C’è un paio di scarpette rosse
C’è un paio di scarpette rosse
Numero ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica
“Shulze Monaco”
c’è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio di scarpette infantili
a Buchenwald
più in là c’è un mucchio di riccioli biondi
di ciocche nere e castane
a Buchenwald
servivano a far coperte per i soldati
non si sprecava nulla
e i bimbi li spogliavano e li radevano
prima di spingerli nelle camere a gas
c’è un paio di scarpette rosse
di scarpette rosse per la Domenica
a Buchenwald
erano di un bimbo di tre anni
forse di tre anni e mezzo
chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni
ma il suo pianto lo possiamo immaginare
si sa come piangono i bambini
anche i suoi piedini
li possiamo immaginare
scarpa numero ventiquattro
per l’eternità
perché i piedini dei bambini morti non crescono
c’è un paio di scarpette rosse
a Buchenwald
quasi nuove
perché i piedini dei bambini morti
non consumano le suole.
Joyce Salvadori Lussu
Non c’è strumento più efficace della parola per educare al rispetto di chi non c’è più… A questi bimbi, ai quali accomuniamo nella memoria tutti i bimbi che la guerra e lo sterminio condannano a simile destino, noi regaliamo fiori, perché fiori recisi sono nel momento del trapasso e come fiori devono sbocciare nel ricordo di ognuno di noi per non essere dimenticati.
…c’è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio di scarpette infantili
a Buchenwald
più in là c’è un mucchio di riccioli biondi
di ciocche nere e castane…
La parola, nel suo potere evocativo, rende tangibili le cose, le persone, le situazioni, che nessuno potrà mai negare.
…erano di un bimbo di tre anni
forse di tre anni e mezzo
chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni…
…perché i piedini dei bambini morti non crescono…
Questa non è invenzione, questa è verità!
Joyce Salvadori (Gioconda Salvadori), più nota con il nome da sposata di Joyce Lussu (Firenze, 8 maggio 1912 – Roma, 4 novembre 1998) è stata una scrittrice, traduttrice e partigiana italiana, medaglia d'argento al valor militare.
- La patria è dove si sta bene, diceva: dove si vive in armonia con i vicini, dove si ritorna volentieri come a casa, ritrovando gli amici. Ma esistere significa anche passare le frontiere e conoscere gli altri, diversi ma simili a noi. "Si ride e si piange tutti nella stessa maniera", soleva dire. L'odio e la violenza nascono dallo sfruttamento, dalla coercizione, dalla rapina del necessario vitale: il cibo, il riposo, l'affettività, il pensiero, la libertà, ugualmente necessari all'uomo e alla donna.
Raccontare era il suo modo di porgere il suo pensiero, perché all'origine di ogni persona e di ogni cosa c'è sempre un racconto.
E noi, continuando il suo pensiero, raccontiamo.
A cura di Anna Lanzetta