Un giorno ci diranno che abbiamo avuto paura di avere pietà, di mostrare il nostro cuore, di aprire a chi ha bussato alla nostra porta, di ascoltare chi ci ha chiesto aiuto, di aver giudicato e accusato chi in silenzio ha portato con amore, dignità e dedizione la croce del proprio calvario. La rabbia e il risentimento riempiono gli animi sensibili alla pietà, alla compassione, al dovere di curare senza indagare, perchè il dolore non ha colore e il bisogno non ha confini. Tutto sta diventando spettacolo, ma dei più atroci, e la vita umana diventa per alcuni strumento per mostrare la propria prepotenza. I fatti di questi giorni sono così aberranti che ci fanno toccare il fondo. Quale Democrazia se si scavalcano tutte le forme di garanzia?. Quale futuro per il nostro paese, se non il baratro?. Fino a quando sopporteremo? Fino a quando taceremo? Si sveglieranno le nostre coscienze per riprenderci la vita del nostro paese e con essa la nostra identità?. È la peggior frode che si potesse pensare quella di volerci togliere la capacità di vedere e di agire.
Avevamo sempre pensato che noi italiani fossimo parte di una stessa famiglia, con le stesse radici e valori, che avessimo obiettivi comuni, che fosse sacro in ognuno di noi il legame che ci unisce nella difesa di quei valori che ci hanno contraddistinto come difensori dei principi di Democrazia e di Libertà, di rispetto del singolo e della collettività, come popolo capace di dire per sempre “NO” a ogni forma di violenza fisica e psicologica, non degna di uomini liberi. “NO”diciamo anche oggi a ogni forma di dittatura palese o celata ma iniqua, pronta a camuffarsi per sostituirsi alla Democrazia con falsa e infida demagogia.
Quante lotte, quanti sacrifici, quante rinunce, perché l’Italia uscisse dai momenti bui che l’hanno attanagliata, perché le nuove generazioni potessero raccogliere i frutti di un lavoro incessante volto alla difesa di quei principi con i quali siamo cresciuti e sui quali abbiamo basato la nostra difesa, con l’occhio attento a personaggi insigni, la cui fede incrollabile nei nostri valori storici, sono stati alle generazioni esempi di correttezza, di virtù, di rispetto, di spirito di eguaglianza, di modelli, affinché non si ripetessero mostruosità che, sebbene ricordate, non insegnano a chi oggi guarda le cose solo con spietato cinismo settario e che si nasconde dietro il potere. Non si può restare indifferenti di fronte a chi tenta sotto una parvenza di democrazia di fare demagogia, a chi, superati e azzerati valori e virtù, tenta di soggiogare l’individuo, azzerandone la volontà col miraggio dell’aiuto che è solo carità.
Ciò che rende un popolo libero è l’informazione e l’istruzione, ma noi ne siamo stati privati e col miraggio di progredire siamo regrediti nella più orrida grettezza, perché l’ignoranza ha preso il posto della sapienza, l’irrazionalità dell’intelligenza. La mancanza di rispetto occupa il posto della correttezza, il disgusto per chi crede di sapere e di saper governare si acuisce in chi ne vede chiari i limiti. Lo scherno, l’ironia, la facezia, danno vita ogni giorno a uno squallido spettacolo, dove ognuno si arroga il diritto, senza conoscerne il significato, di parlare di etica, di morale, di valori.
Il pensiero rischia di annichilirsi e la società si è abbruttita ed è completamente mutata ad opera di chi voleva tali cambiamenti e di chi ancora più colpevole, ha guardato più a se stesso che al paese, lasciando che diventasse preda di chi nel fondo lavorava, perché diventassimo vittime di un sistema in cui le parole più ricorrenti sono oggi: disuguaglianza, intolleranza, cattiveria, inciviltà. Il nostro era “il bel paese”! Tale, non solo per le sue bellezze, ma perché risorto da secoli bui di degrado, di sottomissioni, con una fede profonda nelle proprie capacità, nelle proprie speranze, nella propria storia, nel rispetto di chi aveva patito la guerra, l’emigrazione, l’umiliazione, fortificando lo spirito di affratellamento e di rispetto. Perché tanti ragazzi sono allo sbando e non riusciamo ad arginare problemi di bullismo ancora più degenerati?. Cosa più insegnare una scuola che decide in negativo sui sacri principi della convivenza?. Come insegnare ai nostri figli la tolleranza, se viene detto loro “Dobbiamo essere cattivi”, dobbiamo usare il pugno forte, dobbiamo organizzare le ronde? Fino a che livello ci possiamo spingere, senza sentire sul nostro stesso capo la mannaia che ci sveste della nostra stessa identità di persone civili? La distruzione dei campi nomadi, i roghi per strada, una recrudescenza di quei movimenti che noi ci sforziamo falsamente di ricordare, col miraggio che non si ripetano, sono lo specchio del nostro paese, del nostro “bel paese” che nessuno considera più tale né dentro né fuori i nostri confini.
Un paese la cui storia è calpestata da persone irresponsabili, perché lontane dai principi educativi, persone che non sanno che la scuola e l’informazione hanno il compito di formare, persone che dovrebbero porre l’educazione al centro del processo formativo che è stato, che è e che sarà base della società, che fallirà nei suoi obiettivi se eluderà questo compito. Persone che hanno dimenticato che cos’è la pietà, la compassione, che credono di tutelare la via, e non si accorgono che uccidono con parole, con gesti, con intrusioni incomprensibili, con la forza iniqua del potere, che rivolgono ad altri impunemente accuse ignobili che dovrebbero rivolgere a se stesse; che dovrebbero guardare con rispetto e apprensione chi lotta per il posto di lavoro, chi freme perché stretto dalla miseria, chi non ha un tetto, chi non ha un domani, chi resta attonito di fronte allo scempio che viene perpetrato a danno di chi ha bisogno, e non può difendersi contro forme di prepotenza inaudita, chi guarda con terrore le scuole in cui c’è divisione, separazioni materiali, in cui bambini entrano in classi diverse, in cui la diversità diventa una regola per sopraffare e distruggere, in cui non esiste pietà umana, in cui i bambini vengono educati secondo modelli comportamentali che pongono il nostro “bel paese” in un ruolo di inferiorità; un “bel paese” che si tinge di nero accanto al capezzale di chi non può né vivere né morire con rispetto e dignità. Raccolga l’invito a riflettere chi ancora sente di avere un cuore, ma specialmente coloro che si ergono a difesa dello spirito.
Verrà un giorno! E qualcuno tremò, perché il futuro è per tutti imponderabile anche per chi oggi si erge a giudice. Non giudicare se non vuoi essere giudicato e la mannaia aspetta tutti e chissà se avremo la forza di quel padre, chissà se nel bisogno, costretti, andremo a farci visitare con la paura di essere denunciati. Ma per fortuna i più rifiutano ogni dettame, segno che lo spirito di libertà è vivo e che seminerà di nuovo. Rifiutiamo la tesi dell’arrendevolezza e insieme diciamo forte e chiaro “NO”.
Anna Lanzetta
In copertina: George Grosz (1893-1959) pittore tedesco espressionista.