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Vecchi e nuovi nemici della conservazione delle specie  
Sono iniziate le serate alla scoperta dei segreti del Parco
18 Marzo 2006
 

Un numeroso e attento pubblico ha seguito, ieri sera presso la Sala conferenze del Museo civico di storia naturale di Morbegno, la prima delle Serate alla scoperta dei segreti del Parco delle Orobie Valtellinesi, sul tema “Vita dura per tipi duri”. Al centro della relazione del tecnico naturalista dell’area protetta, Gabriella Bianchi, introdotta dal Direttore del Parco, Claudio La Ragione, sono stati gli specialisti d’alta quota, gli animali che grazie a diverse strategie di adattamento superano i rigidi inverni in alta montagna.

Nel viaggio lungo le vette innevate, scandito da suggestive immagini, hanno fatto capolino il gallo forcello, tetraonide che vive al limite superiore del bosco e nell’arbusteto, il merlo acquaiolo, che grazie al piumaggio impermeabile può sopravvivere lungo i torrenti d’alta quota, il fringuello alpino, temeraria presenza degli ambienti rocciosi fra i 2000 e i 3500 metri. Non potevano mancare, negli incantati scenari montani, i maestosi uccelli delle Alpi, l’aquila reale, capace di sopportare lunghi periodi di digiuno, e il gipeto, reintrodotto a livello europeo a partire dagli anni ’70 e segnalato anche sulle Orobie, oltre alla marmotta, allo stambecco e al camoscio.

«Non solo uccelli e mammiferi vivono ad alta quota», ha spiegato Gabriella Bianchi, «ma anche anfibi e rettili, come la salamandra nera, il marasso o la lucertola vivipara, che si adattano alle difficili condizioni climatiche attraverso la strategia riproduttiva della viviparità, non deponendo le uova ma mantenendole all’interno del corpo per dare maggiori garanzie di sopravvivenza ai piccoli, e alcuni invertebrati, come la pulce dei ghiacciai, un collembolo che prende il nome dal particolare meccanismo di propulsione e che può vivere fino a 4000 metri».

Il primato di specialisti dell’alta quota spetta a tre specie animali che mostrano una particolare capacità di adattamento nell’omocromia. «La lepre bianca, l’ermellino e la pernice bianca assumono il colore dell’ambiente che li circonda, il giusto abito per ogni stagione», ha continuato Gabriella Bianchi. «In queste tre specie la muta, che è regolata da fattori ormonali e viene scandita dal fotoperiodo, cioè dalla durata delle ore di luce, comporta infatti anche il cambiamento di colore».

I fattori ambientali possono influenzare la velocità del cambio, tanto che a volte qualcosa non funziona e un animale ancora con il manto estivo, colto di sorpresa da una nevicata precoce, diventa una macchia di colore nella bianca coltre, facendo il gioco di predatori come l’aquila o la volpe. «Anche se le risorse sono scarse, e l’ambiente è molto selettivo: la scelta strategica di questi animali privilegia la minor competizione in alta quota. Esistono vecchi e nuovi nemici che influenzano la conservazione delle specie», ha concluso Gabriella Bianchi, «come lo sci alpinismo e il fuoripista, la circolazione spesso incontrollata di motoslitte, la costruzione di strade non regolamentate, la libera circolazione di cani soprattutto nel periodo riproduttivo, l’eccessivo prelievo venatorio e il bracconaggio».

Le serate tematiche del Parco proseguiranno il 31 marzo alle ore 21:00, presso la Sala della Banca Popolare di Sondrio di Talamona, con l’incontro “Architettura rurale e dimore storiche delle Orobie” e il 19 maggio, sempre alle ore 21, presso la Sala della Biblioteca di Piateda, con “Leggende e mitologia delle Alpi Orobie”.

Per il calendario completo degli appuntamenti è possibile consultare il sito www.parcorobievalt.com.



Gabriella Bianchi è laureata in Scienze biologiche con indirizzo Ecologico - Faunistico. Dopo essere stata Guardaparco e dipendente dell’Amministrazione provinciale di Sondrio nel settore Educazione ambientale, dal 1997 è tecnico naturalista del Parco delle Orobie Valtellinesi.


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