Il progetto della “Rosa nel pugno”, determinante per la sconfitta di Silvio Berlusconi alle elezioni politiche del 2006, fu salutato tre anni fa come la vera novità della politica italiana e proprio per questo fu subito impallinato dalla partitocrazia in tutti i modi.
Ad esempio: obbligo di raccolta firme per la presentazione; censura radiotelevisiva arginata solo a colpi di denuncie; mancata nomina di quattro nostri senatori regolarmente eletti. Quel progetto già indicava la necessaria sintesi delle storie liberale e socialista, oltre che laica e radicale, intendendo con questi sostantivi non una sommatoria di correnti, ma la convergenza storica degli obiettivi delle grandi famiglie politiche antitotalitarie del secolo scorso. Per noi radicali, quello rimane il progetto da perseguire, non solo nell’ambito nazionale, ma anche a livello transnazionale ed europeo.
L’annunciata confluenza del Partito democratico nel gruppo del Partito dei socialisti europei, pur con le precauzioni che saranno adottate nel distinguere tra gruppo unico e partiti separati, non sembra invece accompagnata da alcuna visione di fondo. Il “problema” delle differenze tra storie politiche centenarie è liquidato con una scorciatoia imposta dalla scadenza elettorale. Il risultato per il Pd rischia di essere quello di farsi semplicemente annettere a una famiglia politica, quella socialista, certamente burocratizzata ed esangue in termini di idee, come dimostra l’incapacità di esprimere un candidato socialista alla presidenza della commissione europea, o anche il recente voto dei socialisti europei (con la lodevole eccezione di quasi tutti gli italiani!) a Strasburgo contro la linea del Dalai Lama. Proprio come il Pd è stato costruito nella fusione dei gruppi dirigenti di Ds e Margherita, oggi l’ingresso del Pd nel gruppo Pse è realizzato con procedure verticistiche e opache, in assenza di un confronto chiaro e pubblico su obiettivi e contenuti. Per realizzare un confronto vero, in grado di appassionare l’opinione pubblica e di creare uri alternativa all’imperante “Europa delle patrie” nazionaliste e socialburocratiche, sarebbe necessario che il Pd potesse incalzare i socialisti europei da una posizione di effettiva autonomia politica, non riducibile alle concessioni che gli eletti Pd otterranno dai socialisti sul piano formale del regolamento del gruppo parlamentare europeo.
Come eletti radicali, con Pannella facciamo attualmente parte, in compagnia dei parlamentari Pd provenienti dalla Margherita, del gruppo dell’Alde, l’Alleanza dei liberali e democratici per l’Europa. Per parte nostra, riteniamo sia quello il luogo dove meglio possiamo contribuire a declinare in chiave europea il progetto che diede vita alla “Rosa nel pugno”. Senza pensare che tutto il Pd possa realisticamente fare questa stessa scelta, riteniamo però che il problema del rapporto tra liberali-democratici e socialisti in Europa, della creazione di forme di collaborazione strutturale, non possa continuare ad essere eluso. I due gruppi parlamentari e i partiti europei coinvolti (che sono tre: oltre a socialisti e liberali, c’è anche il Partito democratico europeo di Bayrou e Rutelli) dovrebbero lavorare insieme alla luce del sole per realizzare almeno un accordo programmatico di legislatura, in grado di esprimere candidature comuni ai vertici delle istituzioni Ue, innanzitutto per la presidenza della commissione e del parlamento. Le forze politiche italiane che fanno parte dei tre partiti europei hanno oggi l’occasione di farsene promotori, di diventare protagonisti in Europa invece di essere vissuti, quando va bene, come delle “anomalie” da gestire.
Noi radicali siamo certamente interessati a un tentativo del genere, da fondare sulla grande attualità dei progetto federalista antinazionalista del Manifesto di Ventotene, non solo per l’Europa ma anche nella costruzione di una vera e propria Organizzazione mondiale della e delle democrazie. Siamo interessati alla costruzione di un’Europa laica, alla risposta liberale e ambientalista (oltre che finalmente europea!) alla crisi economica (crisi “nel mercato” e non “del mercato”, come ripete Emma Bonino). La cancellazione dell’esistenza stessa del soggetto politico radicale dalla possibilità di conoscenza dei cittadini è il primo ostacolo che si frappone all’apertura di un dibattito sul ruolo dei riformatori in Europa.
Marco Cappato
(da Europa, 18 marzo 2009)