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Normanna Albertini. Di quanti otto marzo ci sarà ancora bisogno?
07 Marzo 2009
 

Carissimi preti, pastori, imam, monaci, uomini tutti di qualsiasi religione, vorrei, se riuscite, voi che vi ergete a difensori della famiglia, voi che avete fatto della madre e della maternità un'icona sacra, ma che non riuscite ancora a concepire la donna come semplice compagna di viaggio, vorrei che rifletteste sul perché c'è ancora bisogno di una festa della donna.

Da La Repubblica di oggi, una notizia giusta per festeggiare l'8 marzo: «Imbarazzo, rabbia, dolore, pietà, ma anche una sola incrollabile certezza: “Abortire è peccato. Sempre”. Queste le prime reazioni 'a caldo' colte in Vaticano alla notizia che la Chiesa cattolica brasiliana ieri ha scomunicato i medici che qualche giorno fa hanno autorizzato l'aborto ad una bambina di 9 anni rimasta incinta in seguito alle violenze sessuali subite dal patrigno da quando aveva 6 anni. “È una tragedia grandissima, specialmente per quella povera bambina, ma la pena della scomunica andava sanzionata perché lo prevede espressamente il Codice di Diritto Canonico di fronte ad un palese caso di aborto procurato”, spiegano riservatamente alla Pontificia Accademia per la Vita».

Ancora notizie di questi giorni, cioè: “non notizie”, perché quando non si tratta di rumeni, la violenza sulle donne perde di “valore”: «Stupri e violenze da persone conosciute: Carini (Palermo), maltrattamenti ad una donna da parte del figlio; Firenze, sette fiorentini accusati per lo stupro di gruppo avvenuto qualche tempo fa, nessun arresto; Cremona, un uomo - amico di famiglia - accusato di molestie ad una ragazza; Benevento, un uomo è stato accusato di aver stuprato per due anni una ragazzina che si è suicidata all'età di 16 anni; Milano, violenta la figlia quattordicenne della sua compagna».

Cultura? Sì, una cultura di violenza e sopraffazione che, a quanto pare, nemmeno l'atteggiamento di Cristo nei confronti delle donne, così diverso dal suo tempo e anche dai nostri tempi, è riuscito a cancellare completamente.

«Dalla donna ha avuto inizio il peccato, per causa sua tutti moriamo» (25, 24). Il libro del Siracide è stato scritto da un grande teologo, da un grande filosofo e da un grande letterato. Cultura dell'epoca.

Continua, il Siracide: «È meglio la cattiveria di un uomo che la bontà di una donna, una donna che porta vergogna fino allo scherno» (42, 14). E Qoelet, termine che indica il “predicatore”, anch'egli un teologo, afferma ispirato che: «Un uomo su mille l'ho trovato, ma una donna fra tutte non l'ho trovata» (7, 28). Sempre Siracide insegna: «Una figlia è per il padre un'inquietudine segreta, la preoccupazione per lei allontana il sonno, nella sua giovinezza perché non sfiorisca, una volta accasata perché non sia ripudiata, finché ragazza si teme che sia sedotta e che resti incinta nella casa paterna, quando è con un marito che cada in colpa, quando è accasata che sia sterile» (42, 9-10).

Quando si parla di radici giudaico-cristiane, noi donne dobbiamo ricordare che significano anche questo. Siamo merce dell'uomo, uteri, forza-lavoro; nient'altro. E bugiarde, inaffidabili.

L'unica volta che Dio ha parlato a una donna è a Sara, la moglie di Abramo, quando le ha detto che il marito così vecchio avrebbe avuto un figlio da lei. Sara si scompiscia dalle risate. “Figurati, mio marito è vecchio, io ormai sono rinsecchita, come posso avere un figlio?” Il Padre eterno si rivolge a Sara e dice: “Hai riso!”. “No, non ho riso”. Una bugia. Dio non parlerà mai più alle donne e da questa bugia di Sara nel trattato giuridico di Israele viene fuori che la donna non è credibile come testimone perché è tendenzialmente bugiarda.

E se il Corano va preso alla lettera, nonostante le nuove legislazioni sul diritto di famiglia di alcuni paesi musulmani, per le donne la completa parità con l'altro sesso è ben lungi da venire: Sura IV An-Nisà (Le Donne), 34: «Gli uomini sono preposti alle donne, a causa della preferenza che Allah concede agli uni rispetto alle altre e perché spendono [per esse] i loro beni. Le [donne] virtuose sono le devote, che proteggono nel segreto quello che Allah ha preservato. Ammonite quelle di cui temete l'insubordinazione, lasciatele sole nei loro letti, battetele. Se poi vi obbediscono, non fate più nulla contro di esse. Allah è altissimo, grande».

Come si vede, la prevalenza dell'uomo dipende dalla volontà di Dio e dall'ordine sociale. Se la donna non si sottomette all'uomo, questi prima la rimprovera, poi interrompe i rapporti intimi con lei e alla fine passa alle botte. Se la donna però si sottomette non deve essere più maltrattata.

Vi prego, preti, pastori, imam, monaci, uomini tutti di qualsiasi religione: smettetela di preoccuparvi dei nostri peccati di donne, delle nostre povere anime che non volete dannate all'inferno. Preoccupatevi dei crimini, degli orribili reati che coloro che dovrebbero esserci compagni vanno diffondendo per il mondo. Pregate per le vostre e le loro anime. Noi, le donne, siamo state le uniche disposte a morire con Cristo, le uniche sotto la croce.

Davvero pensate che abbiamo bisogno di voi come tramite con Dio? Davvero pensate che una bambina violentata di soli nove anni sia una peccatrice se, per non morire, abortisce?

Di quanti otto marzo ci sarà ancora bisogno?


Normanna Albertini

(da Notizie minime della nonviolenza in cammino, 7 marzo 2009)

 

 

Nota dell'autrice. Per le informazioni tratte dalla Bibbia, mi sono servita di un testo di padre Alberto Maggi, che trovo teologo eccezionale, “Gesù e le donne”.


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