L'ottomarzo di quest'anno cade durante una vendetta sociale del patriarcato di rara durezza e anche abile.
Sembra che noi donne siamo chiamate a pagare per il cammino di autodeterminazione che abbiamo percorso nella seconda metà del secolo scorso.
Un esempio tra i molti mi sembra più greve e significativo. Naturalmente potrei parlare della precarietà che coinvolge soprattutto le donne, della cancellazione dello stato sociale, che ricarica sulle donne la fatica di organizzare la vita quotidiana, potrei commentare la tetra vicenda di Eluana, usata per violente pratiche sul suo corpo inerme e straziato, fino alla atroce violenza di dire che avrebbe potuto concepire, pur non avendo alcuna capacità di dare un qualsiasi consenso, sia all'alimentazione forzata che alla inseminazione forzata. Potrei commentare la recente trovata di prolungare l'età lavorativa delle donne del pubblico impiego “per la parità” come se la parità non si potesse raggiungere anche diminuendo la durata del lavoro per gli uomini, in previsione del fatto che serviranno sempre meno ore di lavoro per produrre il necessario e anche di più con nuove e non nocive tecnologie.
Ma una le riassume tutte: e mostra la reazione, l'ignoranza e la barbarie che avanza. Si cerca di accreditare la folle idea che il Dna di chi stupra possa essere “di razza” e che alcune “razze” siano ad esso più predisposte.
E che se si fanno castrazioni chimiche gli stupri possano diminuire. Qui l'orrore si mescola alla stupidità: come se lo stupro non fosse spesso commesso da uomini impotenti che si servono di bastoni, colli di bottiglia, che impongono con la forza rapporti orali e altre nefandezze; o come se essere picchiate, maneggiate, offese da stupratori chimicamente castrati fosse una goduria. Inoltre come se dello stupro si potesse solo avere vendetta, e sempre ovviamente dopo che è avvenuto. Nessuna prevenzione, le donne potrebbero uscire di notte solo con la scorta di una ronda?
Vorrei ricordare che prima della legge attuale contro la violenza sessuale, in Italia la violenza detta “carnale” era un reato “contro la morale” e che le donne erano sempre sospettate di averla in fondo desiderata, e simulavano e provocavano ecc. Se poi erano state violentate per davvero il violentatore poteva sempre offrirsi di sposarle, perché «il matrimonio riparatore estingue il reato» come diceva il codice Rocco. E la famiglia della violentata poteva sempre ricorrere al delitto detto “d'onore”. Non fu il parlamento a rimediare a una tale aberrazione giuridica, fummo noi donne che raccogliendo un milione di firme sotto una proposta di legge di iniziativa popolare alla fine “obbligammo” – mettendoci due intere legislature – il parlamento a legiferare, abbastanza bene. Tutto questo è stato dimenticato.
Ma forse stiamo risvegliandoci. Che stiano tornando le streghe? non ci vorrebbe di meno.
Lidia Menapace