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Yoani Sánchez. Locomotiva
28 Gennaio 2009
 

Dal blog Generación Y

28 gennaio 2009

 

 

Lokomotiv

Comenzó con un pico y una pala, sembrando los pesados travesaños que soportan las líneas de los trenes. Su padre había sido también ferroviario y un tío logró incluso conducir los vagones, cargados de cañas, hasta el central. Era muy joven y ya su vida estaba unida al itinerario de una locomotora, con su hilera de coches estridentes y repletos. Pasados algunos años, logró tener –finalmente- un timón entre sus manos y llevar la serpiente metálica por los campos cubanos. Mi padre se hizo maquinista, cumpliendo con una larga estirpe familiar, que llevaba décadas unida al ferrocarril.

Más de una vez, yo misma manejé una de esas máquinas en algún tramo tranquilo, mientras él supervisaba mis movimientos y me enseñaba a tocar el silbato. “Tuvimos trenes antes que España” decía mi abuelo paterno, siempre que alguien le preguntaba sobre su trabajo. Así crecí, oliendo el metal de los frenos que chirriaban en cada parada y dándole cuerda a mi trencito de juguete, rodeado de arbolitos de plástico y vacas en miniatura.

La caída del socialismo en Europa hizo que se descarrilara la profesión familiar. Muchas locomotoras se pararon por falta de piezas, los viajes se hicieron más espaciados y las tardanzas habituales. Salir de La Habana con rumbo a Santiago podía demorar lo mismo veinte horas que tres días. En algunos pueblos pequeños, los vagones eran asaltados por campesinos necesitados que robaban parte de la mercancía transportada. Los altavoces de la estación central repetían sin cesar: “La salida del tren con destino a… ha sido cancelada”. Mi padre se quedó sin trabajo y sus colegas comenzaron a ganarse la vida en diversas labores ilegales.

De ese accidente no se ha recuperado el ferrocarril en Cuba. Líneas envejecidas, largas colas para comprar un boleto y la caída en desgracia de toda una profesión, han hecho que este medio de transporte goce de la peor de las reputaciones. “Al ritmo que vamos, dejaremos de tener ferrocarril antes que en la Península” dice mi padre con sorna. Su mirada no está fija en la rueda que comienza a desmontar –en su nueva profesión de ponchero de bicicletas- sino que mira a un punto más allá, a esa mole de hierro que él guió por esta  Isla larga y estrecha.

 

Yoani Sánchez

 

 

Locomotiva

Cominciò con pala e piccone, disseminando le pesanti traverse che sostengono le linee dei treni. Pure suo padre era stato ferroviere e uno zio riuscì persino a guidare i vagoni, carichi di canna da zucchero, verso il centro di raffinazione. Era molto giovane ma fin da allora la sua vita sembrava collegata all’itinerario di una locomotiva, con la sua teoria di vagoni stridenti e stipati. Trascorsi alcuni anni, riuscì a ottenere - finalmente - un timone tra le mani e a condurre il serpente metallico per le campagne cubane. Mio padre divenne macchinista, seguendo una lunga tradizione familiare, che da decenni viveva collegata alle ferrovie.

Più di una volta, io stessa ho guidato una di quelle macchine per brevi tratti non pericolosi, mentre lui controllava i miei movimenti e mi insegnava a usare il fischietto. “Abbiamo avuto i treni prima della Spagna” diceva il mio nonno paterno, quando qualcuno gli chiedeva del suo lavoro. Sono cresciuta così, annusando il metallo dei freni che stridevano a ogni fermata e dando corda al mio trenino giocattolo, circondato da alberelli di plastica e mucche in miniatura.

La caduta del socialismo in Europa provocò il deragliamento della professione familiare. Molte locomotive si fermarono per mancanza di pezzi di ricambio, il numero dei viaggi fu ridotto considerevolmente e i ritardi divennero la normalità. Un viaggio dall’Avana a Santiago poteva durare venti ore come tre giorni. In alcuni paesini, i vagoni venivano presi d’assalto da contadini indigenti che rubavano parte della merce trasportata. Gli altoparlanti della stazione centrale ripetevano senza sosta: “La partenza del treno diretto a… è stata cancellata”. Mio padre rimase senza lavoro e i suo colleghi cominciarono a guadagnarsi la vita ricorrendo a occupazioni illegali.

Le ferrovie cubane non si sono più riprese da questo evento negativo. Al momento il treno gode la peggiore delle reputazioni, a causa di linee inadeguate, lunghe code per acquistare un biglietto e per via della caduta in disgrazia di tutta una professione.

Di questo passo, a Cuba chiuderemo le ferrovie prima della Spagna” dice mio padre con sarcasmo. Adesso la sua nuova professione è il gommista di biciclette, ma il suo sguardo non si ferma alla ruota che sta smontando, va un poco oltre, ricorda quel colosso di ferro che un tempo ha guidato lungo le strade ferrate di un’Isola lunga e stretta.


Traduzione di Gordiano Lupi


 
 
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