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Daniele Dell’Agnola. Harmos, la lingua italiana e i test
22 Febbraio 2009
 

La politica della formazione di base, in Svizzera sta conoscendo un momento delicato, alimentato da un’onda che si chiama armonizzazione dell’insegnamento e dell’apprendimento. Quando in un Paese si tocca la scuola, l’educazione, la cultura, significa che s’intende lavorare attorno alle basi su cui poggia la società, che, è importante ribadirlo, può progredire non solo per moventi finanziari, ma forse soprattutto grazie alla formazione di base, alla ricerca, alla produzione culturale.

Sappiamo che la sovranità dei cantoni in materia scolastica e il rispetto della Svizzera plurilingue sono tra i fondamenti del federalismo.

Lo sappiamo bene anche noi ticinesi, che spesso esprimiamo il nostro dissenso nei confronti delle proposte bernesi. Eppure il verbo “armonizzare” trasmette tranquillità, pacatezza. È una parola quasi neutra, forse per questo tipicamente “svizzera”. Anzi, i giovani forgiati da un sistema armonizzato potranno muoversi ed essere riconosciuti nel loro curriculum ovunque perché avranno alle spalle una sorta di uguaglianza nei percorsi di apprendimento. Gli studenti zurighesi, ginevrini, ticinese dovranno raggiungere gli stessi obiettivi di base.

Anche i media riportano le lodi a questa novità politica, organizzativa, che non sembra avere molti avversari, se non la destra legata profondamente alla “solida” (a dipendenza dei punti di vista) triade Chiesa-Patria-famiglia.

Tuttavia, anche se uno degli scopi di Harmos è permettere la mobilità, nazionale e internazionale, questo valore dev’essere bilanciato con il bisogno di considerare il patrimonio culturale a cui fa riferimento la nostra scuola. Sarebbe bello se, nell’armonizzarsi, la Svizzera d’oltre Gottardo volesse ad esempio potenziare l’insegnamento dell’italiano, della cultura italiana, dell’italicità nel proprio territorio: che un confederato possa sentirsi più svizzero e magari maggiormente in armonia con la Svizzera considera minore, quella di lingua italiana? Ci siamo chiesti se Harmos prevede queste visioni di potenziamento che vanno controcorrente, ma portano valori?


C’è un altro aspetto importante che va considerato: per le nostre allieve e per i nostri allievi dobbiamo favorire lo sviluppo di una personalità autonoma, la maturazione di competenze sociali, il senso di responsabilità verso il prossimo, l’apertura al dialogo e al dibattito: obiettivi difficili da misurare, ma sto citando tra le righe proprio alcuni articoli tratti dal concordato Harmos, quindi non invento nulla. (Forse possiamo misurare tali conquiste osservando, anni dopo, il livello del dibattito politico?...)

I test Harmos saranno costituiti da domande a scelta multipla che valuteranno se gli standard (obiettivi minimi) saranno stati raggiunti.

Con i classici “Metti la crocetta sulla risposta giusta”, “Scegli quali tra le seguenti risposte sono corrette”... Harmos misurerà le competenze, le risorse, le capacità degli allievi. I test sottoposti saranno i garanti della qualità formativa ed educativa della nostra scuola. Se volessimo però, ad esempio, “misurare” la capacità di analizzare un testo poetico o un documento storico, non potremmo sottoporre delle domande a risposta chiusa, imbrigliando le possibilità espressive, ma dovremmo chiedere agli studenti di articolare una riflessione in forma scritta. E sarebbe necessario correggere i lavori rispettando quella “visione del mondo” che i ragazzi hanno diritto e bisogno di sviluppare. La correzione di una riflessione scritta richiede più tempo, quindi maggiori risorse finanziarie. Abbiamo le risorse finanziarie per investire sulla valutazione dei dati raccolti?

Aldilà dei costi, tale argomentazione non vale solo per le materie umanistiche: un percorso formativo proiettato alla misurazione e alla sola utilità, riduce le potenzialità di sviluppo dell’individuo che sono insite in ogni disciplina. Spero dunque che i nostri politici comprendano l’importanza della lingua italiana, della nostra cultura, dell’indispensabile “visione del mondo” che ogni individuo deve maturare e che è poco “misurabile”. La scuola ticinese non ha paura di essere valutata, ma la valutazione è da sempre un argomento molto complesso, soprattutto se sarà dato in pasto a certi politici che vorrebbero un indebolimento della Scuola pubblica. Non caschiamoci.


Daniele Dell’Agnola


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