In un punto del cosmo c’era un’isola piccina a forma di stella, che si chiamava Asteria.
Sull’isola vivevano cinque bambini, ognuno sul suo promontorio, ma nessuno sapeva dell’altro.
Su Asteria c’era solo qualche filo d’erba gattaia e pochi insettucci malnutriti, che non avevano la forza di emigrare verso le lontane isole verdi.
I bambini di Asteria non avevano memoria né desideri, e non crescevano mai.
Il tempo passava e tutto restava sempre uguale. Un giorno si sentirono così annoiati che cominciarono a stiracchiarsi, a sbuffare, a contorcersi senza potersi contenere.
Poi presero a sbadigliare tutti assieme facendo un gran rumore, e capirono così di non essere soli sull’isola.
Presi dalla curiosità, i bambini cominciarono a guardarsi intorno, a camminare e a correre esplorando ognuno il suo braccio di terra, e poi l’isola.
Finché non si ritrovarono tutti insieme, con tanti interrogativi nella testa.
Chi erano, e perché si trovavano lì?
Era un bel rompicapo che li faceva ammattire e tutti presero a sospirare e a lamentarsi.
Poi capirono che sospiri e lamenti non servivano a niente e cominciarono a grattarsi la punta del naso.
Gratta che ti rigratta, qualcosa nella loro testolina iniziò a mettersi in moto.
Cominciarono a rendersi conto che erano tutti uguali e tutti diversi, come le dita di una mano.
A questa prima scoperta altre ne seguirono, e i bambini passavano da una meraviglia all’altra.
Il giorno scorse così rapidamente che essi neppure se ne accorsero, e quella notte per la prima volta sognarono.
Al mattino si svegliarono contenti e felici, con tanta voglia di amicizia e di giochi.
L’isola era piccola ma aveva il cuore grande: una radura costellata di margheritine bianche e gialle, che era una gioia per gli occhi e un invito alle scorribande.
Quando furono stanchi di correre e saltare i bambini sedettero in circolo, e in mezzo a loro spuntò come per magia una ruota d’oro che girava e girava.
Quando si fermò si vide che non era una ruota, ma una grossa palla d’oro con una porticina rotonda dalla quale uscì volando un omino, che disse:
– Ascoltate bambini, devo dirvi qualcosa di molto importante.
E volando volando l’omino parlò loro del mondo e dei continenti, descrivendo a grandi linee il meraviglioso Pianeta Terra.
– E fin qui ci siamo, – sbuffò infine. Si capiva che era molto stanco, i bambini gli fecero posto ed egli sedette fra loro.
L’omino si addormentò di colpo, ma dopo un secondo riprese a volare sulla palla d’oro:
– E dopo la teoria viene la pratica – disse, e iniziò a indicare con una bacchetta ciò che andava nominando: – Questo è il Vecchio Continente, vedete? Qui c’è l’Asia, qui c’è l’Africa e qui c’è l’Europa.
Poi rimuginò: – Vi ho detto che i Continenti sono terre emerse dal mare? Hum, hum... ma andiamo per ordine – decise infine, e continuò a mostrare i continenti:
– Questo è il Continente Nuovo, ovvero l’America… uffa, non si finisce mai di girarlo per quanto è grande! E per adesso basta così, – e ciò detto l’omino s’infilò nella porticina d’oro e sparì senza nemmeno salutare.
I bambini ci restarono male; si stavano appassionando alla sua lezione e volevano saperne di più. Stavano per protestare, quando la porticina di nuovo si aprì e l’omino riprese la sua trasvolata.
– Questo è il Continente Nuovissimo, ovvero l’Australia, – udirono che diceva, senza però riuscire a capire da dove provenisse la sua voce. – Ehi, sono qui dietro, in basso, – disse l’omino sbracciandosi, ed essi lo videro infine girare sopra l’Australia, grondante di sudore.
“Speriamo che non se ne vada di nuovo a dormire” pensarono i bambini nel vederlo così spossato. Infatti l’omino tornò al luogo di partenza e sparì nella porticina.
– Sarà stanco da morire, poveretto – disse il bambino più piccolo, stropicciandosi gli occhi che volevano chiudersi.
Anche gli altri bambini si sentivano stanchi, tanto che crollarono a terra e si addormentarono, andando subito nel mondo dei sogni.
Nei sogni si può trovare tutto ciò che esiste e tutto ciò che si può immaginare. Ognuno sognando può ritrovare la propria storia e la propria memoria, purché sappia riconoscerle fra tante.
Per quanto tempo dormirono nessuno può dirlo, ma sta di fatto che i bambini si svegliarono tutti insieme.
Si sentivano bene, solo un po’ strani.
Avevano ritrovato nel sogno la loro parte di memoria e ognuno di loro sapeva come si chiamava e da dove veniva.
Per strana combinazione, ogni bambino proveniva da un continente diverso. E si chiamavano As, Af, Eu, Am e Au.
– Non è certo per combinazione, che vi trovate qui – disse l’omino affacciandosi alla porticina, dalla quale arrivava il rumore di martelli che battono, di seghe che tagliano, di ruote che girano, e una luce azzurrina. – Niente affatto, – riprese a dire dolcemente l’omino, – non vi trovate qui per combinazione: nulla accade per caso, a questo mondo, anche se a volte così può sembrare…
I bambini ascoltavano con grande interesse, ma anche con grande fatica; ad un certo punto uno di loro chiese:
– Ma qui ci troviamo dentro o fuori dal mondo? – e a questa domanda altre ne seguirono:
– Come siamo giunti in questa isola sperduta?
– Dovremo restare per sempre qui, lontano da tutti?
– Resterai con noi o te ne ripartirai con la tua palla d’oro?
– Dov’è la mia mamma? – chiese il più piccino, pronto a scoppiare in lacrime.
L’omino cercò di rispondere in ordine a tutte le domande:
– Qui ci troviamo dentro e fuori dal mondo, dipende dai punti di vista.
Sono stato io a condurvi su quest’isola; vi ho raccolti nei luoghi più tristi del pianeta, per sottrarvi a un momento di grave pericolo.
Tornerete alle vostre case quando sarete pronti. Io invece devo partire subito per andare a soccorrere altri bambini.
E tu piccolino, non piangere: la tua mamma è sempre lì che ti aspetta.
Ciò detto l’omino stava per infilarsi nella porticina d’oro, tutto frettoloso, quando Au gli disse:
– Non ci hai detto nemmeno il tuo nome. Come possiamo chiamarti, se avessimo ancora bisogno di te?
– Bah… boh… – borbottò incerto l’omino.
– Ba-bo? – ripetè Au.
– Ba-bo, sì, – rispose con voce burbera l’omino, per nascondere la commozione.
– Senti Ba-bo, non potremmo restare qui, su Asteria? – chiesero alcuni bambini. – Questo posto ci piace, e poi non ne conosciamo altri…
Intenerito da quei visini ansiosi l’omino spiegò:
– In questa isola, come sapete, non c'è acqua né cibo, ed è così piccola che non c'è posto per i grandi. E voi non potete restare sempre piccoli. Altri bambini prima di voi sono stati qui e altri ne arriveranno dopo di voi. Quest'isola è un rifugio di emergenza e sono in tanti ad averne bisogno, non si può tenerla occupata oltre il tempo necessario.
E poi, credete a me, – aggiunse l’omino – andare per il mondo sicuramente vi piacerà.
Ed ora addio, devo proprio andare – e infilata la porticina si dileguò, la palla d’oro prese a girare vorticosamente e sparì alla loro vista.
– E adesso che facciamo? – si chiesero preoccupati i bambini.
“Desiderare. Desiderare. Desiderare. Volere è volare”.
Tutti udirono queste precise parole nella loro mente. La voce sembrava quella di Ba-bo, e veniva da molto lontano.
Si guardarono e si trovarono tutti d’accordo.
Desiderarono. Desiderarono fortemente. E più il desiderio cresceva, più essi rimpicciolivano. Fino a che diventarono ancora più piccini di Ba-bo.
Salutarono l’isola a forma di stella, che non avrebbero mai dimenticato: era entrata nella Grande Memoria e faceva parte di loro.
Si scambiarono un sorriso pieno di parole e si disposero alla partenza.
Un gran vento si alzò ed essi si lasciarono trasportare ognuno verso la propria destinazione.
E fu così che in un battibaleno As, Af, Eu, Am e Au si ritrovarono nel lettino della loro casa, nei rispettivi continenti.
Era mattina e credettero di aver sognato. Ma la finestra era aperta ed essi videro brillare in lontananza qualcosa che sembrava una pallina d’oro che ruotava nel cielo.
– Bah… boh… – mormorarono incerti. – Ba-bo –, andavano ripetendo mentre si affacciavano tutti alla finestra. Ma il cielo era sgombero e chiaro e pensarono di avere immaginato l’oggetto luminoso vorticare nell’azzurro.
“Non dimenticatemi, bambini. E ricordate: volere è volare”. Il messaggio passò nelle loro menti e si propagò in tutti i continenti del mondo, portando fiducia e speranza.
Le sorti del Pianeta migliorarono, e i terrestri si misero finalmente al servizio della Buona Concordia.
I bambini di Asteria diventarono grandi e governarono con saggezza ognuno nella propria terra.
Venne istituita una festa mondiale detta “La notte di Ba-bo”, che si svolgeva ogni anno nel periodo delle stelle cadenti.
Allora stavano tutti col naso all’insù, cercando fra tante stelle la più piccina e la più luminosa.
Chissà perché, tutti ricordavano di averla vista almeno una volta posarsi per un momento all’orizzonte e inviare un guizzo di luce, anche in pieno giorno.
Per tutti era Ba-bo, ovvero la Buona Stella.
Maria Lanciotti