Gordiano Lupi
Fernando di Leo e il suo cinema
nero e perverso
Profondo Rosso, 2009, pagg. 240, € 25,00
Contributi di:
Fabio Marangoni, Fabio Zanello, As Chianese,
Michele Tosolini.
Contiene una vecchia intervista a Fernando
di Leo realizzata da Lorenzo Letizia.
Sceneggiatore e regista, Fernando di Leo è uno degli autori più interessanti del cinema italiano dagli ani Sessanta in poi. Da Per un pugno di dollari a Milano calibro 9, la sua carriera è una serie di grandi successi che hanno raggiunto l'apice quando Fernando di Leo si è specializzato nel genere noir ispirandosi ai romanzi disperati e violenti di Giorgio Scerbanenco.
«Nei film girati da di Leo c'è sempre un'ironia di fondo, anche nelle pellicole più truci. I miei debiti di passione e cinematografici con questo regista sono tanti» afferma Tarantino.
I suoi film non sono molti, ma tutti si segnalano per il modo originale in cui affrontano tematiche insolite: Rose rosse per il Furher (1968), Brucia ragazzo brucia (1969), Amarsi male (1970), La bestia uccide a sangue freddo (1971), Milano calibro 9 (1972), La mala ordina (1972), Il boss (1973), La seduzione (1973), Il poliziotto è marcio (1974), La città sconvolta: caccia spietata ai rapitori (1975), Colpo in canna (1975), Gli amici di Nick Hezard (1976), I padroni della città (1977), Diamanti sporchi di sangue (1978), Avere vent'anni (1978), Vacanze per un massacro (1980), Razza violenta (1983), L'assassino ha le ore contate (1981) e Killer contro killers (1985).
Fernando di Leo muore a Roma nel 2003, all'età di 71 anni. Aveva ancora tante idee nel cassetto e molta voglia di tornare alla ribalta, dopo che Quentin Tarantino lo aveva consacrato regista di culto. Se n'è andato troppo presto per potersi godere una legittima rivalsa nei confronti dei critici che lo definivano un modesto autore di film inutili, sadici e violenti. Fernando di Leo era un signor autore e questo libro vuol cercare di portare acqua al mulino della critica più attenta, che dalle colonne di Nocturno Cinema, Amarcord e Cine 70 non ha mai mancato di affermarlo. La storia rende quasi sempre giustizia degli errori di valutazione, soprattutto quando vengono compiuti per pressappochismo e pretenziosità.