sono entrati sotto pelle, che ti convincono fino in fondo forse perché narrano storie verosimili, anche se tragiche e di una tragedia che per fortuna o per destino non è esperienza quotidiana di tutti. E perché intrecciano vite singole ad accadimenti storici collettivi.
Venuto al mondo narra l’appassionata storia d’amore fra due giovani, Gemma e Diego, diversi per provenienza e per tipo di vita vissuta, per carattere e per aspirazioni; il solito leitmotiv dell’amore fatale, anche se imperfetto, del colpo di fulmine che fa scegliere per sempre due fra tanti. Però c’è qualcosa di speciale nella loro storia e anche questo, volendo, appare come il solito cliché: tutte le storie d’amore per chi le vive hanno qualcosa di speciale. Ma qui è la bravura dell’autrice a saper colorare questa storia di tinte nuove, a tratti imprevedibili.
Gemma e Diego si incontrano in una Sarajevo festosa, alla vigilia delle Olimpiadi invernali del 1984. Lui è sprovveduto e spavaldo, si fa trascinare dall’istinto, è avido di vita, d’avventura. Lei è convinta di sapere precisamente ciò che vuole, di conoscere la sua strada e non potere che seguirla. Invece tutto si capovolgerà; il destino, la storia con la s maiuscola, quella drammatica che passa attraverso i terribili anni di guerra nella ex Jugoslavia, si metteranno di mezzo.
E parallelamente a tutto questo dilaniarsi di vite e di certezze correrà la vicenda dei due protagonisti e la ricerca a tratti ossessiva di una maternità che si nega di continuo.
Mi è piaciuto molto questo romanzo di Margaret Mazzantini, pur non avendo sempre amato la sua scrittura, altrove molto ridondante, a volte trovandola eccessivamente aulica e ricercata.
Qui l’ho avvertita sincera e indispensabile. Indispensabile a raccontare Gemma con la sua voce autentica, l’unica possibile per questo personaggio profondo e a tratti un po’ enigmatico. E indispensabile anche per condurre il lettore verso quegli eventi storici, colti nell’attimo della tragedia, col doveroso rispetto di chi si accosta a ciò che – mai come la guerra – è inenarrabile e parla con voce difficile da rendere intellegibile.
Profondi e belli i personaggi, della bellezza di ciò che è vero pur nelle imperfezioni, nelle delusioni e nelle paure; commovente, appunto, la capacità della scrittrice (lei, madre di quattro figli) di farsi portavoce di un senso della maternità ben lontano dagli stereotipi di questo e di tutti i tempi, indicandone le possibilità, le diverse interpretazioni, le ansie e non solo l’attesa spasmodica con romantico lieto fine.
Venuto al mondo è una storia intrisa di ineguagliabile tristezza, come sanno essere tristi certi eventi mai conclusi, mai compresi fino in fondo, certe parole e certi gesti attesi per sempre, certe rivelazioni più angosciose dei segreti stessi, tutti gli addii…
Eppure è anche una storia di speranza, di accettazione e impegno etico, di amore che sa trascendere il possesso e la gelosia. Di amore, appunto.
Annagloria Del Piano
(per 'l Gazetin, aprile 2009)