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Il Fantastico. L’esempio del “Codice antico” con Kandinskij
Kandinskij: Il cavaliere azzurro
Kandinskij: Il cavaliere azzurro 
14 Marzo 2009
 

Dalla lettura alla scrittura: Il codice antico. Cari ragazzi, non è difficile creare un testo, basta seguire il filo della fantasia. Per creare bisogna sapere e senz’altro la lettura, di qualsiasi genere, è un input fondamentale. Provateci e il racconto che scriverete sarà unico, come questo che vi proponiamo, nato dalla visita alla Biblioteca Marucelliana di Firenze, e dalla lettura delle opere di Kandinsky.

 

 

Il codice antico

 

La cittadina di Oxford era da sempre nota per la sua tranquillità.

I ragazzi dell’università erano soliti passare le loro giornate seduti in qualche pub o rinchiusi nella biblioteca comunale in caso di pioggia; nessuno pensava che alla fine sarebbe successo qualcosa di molto strano.

«Sta piovendo da quasi un’ora ormai». Le parole risuonarono a gran velocità nei corridoi della biblioteca vuota. «Ho paura che dovremo restare chiusi qua dentro ancora per molto». Erano loro, i quattro ragazzi, che, per amore del sapere, trascorrevano giornate intere, a compiere ricerche sulla loro amata città, che mai era stata così noiosa. Si chiamavano Katherine, Paul, Rhonda e Alan. «Sarebbe stupendo conoscere qualcosa di emozionante su Oxford, non credete?», e nel parlare, gli occhi di Katherine s’illuminarono. «Ormai so a memoria i segreti di questa città, come conosco tutto ciò che c’è scritto su quei vecchi volumi», aggiunse poi.

«Rassegnati Katherine, non verrai a capo di niente, quindi piantala di leggere e finisci la tua partita a scacchi con Ronda», borbottò Paul, che ormai ne aveva già abbastanza di tutto e di tutti.

«Lo conosci il detto: chi cerca trova?», ribatté la ragazza. «Ecco! Allora ti dimostrerò che la mia teoria è giusta! E ci rimarrai di sasso, garantito!» «E quale sarebbe la tua teoria?», intervenne Rhonda, spazientita.

Katherine era convinta che ogni luogo è circondato da forze oscure provenienti dal passato, che, prima o poi, saltano fuori (questa ricerca del mistero nasceva in lei forse dal fatto che in realtà, nel mondo razionale le cose non erano così).

«Ehi! Aspettate un attimo» e nel parlare, gli occhi di Katherine rimanevano fissi su una pagina impolverata di un grosso libro rilegato.

«Io questi strani segni li ho già visti da qualche parte».

«Fa’ un po’ vedere», disse Alan, e le strappò di mano il pesante volume.

«Sembra un alfabeto e… guardate, qui sotto c’è anche la traduzione», aggiunse.

D’un tratto si fece silenzio e un buio totale avvolse ogni cosa.

«Che è stato?»

«Sarà saltata la corrente». Si sentì dire.

«Niente di cui preoccuparsi. Piuttosto avviciniamoci all’interruttore generale; ci sono un paio di torce, dovrebbero bastarci», qualcuno aggiunse.

Il cuore di tutti batteva. Sarà stata l’atmosfera o altro, ma un che nell’aria faceva presentire che prima o poi sarebbe accaduto qualcosa.

I ragazzi, più che mai incuriositi, approfondirono la lettura.

L’orologio della chiesa batteva le sei, ma il sole era già calato da un pezzo. Per strada, risuonavano i continui passi in qua e in là delle ultime persone, che cercavano riparo, per sfuggire alla pioggia scrosciante.

«Ecco dove!» Esclamò Ronda, e poi aggiunse: «Ti ricordi, Katherine, quel blocco di fogli di cui mi avevi parlato due settimane fa?»

Katherine sembrava non capire.

«Sì, quel materiale cartaceo, che tua madre aveva trovato in soffitta dopo la disinfestazione», replicò ancora Ronda. Erano gli stessi segni; ragazzi, qui stiamo andando incontro a qualcosa di grosso!

Improvvisamente era ritornata la luce e il cielo si era rischiarato.

I ragazzi decisero di andare a casa di Katherine, dove pensavano che avrebbero certamente concluso la loro ricerca.

Uscirono all’aperto, per arrivare alla macchina e videro che il tempo era cambiato di nuovo: le nuvole viaggiavano veloci, come trascinate da un forte vento, gli alberi erano immobili nella loro forma e le loro foglie sembravano lame pronte a colpire.

«Cos’hai?», chiese Ronda a Katherine.

«Niente, sta’ tranquilla, solo una brutta sensazione», le rispose.

Sul suo volto però era impresso un sorriso forzato, come per mascherare la realtà dei fatti, che forse non era più realtà, ma qualcosa di irrazionale.

Saliti in macchina, si avviarono freneticamente verso la casa di Katherine.

Imboccarono la trentaquattresima strada e arrivati, parcheggiarono di gran furia.

Scesero tutti dalla macchina e in pochi minuti raggiunsero la soglia del soggiorno.

Era tutto buio. L’ambiente era freddo e a loro sembrava sinistro; le gocce monotone di un rubinetto che perdeva, erano gli unici suoni assordanti, che rimbombavano lungo il corridoio.

Qualcuno azionò l’interruttore e la luce si accese. I ragazzi, senza emettere alcun suono vocale, salirono i gradini della rampa di scale e si ritrovarono in soffitta. In quell’atmosfera, la porta, intrisa di ragnatele, sembrava esistere da più di mille anni. L’aprirono.

«Eccoli, laggiù», e Katherine indicò una vecchia scatola polverosa colma di libri antichi.

Tutti insieme cominciarono a spostarli e a sfogliarli freneticamente e all’improvviso trovarono il codice che stavano cercando.

Poiché la luce naturale della soffitta si faceva sempre più debole, iniziarono a tradurlo, muniti di torce elettriche:

 

Più di mille anni fa, un giovane cavaliere si ritrovò a vagare nel deserto.

Il sole batteva alto nel cielo e il caldo estivo penetrava ovunque, portando con sé una scia di afa arida e soffocante. Il giovane aveva con sé solo poche gocce d’acqua, dopodiché non avrebbe avuto di che vivere. I giorni passavano inesorabilmente ed egli diventava sempre più debole; ormai la pelle era scarna e disidratata. D’un tratto in lontananza scorse una piccola oasi e con le ultime forze che gli restavano, raggiunse la fonte naturale, per dissetarsi, ma, mentre si accingeva a bere, inaspettatamente, fu fermato da due uomini in nero, che con arroganza gli dissero: «Non puoi toccare quest’acqua, vagabondo. Tu sei un peccatore e non puoi purificarti con quest’acqua. Sei condannato a morire».

Il cavaliere non poteva credere che esistesse nel mondo tanta malvagità e che si potesse condannare un uomo senza conoscerlo; proprio lui, che, nella sua vita, aveva sempre aiutato tutti e che credeva che gli uomini fossero buoni verso gli altri.

Stremato e confuso, cadde a terra come morto e nessuno sapeva chi egli fosse veramente. Si sprigionò da lui una forza sovrumana, che si identificò col suo spirito; un fascio di luce, che colpì i due uomini, scagliandoli a terra. L’ombra luminescente disse loro: «Voi, stupidi esseri umani avete negato la vita al vostro Dio e lo avete accusato ingiustamente. Voi pagherete la vostra colpa, per l’eternità. Questa vicenda verrà tramandata ai posteri e ogni essere vivente della vostra specie, che ne verrà a conoscenza, sconterà la vostra stessa pena».

 

Katherine si fermò di colpo. Un brivido le corse lungo la schiena.

A un tratto: luce, un’immensa luce argentea, la stessa che aveva avvolto il cavaliere, penetrò dalla finestrella che avevano di fronte; un bagliore accecante che, man mano, si faceva sempre più nitido e chiaro.

La sagoma di un uomo, dal lungo mantello, apparve dinnanzi ai quattro amici.

«Da com’è scritto, voi pagherete per il male che un giorno mi fu fatto», disse con voce cupa e si scagliò, come una lama affilata, verso i ragazzi, per vendicarsi.

Ronda si precipitò verso le scale, in cerca di aiuto, ma nessuno era in grado di aiutarli. La paura e l’incredulità salirono vertiginosamente e lo scontro con qualcosa di impossibile e di irrazionale, aveva creato nei ragazzi un senso di angoscia e di inquietudine. Lo spirito afferrò Katherine, tenendola in ostaggio. Paul raggiunse Rhonda e Alan si nascose dietro un vecchio armadio, portando con sé il manoscritto.

Il terrore dipinto sul volto di Katherine era a dir poco spaventoso; un odore di morte e di putrefazione la stringeva forte al collo. Si sentiva impotente, quasi del tutto sconfitta e stanca, molto stanca.

Alan, intanto, pensava a qualcosa da fare. «Deve pur esserci un modo, per porre fine a questo strazio», pensò. Il sudore, che scendeva sulla sua fronte, era segno di un accentuato nervosismo, ma continuò a tradurre quel codice enigmatico e lesse queste parole:

Solo una prova di coraggio e di amore verso il prossimo mi può far cambiare idea. La dimostrazione che in voi esseri umani non esiste solo cattiveria, ma anche fratellanza e alleanza. Solo così io svanirò nel nulla e ritroverò la pace.

Ora Alan sapeva cosa fare. Uscì allo scoperto, e carico di un forte spirito combattivo, si avviò verso la sagoma del cavaliere e gli gridò: «Lasciaci in pace». «E perché mai?» Rispose il cavaliere. «In voi stupidi esseri umani non esiste amore, ma solo convenienza e odio; non vale la pena di vivere per questo», e si avvolse a Katherine, privandola del respiro.

Alan raccolse tutto il coraggio che gli restava e si scagliò contro il nemico, rischiando la sua vita, per salvare quella dei compagni, ma fu sconfitto e cadde a terra privo di sensi.

All’improvviso Katherine, che un momento prima non era cosciente, riprese vita e cominciò a respirare lentamente. Rhonda e Paul l’abbracciarono e cercarono di far rinvenire anche Alan.

A poco a poco quella forte luce argentea, che celava lo spirito del cavaliere, si fece sempre più tenue ed evanescente e alla fine scomparve.

I ragazzi avevano dimostrato al giovane e saggio cavaliere di saper amare in un mondo, che sempre più è preda della malvagità degli adulti.

 

Elena

 

Il racconto “Il codice antico” è inserito nel volume Sapere per creare a cura di Anna Lanzetta. Morgana Edizioni.

 

 

 

Immagine di copertina:

Vasilij Vasil’evic Kandinskij, Il cavaliere azzurro

olio su tela, cm 55 x 60


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