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In scena al Mignon il TEATRO MINIMO di ANDRIA con “VICO ANGELO CUSTODE” 
Coproduzione FestTeatro con la Fondazione Pontedera Teat
I tre giovani attori di talento
I tre giovani attori di talento 
17 Marzo 2006
 
Tre giovani attori di ottima preparazione e di sicuro talento, Vittorio Continelli, Danilo De Summa, Michele Sinisi, hanno portato in scena il 23 febbraio un lavoro firmato da Michele Santeramo in collaborazione con Michele Sinisi, che vuole raccontare una condizione di immobilità, tanto fisica quanto mentale, di trentenni con nomi da arcangelo: Michele, Raffaele e Gabriele che vivono con la madre in un microcosmo formato da loro soltanto, non a caso, in Vico Angelo Custode. Della madre non si conosce nulla, se non che continua a proteggere e nutrire figli troppo cresciuti, ma ancora incapaci di affrontare le difficoltà della vita. Del mondo esterno e della sua complessità giungono solo echi: l’impossibilità di trovare lavoro per gli aspiranti professori, Sono al tremilaecinquantatreesimo posto nella graduatoria per le supplenze, ma l’anno scorso ero trentadue posti indietro – grida il fratello “che saprebbe lui come insegnare ai ragazzi quel che serve per la vita”; la fatica e la mortificazione di lavori sottopagati, come quello del fratello maggiore presso una ferramenta; la presenza di una marginalità extracomunitaria attraverso “la Nigeriana” che si prostituisce, indicata come amica-fidanzata di uno di loro.
In vico Angelo Custode i tre aspettano il vento che dovrebbe cambiare loro la vita, ma il vento lì non può arrivare perché non è mai arrivato e pian piano si consumano le speranze. Il sogno di raggiungere una improbabile fidanzata, Amalia, a Genova, dove l’aspirante professore potrebbe costruirsi una vita, è quasi svanito per l’inconsistenza di questo rapporto: resta quel “Mannaggia, mannaggia, mannaggia” reiterato sfogo e risposta alla realtà che non si vuole affrontare. Ma qualcosa succede, perché nulla è veramente immobile: muore la madre e i fratelli si accorgono che non hanno i soldi per il funerale e dovranno badare da ora in poi a se stessi. Subito però il pensiero corre alle altre due donne, la Nigeriana e Amalia, sostitutive della figura materna, alle quali chiedere denaro e conforto. Sarà ancora la madre, con i soldi lasciati negli abiti, a risolvere quest’ultimo problema e i tre, indossati i panni della madre, saranno costretti a farne le veci con se stessi.
Lo spettacolo, di contenuto forse un po’ distante dalla realtà valtellinese, culturalmente diversa dal sud per le dinamiche sociali, è stato molto applaudito dal numeroso pubblico che ne ha apprezzato l’alta qualità. Ottimamente calibrata la recitazione e il gioco dei corpi e degli sguardi; essenziale, ma efficacissima, la scenografia costituita da una finta porta fatta di tre listelli sullo sfondo nero, che ha creato l’effetto di un qualcosa di buio e di arcano che sta aldilà: la madre morta, ma anche il futuro; interessante la struttura dello spettacolo e l’essenzialità dei testi.
 
Roberta De Devitiis
(Da Tirano & dintorni, marzo 2006)

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