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Maria G. Di Rienzo. Sondaggi
12 Febbraio 2009
 

Cosa ti fa capire se stai vivendo in un regime o in una democrazia? Non sono gli arresti arbitrari, le sparizioni di persone, i massacri di dimostranti: quando questo succede, assieme alla tua innegabile comprensione del fatto che la democrazia è sparita vivono in te terrore e tentativi di dissociazione mentale. Lo sai, e lo sai fin nelle ossa. Ma prima che il disastro sia così esposto alla luce del sole da rendere impossibile il negarlo, ci sono le “piccole” avvisaglie. La tua nazione ha una Carta dei diritti, una Costituzione, un Patto di cittadinanza? Parte una campagna per cancellare documenti simili. Sono datati, impediscono lo sviluppo, ostacolano la giustizia, frenano il progresso, limitano la tua libertà, non permettono di mettere in sicurezza il paese, sono stati scritti da nemici o ispirati da nemici. Non importa se ci credi o meno. Il messaggio è semplice, ma per chi ama le disquisizioni dotte ci saranno le dissertazioni degli “esperti”. I media, sotto diretto controllo di chi orchestra la campagna, hanno il compito di reiterarlo ad oltranza. E sai per certo di vivere in una dittatura mascherata da democrazia quando i media non sotto controllo si accodano spontaneamente, quando non c'è più bisogno di pressioni o minacce perché radio, giornali, tv “indipendenti" accordino le vele al vento.

L'odio è un fattore importante della campagna per la cancellazione della democrazia. Per far accettare la riduzione di libertà e partecipazione e possibilità di dissenso si devono creare un nemico interno o un nemico esterno (il terrorismo, un paese confinante, ecc.), preferibilmente entrambi, perché in questo modo il piccolo cittadino che si sente impotente ha un bersaglio concreto su cui sfogare la sua frustrazione: di certo fra i suoi vicini di casa, o per strada, o in ufficio, incontrerà un membro del gruppo demonizzato come “nemico interno”. I migranti sono perfetti per quest'ultimo ruolo nel primo periodo della loro presenza, quando non hanno legami significativi con le comunità locali, ma vanno benone anche dopo se si è riusciti per svariati motivi e con svariati metodi a tenerli nelle enclavi (magari per “preservare rispettosamente” la loro cultura). Più la gente si mischia, più matrimoni “misti” ci sono, più le abitudini e le consuetudini umane sono aperte al cambiamento, al dialogo ed alla trasformazione, meno è possibile individuare con chiarezza il bersaglio. E un minor numero di piccoli cittadini saranno disposti a bere le coppe di odio fragrante offerte dai media: la loro esperienza diretta smentirà infatti di continuo la propaganda che gli si serve.

*

Ieri sera la coppa è stata metaforicamente accostata alle mie labbra.

Ascoltavo musica alla radio, da un'emittente “indipendente” che è apparsa dagli esordi molto interessante a tutti quelli che come me amano un certo tipo di musica (rock). Si è limitata per mesi a proporre brani vecchi e nuovi o a stilare classifiche, andava benissimo, era la musica che le radio non mandavano da un pezzo e la pubblicità era sopportabile. Poi sono iniziati i notiziari. All'inizio la cosa che mi irritava sommamente era il tono bamboleggiante dell'annunciatrice, ad esempio gli stessi trilli ridenti per le vendite di mimose e lo stupro di una bambina l'8 marzo scorso (i due fatti dati come unica notizia). Mi sono chiesta se teneva la bocca tirata con le graffette per continuare a ridere, ma il peggio doveva ancora venire.

I notiziari sono stati infatti poi corredati da “sondaggi”. E la sera dell'8 febbraio il sondaggio era più o meno questo: “La polizia ha salvato un uomo che ha causato un incidente automobilistico mortale. La folla che voleva linciarlo ha fatto bene? Dite la vostra chiamando il numero eccetera”.

La notizia di cui si tratta è del giorno precedente. Un immigrato ubriaco, al volante di un'auto rubata, zigzagando sulla via Prenestina a Roma si è scontrato con un'altra automobile, il cui conducente è morto sul colpo. La donna che era con lui è gravemente ferita. L'ubriaco non si è fermato a prestare soccorso ai due ed è entrato in un bar. Non occorre che dica che quest'uomo è in torto marcio per tutto quello che ha fatto, vero? Ha commesso un omicidio, ha ferito una seconda persona. Secondo le leggi che ci siamo date e dati per stare insieme nella nostra nazione ne risponderà. Il farsi giustizia da soli è qualcosa che abbiamo scartato non solo come incivile, non solo come non rispondente ai nostri principi etici, ma come assolutamente non equo, quindi ingiusto. Può farsi “giustizia” da solo chi ne ha i mezzi (denaro e amicizie altolocate e posizioni influenti), e sono mezzi che la maggioranza di noi non ha.

E linciare qualcuno non è cosa che si possa sottoporre a sondaggio d'opinione. Linciare qualcuno è contro la legge come un assassinio o come un ferimento, e resta ingiusto per tutte le ragioni che ho detto prima. Non c'è l'opzione “hanno fatto bene a provarci” perché hanno fatto male a priori, e suggerire che sia possibile una risposta diversa da questa è significante dell'azzeramento morale in corso nel nostro paese. Qualcuno avrà fatto pressione alla sedicente giornalista? Io non lo credo.

Notiziario e sondaggi sono semplicemente in sintonia con quello che deve diventare il comune sentire per permettere alla finta democrazia italiana di diventare dittatura vera.

 

Maria G. Di Rienzo

(da Notizie minime della nonviolenza in cammino, 10 febbraio 2009)


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