Preguntas incómodas
Bordeo mi edificio, evitando pasar por debajo de los balcones, pues los niños lanzan preservativos llenos de orine para matar el aburrimiento. Un hombre con su hija lleva una bolsa que gotea una mezcla de grasa, agua y sangre. Vienen de la carnicería, donde la larga cola anuncia que algún producto racionado llegó en la mañana. Los dos suben felices las escaleras llevando el trofeo cárnico. Es probable que la madre ya esté cortando las cebollas, mientras suspira aliviada de que la proteína reaparezca, después de varios días de ausencia.
Voy detrás de ellos y alcanzo a oír como la niña pregunta: “Papi ¿Cuántos pollos tú te has comido en la vida?” Percibo la cara desconcertada del padre, que ha llegado al piso seis sudando por todos los poros. Su respuesta es un tanto brusca: “¿Cómo voy a saber eso? Yo no saco cuentas con la comida.” Pero la niña insiste. Evidentemente está aprendiendo a multiplicar y dividir, de ahí que quiera desmontar el mundo y explicarlo –totalmente– con puros números. “Papi, si tú tienes 53 años y cada mes recibes una libra de pollo por la carnicería, sólo tienes que saber cuántos meses has vivido. Cuando tengas ese número lo divides entre cuatro libras, que es más o menos lo que pesa un pollo normal”.
Me descubro siguiendo la fórmula matemática desarrollada por la chica y calculo que he devorado unos 99 pollos en estos 33 años. El hombre interrumpe mi cuenta y le dice “Mi´ja, cuando yo nací los pollos no eran por la libreta”. Caigo en cuenta de que yo sí crecí con el grillete del racionamiento ajustado a ambos tobillos, pero gracias al mercado negro, el desvío de recursos, las tiendas en pesos convertibles, el canje de ropa por comida y un montón de caminos paralelos, no sé la suma exacta de lo que he digerido. Apuro el paso y escucho la frase recelosa de la pequeña Pitágoras: “Ay Papi, tú me quieres hacer creer que antes, en las carnicerías, te vendían todo el pollo que quisieras…”.
Yoani Sánchez
Domande scomode
Costeggio il mio edificio, evitando di passare sotto i balconi, perché i bambini lanciano preservativi pieni di orina per ammazzare la noia. Un uomo insieme a sua figlia porta una borsa che gocciola una miscela di grasso, acqua e sangue. Vengono dalla macelleria, dove una lunga coda annuncia che nella mattinata è arrivato qualche prodotto razionato. I due salgono felici le scale e portano il trofeo di carne. È probabile che la madre stia già tagliando le cipolle, mentre sospira rincuorata dalla ricomparsa delle proteine, dopo vari giorni di assenza.
Vado dietro a loro e riesco a sentire la bambina chiedere: “Papà, quanti polli hai mangiato in vita tua?”. Percepisco il volto sconcertato del padre, che è arrivato al sesto piano madido di sudore. La sua risposta è un po’ brusca: “Come posso saperlo? Non faccio i conti con il cibo”. Ma la bambina insiste. Evidentemente sta imparando a moltiplicare e a dividere, per questo vorrebbe smontare il mondo e spiegarlo - completamente - tramite semplici numeri. “Papi, se tu hai 53 anni e ogni mese ricevi una libbra di pollo dalla macelleria, basta che tu sappia quanti mesi hai vissuto. Quando disponi di questo numero lo dividi per quattro libbre, che è più meno il peso di un pollo normale”.
Mi trovo a seguire la formula matematica sviluppata dalla ragazzina e calcolo che in questi 33 anni ho divorato 99 polli. L’uomo interrompe il mio conto e le dice: “Figlia mia, quando sono nato i polli non erano razionati”. Metto in conto che invece io sono cresciuta nella gabbia inflessibile del razionamento, ma grazie al mercato nero, la sottrazione delle risorse, i negozi in pesos convertibili, lo scambio di vestiti per cibo e un sacco di strade parallele, non sono in grado di fare la somma esatta di ciò che ho digerito. Affretto il passo e ascolto la frase diffidente della piccola Pitagora: “Papi, tu mi vorresti far credere che prima, nelle macellerie, ti avrebbero venduto tutto il pollo che volevi…”
Traduzione di Gordiano Lupi