Il cardinale Angelo Bagnasco, ha affermato che il diritto di morire non esiste, giacché «il vero diritto di ogni persona umana è invece il diritto alla vita che infatti è indisponibile».
Il ragionamento sembra non fare una piega, in realtà, con tutto il rispetto per il cardinale, nel discorso c'è illogicità e contraddizione. Non si vede perché, infatti, il diritto alla vita dovrebbe escludere il diritto di morire. Sarebbe come dire che il mio diritto di parlare non mi dà il diritto di tacere. Ma le incongruenze appaiono evidentissime qualora il discorso venga riferito a casi particolari in cui la vita sia insopportabile per chi ne è detentore.
Al malato terminale, infatti, che soffre e non vuole vivere, non gli si può dire: hai diritto di vivere. Al più gli si potrebbe dire: hai il dovere di vivere. Il cardinale afferma poi che la vita è indisponibile; e perché allora devono disporre altri della mia vita, e costringermi a conservarla se non voglio?
Ma la contraddizione sulla indisponibilità della vita, è ancora più evidente riguardo al caso di Eluana Englaro. Per la verità, a "disporre" della vita di Eluana, a negargliela, fu un terribile maledetto incidente stradale. Ma chi da diciassette anni sta esercitando il suo potere (benevolo, per carità!) sul suo corpo privo di coscienza? Chi vorrebbe continuare ad esercitare tale potere ancora per un tempo indefinito? Perché scandalizzarsi se i giudici hanno stabilito che si debba por fine all'esercizio di quel potere?
Miriam Della Croce