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Maria G. Di Rienzo. Voci
16 Febbraio 2009
 

In prossimità dell'8 marzo comincia: e io sono lieta che cominci. Amiche, conoscenti, sconosciute, mi chiedono di andare di qua o di là a parlare di donne, di violenza sulle donne, di storia delle donne e così via. Concordiamo focus e lunghezza dell'intervento, ed è tutto a posto. Sono grata di queste richieste. Ma quest'anno ho voglia di fare anche qualcos'altro.

*

Per chi a queste conferenze o incontri non verrà mai. Per chi si chiede: che senso ha una Giornata internazionale della donna? Io sono incastrata in una relazione violenta, oppure ho subito cose di cui non riesco neppure a parlare, oppure mi sto disfacendo perché per quello che ho passato non ho avuto né comprensione né giustizia.

Vorrei che sapeste questo. Assieme ad altre e altri io mi batto per e con voi da trentacinque anni. Non mi avete mai vista, non mi conoscete, eppure c'ero sempre. E vi chiedo: potreste volervi bene almeno quanto io ve ne voglio?

Non sarà molto ma è pur sempre un inizio. Io voglio bene ai vostri corpi.

Non li conosco intimamente, ma mi piacciono. Ho passato notti insonni, tenendo fra le braccia anime ferite, tormentata dagli incubi in cui scene orribili che non avrei mai voluto vedere si ripetevano ad oltranza. Ho scritto e parlato, urlato e pianto, raccolto firme e fondi. Ho manifestato e protestato. Ho condiviso la mia parte di insulti e aggressioni. Ho resistito. Ed è vero che l'ho fatto per me, ed è vero che l'ho fatto per voi. Perché desideravo render chiaro che ogni donna ha il diritto di essere libera e amata.

Se vi avessi ora tutte davanti a me, figlie e madri, nonne e bisnonne, operaie e casalinghe, impiegate e insegnanti, mediche e cameriere, potrei dire per statistica quante di voi sono state mogli battute, hanno sofferto violenza sessuale o incesto, quante sono state oggettificate, dissacrate, negate.

Ma dai miei numeri mancherebbero sempre coloro che di queste violenze sono morte.

So che non potete vedere il mio viso, ma io credo di vedere i vostri.

Giovani e anziane. Di tutti i colori, di tutte le stature, di tutte le taglie. Vi vedo, e vedo la storia delle donne nella vostra vita.

Voi siete il mio mondo, la mia cultura, la mia professione, la mia passione.

E so che vi sono cose che tenete nei luoghi segreti dell'anima, e di cui non parlereste mai.

Se pensate di poter avere fiducia in quel che vi dico, per favore immaginate di stringere la mia mano. Non abbiamo paura, lottiamo insieme per una causa comune.

*

Adesso ascoltate. Ascoltate le voci di ciò che non è stato detto. Nella quiete io posso sentire le canzoni di gioia che i vostri corpi di donne sanno cantare. Ma anche, come voi, odo quei corpi quando erano corpi di bimbe costrette a conoscere il sesso come sofferenza e paura. Piccole care, vi ascoltiamo. Non siete sole. Ora siamo tutte cresciute, e ci aiuteremo l'un l'altra, di modo che chiunque sia stata ferita recuperi la perdita della propria infanzia, e goda come adulta del proprio essere preziosa.

Ascoltate. Ci sono le voci di corpi presi di forza, da sconosciuti o da persone amate, corpi che hanno conosciuto percosse e lividi, corpi che ora tremano quando vengono sfiorati da mani altrui. Corpi scossi dalla rabbia e dalla vergogna. Dite loro: noi ascoltiamo il vostro tormento, e siamo fiere della vostra determinazione quando pensate che nessuno vi farà mai più del male, e vi aiuteremo a restaurare il vostro senso di sicurezza stando al vostro fianco. Voi siete innocenti e noi lo sappiamo.

Prestate orecchio a ciò che i corpi dicono, a ciò che il vostro corpo dice, a ciò che dicono le donne nella vostra vita. Stringetela forte, la mia mano. Vi dà calore e ne riceve. Sentite quanta forza, quanto coraggio c'è nel tenersi per mano. E immaginate le parole che potrebbero essere finalmente dette, se osassimo tutte e tutti ascoltare.

 

Maria G. Di Rienzo


 
 
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