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Yoani Sánchez. Nostalgia della pizza
11 Febbraio 2009
 

Dal blog Generación Y

10 febbraio 2009

 

 

Nostalgia de la pizza

Llegaron con fuerza en los años setenta para romper la grisura del mercado racionado. En medio del arroz con frijoles cotidiano, las pizzas nos invadieron con su novedad y sus colores. En cada provincia se construyó una pizzería y se creó una receta propia, motivo de espanto para cualquier chef mediterráneo, pero que arrebata a los isleños. Gruesas, con mucho tomate y con los bordes crujientes, así se grabaron en la mente de varias generaciones de cubanos.

Después vino la crisis de los años noventa y los locales de comida italiana vendían sólo infusión de cáscara de naranja y cigarros. Nos llenamos de nostalgia por las lasañas y los espaguetis degustados en las “doradas” décadas del subsidio soviético. El tema de la comida se hizo inevitable cuando se reunían los amigos, y dentro de éste las pizzas despertaban las mayores añoranzas. Cuando la presión del hambre y la inconformidad hicieron estallar la llamada crisis de los balseros en agosto de 1994, el gobierno autorizó el trabajo por cuenta propia. De manos de esos emprendedores comerciantes regresaron los perdidos productos hechos con harina.

Muchos empleados cubanos dependen hoy de la pizza “callejera”, vendida por manos privadas. Con ella suplen el deplorable almuerzo de su centro laboral. Sin embargo, desde hace meses, en las cafeterías familiares escasean las ofertas. La prolongada razia contra el mercado informal, producto de la crisis dejado por los huracanes, ha estrangulado a los vendedores de alimentos. Sin el desvío de recursos estatales poco podrían hacer estos trabajadores autónomos que no cuentan con un mercado mayorista. Se teme que el popular alimento termine por venderse sólo en pesos convertibles y volverse así inaccesible. Al son de la broma hay quienes aseguran que, cansada de tantas adulteraciones, la pizza terminó por repatriarse a Italia.

 

Yoani Sánchez

 

 

Nostalgia della pizza

Le pizze sono arrivate con forza negli anni Settanta per spezzare la tristezza del mercato razionato. Hanno invaso le nostre tavole imbandite con riso e fagioli, per portare una ventata di novità e colori. Ogni paese ha aperto la sua pizzeria, presentando una ricetta tipica, motivo di spavento per un cuoco mediterraneo, ma adatta al nostro gusto. Varie generazioni di cubani rammentano quelle pizze grosse, piene di pomodoro e con il bordo croccante.

Quando è arrivata la crisi degli anni Novanta i locali che servivano cucina italiana si sono messi a vendere solo infuso di buccia d’arancia e sigari. Lasagne e spaghetti, degustati durante i decenni “d’oro” del sussidio sovietico, sono diventati un motivo di nostalgia. Il cibo si è trasformato in un argomento di primo piano durante le riunioni tra amici ed le pizze evocavano i ricordi più intensi. Quando la spinta della fame e la non conformità ideologica ha prodotto le famose fughe a bordo di una zattera, nell’agosto del 1994, il governo ha autorizzato il lavoro privato. I perduti prodotti fatti con la farina sono tornati sulle nostre tavole per merito di questi commercianti.

Oggi molti impiegati cubani dipendono dalla pizza venduta per strada dai privati, grazie a lei compensano il deplorevole pranzo servito nei centri di lavoro. Tuttavia, da qualche mese, nelle caffetterie familiari scarseggiano le offerte. Le prolungate retate contro il mercato informale, prodotte dalla crisi dopo il passaggio degli uragani, hanno strangolato i venditori di alimenti. Questi lavoratori autonomi sono in difficoltà senza la deviazione delle risorse statali, perché non possono contare sul mercato all’ingrosso. Il popolare alimento finirà per essere venduto solo in pesos convertibili, diventando così inaccessibile. Alcuni ci scherzano sopra e assicurano che la pizza, stanca di tante sofisticazioni, ha deciso di rientrare in Italia.

 

Traduzione di Gordiano Lupi


 
 
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