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Riccardo Cardellicchio: Fermate La Pira. Romanzoweb a puntate. X
Paolo VI e La Pira
Paolo VI e La Pira 
25 Gennaio 2009
 

128.

Ancora una partenza.

Sei contento, torni a Firenze”. Barbara è davanti a me, in casa sua.

Pensavo d’esserlo di più”.

Non cercare d’addolcire la pillola”.

È la verità”.

Barbara diventa caposervizio di Grosseto e, da una redazione provinciale, le mandano un altro redattore: uno che deve farsi le ossa.

Io torno a seguire la politica fiorentina. La qualifica di caposervizio mi rimane.

Barbara m’abbraccia e sento che tira su. “Non credevo di ricascarci”, dice.

Ci baciamo. Lei vuol lasciare un buon ricordo di sé.

Firenze non è in capo al mondo”, dico.

Sì, ma io ti voglio ora”, dice. E raggiunge la camera da letto.

 

129.

Ci sono un morto e ventiquattro feriti a Licata, in Sicilia, nello scontro tra Celere e dimostranti. La gente è scesa in piazza contro la disoccupazione.

Fascisti, a Ravenna, dànno fuoco all’abitazione del senatore comunista Arrigo Boldrini.

Vado a trovare La Pira.

Lo vede – dice – che ci ritroviamo?”

Devo ringraziarla”.

Si figuri. A me serve uno come lei e io servo a lei. Non è così?”. Ridacchia.

Non è proprio così. Ma facciamo finta”. Rido anch’io.

A Roma, le organizzazioni partigiane indicono una manifestazione antifascista. È autorizzata e poi proibita. Gli organizzatori non ne tengono conto. Intervengono i carabinieri a cavallo, comandati da Raimondo D’Inzeo, che la gente ha l’abitudine d’applaudire a Piazza di Spagna, nelle gare d’equitazione.

Rimangono feriti seriamente alcuni deputati del Pci e del Psi.

La Dc s’affretta a rivolgersi al Paese con una dichiarazione in cui mette in risalto la sua fedeltà agli ideali della Resistenza e ai valori della libertà.

Mi telefona Barbara. “Tutto bene a Firenze?”

C’è elettricità”.

Anche qui”.

Come stai?”

Come vuoi che stia. Ero abituata male. E te?”

Lavoro, lavoro, lavoro”.

Hai trovato casa?”

Sì, in Santa Croce. Non mi lamento”

Ho voglia di te”.

Anch’io”.

T’aspetto”.

 

130.

Ovidio Franchi, Lauro Farioli, Marino Serri, Emilio Riverberi, Afro Tondelli: i ragazzi con la maglietta a strisce. Rimangono sulla strada , a Reggio Emilia. Le loro vite bruciate dalla Celere, mobilitata per soffocare una grossa manifestazione antifascista.

La Pira mi dice: “Non è questa l’Italia che amo. Non è questo che voglio dalla Dc. A novembre ci sono le elezioni amministrative. Se continua di questo passo, con che clima ci arriviamo?”

I democratici chiedono che Tambroni si faccia da parte”.

Deve farsi da parte. La Dc deve riallacciare il dialogo con gli altri partiti. Cominci pure da quelli di centro”.

Palermo. Catania. Altre vittime.

Tambroni non cede di un millimetro.

Che vuole quest’uomo? Dio, che casino ha combinato Gronchi.

È un luglio molto caldo.

La notte, quando esco dal giornale, cammino volentieri, una copia fresca in tasca. Che lascio, sempre, a un ometto che m’aspetta in piazza Santa Croce. È un pensionato, che soffre d’insonnia da quando gli è morta la moglie. “Diobòno, un dovea fammela una ‘osa di’ genere”, biascica di continuo.

 

131.

 Firenze sportiva, e non solo, è in festa. Gastone Nencini vince il Tour de France.

Il giorno dopo, sessantuno intellettuali cattolici firmano un documento contro “le tentazioni autoritarie e la collaborazione coi neofascisti”.

Il giorno dopo ancora, Tambroni – finalmente – rassegna le dimissioni. Questa volta Gronchi le accetta.

Spetta Fanfani fare il nuovo governo. È un monocolore. Votano a favore Dc, Psdi e Pli. S’astengono monarchici e Psi. Votano contro Pci e Msi. È il governo definito delle convergenze parallele per le due astensioni destinate a non incontrarsi mai, vista la collocazione, ma entrambe utili, se non preziose, per Fanfani.

Anche agosto comincia con il gran caldo.

Tutto è pronto, a Roma, per le Olimpiadi.

Sono a Grosseto quando Livio Berruti vice la medaglia d’oro nei duecento metri.

Barbara ha comprato un  televisore piccolo, che tiene in camera. “Mi fa compagnia”.

Vince l’oro anche Raimondo D’Inzeo, nell’equitazione. Non riesco ad applaudire. I morti di Reggio Emilia me lo impediscono.

Barbara: “Claudio, penso proprio che mi sono fregata. Con te. Eppure so bene in che condizioni ti trovi”. Si muove per casa completamente nuda. “Non sono un’indossatrice, né una vamp, e farei bene a coprirmi. Ma ho caldo”.

No, rimani così”.

 

132.

Professore, allora che fa? Sento sostenere che la Dc non la vedrebbe male capolista a Firenze”, dico.

lei pensa che la storia possa ripetersi?”

perché no?”

Sono convinto che al mio sì, si scatenerebbero nuovamente gli elementi. Io amo Firenze, ma non so se Firenze mi ama”.

L’ultima volta ha ottenuto una valanga di preferenze. La Dc ha vinto grazie a lei”.

Io non penso all’elettore comune. Quello sì. Quello può volermi bene perché un po’ di cose, devo ammetterlo, le ho fatte. No, io parlo dei politici. Pubblicamente dicono meraviglie, nelle segrete stanze ne architettano di cotte e di crude contro di me. Per tenermi in bilico. Per timore che abbia tropo potere. Per timore che apra le porte ai comunisti”.

Gnte come Pistelli non mi sembra capace di tanto”.

No, Pistelli no. Mi fido di Pistelli. Se non ci fosse lui”.

 

133.

Sei tornato – dice la voce metallica – per ridare voce a quell’invasato?”

Sono stupito. Mi sembra di piombare indietro nel tempo.

Fatti miei”, dico tra il serio e il faceto.

Questi possono essere anche fatti di altri”.

Sei stai nel buio, puoi pretendere proprio poco”.

È dal buio che s’ottiene di più”.

Se lo dici te”.

Lo dico perché è così. Tante cose neanche ti hanno sfiorato, nel passato”.

Questo lo so. So anche che una collega, la mia donna, ci ha rimesso la vita. E l’ho qui nel gozzo, che non mi va né insù né ingiù. Se la vuoi sapere tutta, non mi va giù neanche la morte della Volpe”.

Codesti fatti, e altri che ignori, fanno parte del buio”.

Anche la scomparsa di La Pira, per tutti quei giorni, fa parte del buio”.

Bravo, anche quella”.

È inutile che stia a parlare con uno sconosciuto. Uno dal quale posso tirare fuori poco o nulla. Se non quel che vuole lui.

Ti saluto. Ho da fare”, dico.

Guardati le spalle”.

Minacci?”

Non tutti hanno apprezzato il tuo ritorno”.

 

134.

Hombert Bianchi è una brava persona. Un buon direttore. Però si sussurra che sia destinato a durare poco.

Gli racconto le minacce ricevute e lui risponde che, di cervelli bacati, ce ne sono in giro parecchi. Anche a Firenze. Aggiunge: “Evita, la notte, d’andare a casa a piedi. So che hai una 500 che usi poco”.

È vero. In pratica, l’ho comprata e messa lì. Quasi dimentico d’averla.

Avvertiamo le forze dell’ordine”, dice. Lo vedo preoccupato.

La notizia arriva a La Pira. “Che le ho detto? Gli sto proprio sullo stomaco e vogliono fare il deserto intorno a me”.

Non precisa chi.

 

135.

Chiedo se il Mandragola è sempre in giro. Alcuni colleghi non sanno neanche chi sia. I più anziani e sgamati rispondono che sì, è in giro e si sta facendo strada con gomitate assestate senza riguardi.

Vacci prudente”, mi dice Renzo Battiglia. Un saggio. Lo stimo. È arrivato al Giornale del Mattino dopo la chiusura del quotidiano La Patria. E Mario Francini, un altro collega che stimo: “Quello più si tiene lontano, meglio è”. Spesso la gente mi scambia con Francini per via che i nostri cognomi si assomigliano. Nel mio c’è una h in più.

Francini mi parla di storia e lo fa con parole semplici. È la sua grande passione. Ha in cantiere un paio di libri.

 

136.

La Pira è in piedi alla finestra e guarda fuori. Entro piano. Si volta subito. Mai visto così serio.

Professore, qualcosa non va?”

Più di una cosa, amico carissimo”.

Per esempio?”

Vogliono farmi prigioniero. Politicamente. Non sono disposto. Non sono disposto”.

È Roma??”

Roma? Sì, Roma. Ma qui, a Firenze, c’è qualcuno che fa da sponda”.

Chi?”

Gente che ha l’appoggio di parte della Curia. Giocano duro. Sporco. C’è da aspettarsi di tutto”.

Vede che prendo appunti. “No, non deve scrivere una parola, oggi. Potrebbe correre qualche rischio anche lei”.

Di che tipo?”

Ne ha avuto prova in passato”.

Dobbiamo smascherarli”.

Sono bravi a non lasciare prove”.

Ha intenzione di mollare?”

No. Ma soffro. Soffro perché dei credenti, dei cattolici si comportano nel segno del male”.

Rimetto il taccuino in tasca.

 

137.

Vorrei poter scrivere di cinema per protestare. Non mi va giù che il produttore Goffredo Lombardo abbia deciso l’oscuramento di quindici minuti  del film Rocco e i suoi fratelli, senza dire una parola al suo regista, Luchino Visconti. Ha ceduto alle richieste della magistratura.

Anche l’altro non è meno grave. Carmelo Spagnolo, procuratore della Repubblica di Milano, ha sequestrato L’avventura, film di Michelangelo Antonioni, accusandolo di oscenità.

 

138.

6-7 novembre. Si rinnovano consigli provinciali e comunali. Firenze ha gli occhi di tutti addosso. La Pira è il capolista della Dc. Su di lui si punta per dare una sterzata alla politica italiana. Ha vinto l’amore per Firenze.

Non faccio previsioni. Do per scontata la vittoria di La Pira. I comunisti non hanno la forza sufficiente, da soli, per impedirla.

Telefono a Barbara. Si sta facendo un mazzo così con risultati scarsi. “Neanche se glielo regali, lo vogliono, il nostro giornale. Che dicono costì?”

Sento mormorare che esamineranno la situazione dopo le elezioni”.

Non credo che vogliano tagliere un giornale così”.

Lo pensavo anche del Nuovo Corriere, invece l’hanno cancellato nel giro di pochi giorni”.

 

139.

La Pira vince. Il Pci è battuto, in controtendenza. A livello nazionale, il Pci avanza. La Dc tiene. Mentre il Psi fa passi indietro.

A Roma, la Dc va con la destra. A Napoli, governa la destra. A Bologna, le sinistre.

E a Firenze?

A Firenze passano i giorni e non si vedono soluzioni. Voci tante.

Bianchi mi guarda sconsolato. I miei tentativi di sapere vanno a vuoto, un giorno dopo l’altro.

I comunisti scalpitano.

Mi cerca Bilenchi. Vorrebbe indiscrezioni. Non ne ho. “Clima strano. Sembrava cosa fatta dopo il voto. Invece non è così”.

È una svolta storica, se ce la fanno. Se ce la fa Pistelli. Se riesce a quietare Roma”.

E te come stai?”

Bene. Nel mio cantuccio. Chi sa più che esisto? Curare la terza pagina di un quotidiano come La Nazione ti consente di vivere vita tranquilla. Qualche volta ingoio rospi, ma penso che ne ho dovuto ingoiare uno gigante e mi tranquillizzo. Vittorini s’è fatto vivo. Mi ha chiesto di collaborare, ma ho detto che sto bene così. E te ti trovi bene?”

Per ora. Hombert Bianchi è un buon direttore. Certo, il giornale è piccolo e si porta dietro qualche problema”.

Non lo chiudono. Non possono permetterselo”.

Dopo la storia del Nuovo Corriere, non mi fido di nessuno”.

 

140.

Natale e fine anno con Barbara. Sento un grande vuoto dentro di me, e intorno. Barbara m’osserva spesso, in silenzio. Me n’accorgo. Avrebbe voglia di farmi domande, di chiedermi che diavolo mi succede. Non saprei risponderle. Si mischiano molte cose. Meno male sta zitta.

Non è escluso che ci sia un certo condizionamento dall’esterno, di quel che accade a Firenze. In politica. No, non ho paura. Sì, ci sono state le minacce. Ma non le considero più di tanto. So che non scherzano. Non hanno scherzato con la Volpe e con Chiara. Però non riesco ad aver paura. Mi guida, forse, una certa dose d’incoscienza.

 

141.

Ridacchia, La Pira. “Con Pistelli non si scherza. Sale su questo treno soltanto chi ne è convinto, chi ci crede. Gli altri, abituati a montare per mettere i bastoni tra le ruote, rimangono a piedi, al palo”.

Lei è convinto di fare la sua terza esperienza?”

Obbedisco”.

Dovrà dimettersi da parlamentare”.

Lo farò a tempo debito”.

Lei, che si dice uomo del non potere, finisce per essere uomo di potere”.

Non lo sarò mai, nonostante le apparenze. Ho detto di sì, perché sono innamorato di Firenze”.

C’è chi la vorrebbe da altre parti. In un convento, per esempio”.

Amo la vita del convento, ma questo non m’impedisce d’uscire la mattina per dedicarmi a Firenze e, attraverso di lei, al mondo. Alle città del mondo. Alla convivenza pacifica”.

Lo guardo e mi sembra in pace con se stesso. Vorrei essere come lui. Ecco, l’ho detta. Vorrei essere come lui. Lui sa quel che vuole. Sa per cosa vive e combatte, prendendo anche qualche rischio.

Dice: “Confesso: se c’è una cosa che non mi piace, sono le elezioni d’autunno. Il tempo condiziona non poco. Piove spesso. Fa freddo. La gente non è invogliata a partecipare. Si rintana. Invece io ho bisogno d’incontrarla, la gente”.

 

142.

Telefona, Barbara, per annunciare una novità che già conosco. “Chiudono la redazione. Lasciano un corrispondente. Uno pagato a pezzo. Non si vende. Non si riesce a vendere. Siamo schiacciati”.

Lo so. So che chiudono anche altre realtà. Le affidano a corrispondenti. Gente che costa poco o nulla”.

Siamo in crisi?”

Ci sono difficoltà. Andiamo bene il lunedì, con lo sport. Ma non basta”.

C’è pericolo?”

Per ora, no”.

Sai che vengo a Firenze?”

Sì”.

Mi dànno la nera. Aiuterò Gian Paolo Cresci. Non ho fatto storie. In una situazione del genere, non mi va di farle. Eppoi mi preme venire a Firenze”.

A Firenze si sta bene”.

M’ospiti?”

Certo. Ma senza spargere la voce”.

Per un periodo, in attesa che trovi una stanza. È bene non dare fiato alle trombe”.

Se è per questo, dove sto io c’è un’altra stanza disponibile. La padrona di casa è un po’ ficcanaso, ma brava. T’aspetto”.

A braccia aperte?”.

A braccia aperte”.

 

143.

Trovo il Mandragola nel suo studio, gli occhiali spessi, sul volto un’espressione – la solita – che non sai decifrare.

Perché questa visita?”

Corre voce che rimanga nuovamente fuori della giunta”.

E chi ha detto che dovessi entrarvi?”

Sembrava”.

Appunto, sembrava”.

Non mi ha dato la mano, né m’ha invitato a sedermi. Gli rimango davanti in piedi, il taccuino in una mano e la stilografica nell’altra.

Non deve scrivere una parola”.

Neanche un giudizio sulla scelta d’andare al centrosinistra?”

Neanche una parola”.

Non è d’accordo. Lei non li ama, i socialisti”. Non risponde. “ Lei non ama La Pira. Potesse cancellarlo, lo farebbe”. S’alza. Vedo che si trattiene. “Qualcuno m’ha detto, al telefono, che dal buio s’arriva lontano. S’ottengono molte cose. Lei è uno di quelli che agisce nel buio. Ne sono convinto da anni. Peccato che non abbia prove”.

Se ne vada”.

Uno come lei fa male a tutti. Anche a se stesso”.

Non si faccia più vedere”.

Prima o poi i nodi vengono al pettine. Vecchio detto sempre valido”.

Esco. Respiro profondo. Soddisfatto. Più tardi ci ripenso e non m’assolvo. Potevo risparmiarmela.

 

144.

Barbara è arrivata. Abbiamo dormito insieme. Ha dato il massimo, contenta di darlo.

Mi viene facile con te. Spontaneo. Senza vergogna. Non è mai stato così, né con il marito né con il pidocchio”.

Ritengo che non voglia commenti, e non ne faccio. Evito anche, dentro di me, paragoni. Non voglio farmi male.

M’assale il pensiero di Chiara, ogni tanto. Ma, da quando sto a Firenze, non sono andato più sulla sua tomba. Mi riprometto d’andarci in un giorno di corta, di riposo, però rimando sempre. Con una scusa. Anche i contatti con la famiglia si sono diradati. Amina mi telefona. Poche parole: come stai? E te? E i tuoi?

Tutto molto formale.

Non do la colpa a Barbara. La do a me stesso.

Barbara ha occupato la stanza libera. Abbiamo l’uso cucina in comune, e il giorno è lei a cucinare. Niente di straordinario. La sera mangiamo – poco – al bar del giornale.

A Barbara va bene. “Ho l’opportunità di dimagrire qualche chilo. Te, non so”.

Sono sempre di poco pasto“.

E bevi acqua”.

Bevo acqua e non fumo”.

Sei uno da sposare”. Barbara ride di cuore. “Fortunata quella che riesce a incatenarti. Perché, mio caro, per tenerti ci vuole una catena. Sennò, sono dolori”.

Sono così inaffidabile?”

Imprendibile. Sgusci come un’anguilla. Vorrei poter entrare nel tuo cervello e nel tuo cuore per vedere che c’è. Perché qualcosa c’è. Qualcosa che ti fa essere così. Non sei un cattivo ragazzo. Per carità, no. Sei uno che tiene tutto dentro, e lo protegge con una bella corazza.”. Sospira. “E ora, dopo questa bella sparata, t’invito al cinema. Abbiamo qualche ora a disposizione. Andiamo a vedere La dolce vita di Fellini. Il nostro critico ne ha parlato in modo ambiguo. Altri, chi l’ha visto, dice che è un bel film. Un modo nuovo di raccontare. Tasselli di un mosaico rappresentato da Roma e un certo ambiente popolato da intellettuali, attori, nobili veri o fasulli, perditempo, millantatori”.

Vengo perché so che protagonista è un giornalista. L’attore, confesso, non è tra i miei preferiti. Come si chiama? Ecco, Mastroianni”.

Chi gli preferisci?”

Gasmann, per esempio”.

È troppo mattatore. Come lo spettacolo che ha fatto in tv. Troppo pieno di sé. Troppo birignao”.

E Albertazzi?”

Stessa pasta. Stanno bene in teatro”.

Recitare non è uno scherzo, neanche in un film. Bisogna avere gli attributi”.

Parliamo di attore camminando verso la sala cinematografica. C’infiliamo Amedeo Nazzari, Rossano Brazzi, Alida Valli, Arena, Salvadori. Facciamo uno di quei miscugli. Alla fine, prima di fare il biglietto, concludiamo con un verdetto che ne salva pochi. La maggior parte sono bluff. Ma che non mi si tocchino la Mangano e la Magnani.

Il cinema m’appassiona. Ho tentato di scrivere un soggetto, finito da qualche parte.

Sala strapiena. Film lungo. Due anziane colte da malore.

C’è chi s’annoia. A me va giù liscio. Pure a Barbara. “Fellini – dice – è uno che propone cose nuove. La Strada e I vitelloni sono notevoli”.

I vitelloni più della Strada”.

 

145.

Conosce padre Ernesto Balducci?”

Di fama”.

Grande mente. E la rivista che fa?”

Leggo Testimonianze. Apre la mente”.

Giusto, apre la mente. A lei fa questo effetto. Ad altri fa l’effetto contrario. Spina nel fianco. Scandalo. Bestemmia”.

La Pira è tranquillo. Non so come possa esserlo. I giorni passano e Palazzo Vecchio non ha un governo.

Anche al giornale sono preoccupati. Qualcuno dice: “Colpa dei socialisti”.

Gli fanno eco in diversi. “Meglio i comunisti”, azzarda la voce catarrosa del decano dei giornalisti, il collega che ormai può dire tutto. Nessuno osa contraddirlo. Io meno degli altri.

 

146.

Ettore Bernabei è nominato direttore generale della Rai. Ha fatto un bel salto, così giovane.

Si discute al giornale sulle sue qualità.

È un marpione”. “Un politico più che un giornalista”. “Speriamo che regga”. “In Rai dovrà tener conto delle diversità”. “Dovrà usare il misurino”.

 

147.

A Milano viene eletta la prima giunta organica di centrosinistra. Sindaco è il socialdemocratico Gino Cassinis. È gennaio. A febbraio, a Genova, il democristiano Vittorio Pertuso guida una giunta di centrosinistra.

E Firenze?

Firenze, che avrebbe dovuto essere la prima, è lì in stallo.  Chi o cosa la frena?

La Curia la frena”, dice Battiglia.

La Curia? Ma no. Sono i socialisti”.

C’è ci sorride e chi scuote la testa.

Hombert Bianchi entra in redazione. E tutti tacciono. Lui  è divertito. Mi chiama. “Claudio, non mollare La Pira. C’è aria nuova. Hanno contribuito a cambiarla Milano e Genova”.

 

148.

In Piazza Indipendenza. Cammino a testa bassa, Penso all’articolo da scrivere tra poco. Ho parlato con La Pira, Pistelli ed Enzo Enriquez Agnoletti. Ostacoli? Non dovrebbero essercene più. Si dovrebbe arrivare, finalmente, alla Giunta di centrosinistra. Sindaco La Pira, vice Agnoletti. In Giunta anche Nicola Pistelli e i socialisti Edoardo Detti, Carlo Furno e Raffaello Ramat. L’appuntamento è per il 1° marzo.

Ciao”, sento dire.

Alzo lo sguardo. Ed è lì, davanti a me. Lucia.

È un’emozione.

Ciao”, dico.

Come stai?”, dice

Abbastanza bene. E te?”

Me la cavo”.

Dove stai andando?”

Al lavoro”.

Hai cinque minuti?”

Certo. Perché?”

Posso offrirti un caffè? Una bibita?”

Volentieri”.

Entriamo nel bar più vicino. Le indico un tavolino con due sedie. Lo spazio è limitato. Ordino due caffè alti.

È un bel po’ di tempo che non ci vediamo”.

Sono stato lontano da Firenze”.

Dove?”

A Grosseto. In pratica, con la chiusura del Nuovo Corriere, ho dovuto ricominciare con il Giornale del Mattino. Ho temuto, a un certo punto, di rimanere disoccupato ed essere costretto a tornare dai miei. M’è andata bene. E ora sono qui, a Firenze, di nuovo cronista politico”.

Ho saputo che quella tua collega è morta all’improvviso”.

Chiara. Sì, è morta all’improvviso per un aneurisma, forse causato da un’aggressione di qualche tempo prima. Lei sapeva che sarebbe morta presto… da un momento all’altro. Ma non ha detto nulla. A nessuno. Neanche ai genitori. Una perdita dolorosa”.

L’amavi?”

La domanda mi spiazza. Devo rispondere. Devo essere sincero. “Le volevo bene. Era una cara persona. Una collega intelligente”.

Stavate insieme?”

Sì”.

Lei annuisce, gli occhi bassi. Beviamo il caffè lentamente.

Hai un’altra donna?”

Ho una simpatia. È una collega. Una più vecchia di me di cinque anni o giù di lì. Una non invadente. Ci siamo incontrati a Grosseto. Mi ha teso una mano in un momento difficile”.

Capisco”. Guarda l’orologio. S’alza. “Devo andare”.

Digià?”. Mi viene spontaneo. Lei ristà un momento. Non se lo aspettava? “L’orario è orario. Sai che non mi piace fare tardi”.

Sì, lo so. So anche altre cose. Tante. E le ricordo tutte. Non posso dimenticarle”.

È commossa. Non lo nasconde. “Devo proprio andare, ora”.

Esce di volata. Improvviso, il pensiero mi va alla sua fuga dal ristorante. Mi rendo conto che la ferita è lì, non rimarginata. Rifletto. Ha evitato di parlare di sé. Anche perché non ho avuto la possibilità e il tempo di farle domande in questo senso. Possibilità? Tempo? O non piuttosto paura?

 

149.

Va come previsto. La Pira è sindaco per la terza volta. Al giornale, ci si sente riavere.

Ha visto – mi dice La Pira – con Pistelli non si scherza”. Mi mette una mano su una spalla. “Abbia fede”.

 

150.

Barbara disquisisce su urlatori e cantautori. Parla di Mina, Milva e Celentano. Le piacciono. La divertono. Ma i cantautori, tipo Gino Paoli, Pino Dosaggio e Umberto Bindi, la conquistano. La fanno sognare. La commuovono anche. Mi fa ascoltare Un uomo vivo di Gino Paoli e Arrivederci di Umberto Bindi.

Che ne dici?”

Non male”.

Non male?”

Non male. Modugno è un’altra cosa”.

D’accordo. D’accordo. Però non puoi limitarti a lui”.

Pensala come vuoi”.

 

151.

1961. È l’anno del centenario dell’Unità d’Italia. Si sostiene che gli italiani stanno meglio perché acquistano a rate. Nascono nuove periferie. Barbara le definisce dormitori. In alcuni casi, sono ghetti. In Toscana arriva tanta gente dal Sud. S’ha un bel dire, ma il divario tra Nord e Sud si sta accentuando. C’è anche una forte immigrazione interna, in Toscana. Le campagne del Senese, avare, si spopolano. Le famiglie approdano in zone economicamente più allettanti. Il Valdarno Inferiore è preso d’assalto. Tira come non mai il settore abbigliamento: concerie, calzaturifici, borsettifici, calzifici, confezioni, maglifici hanno bisogno di mano d’opera. E le imprese edili, impegnate nello sviluppo, abbisognano di manovali e mezze mestole.

Si lavora molte ore il giorno. Le donne, le casalinghe, hanno ritagliato uno spazio nei garage o, addirittura, nelle cucine  per una macchina da cucire. Cuciono di tutto: dalle tomaie ai trench.

Meglio che lavorare nei campi. Meglio che passare le giornate in piazza, in attesa di un lavoro infame, caso mai controllato dai caporali mafiosi.

 

152.

Cresci e Barbara entrano in redazione. Sono preoccupati. Faccio segno a Barbara, come dire che c’è?, e lei, con un gesto, mi fa capire che me lo dice dopo, più tardi.

Entrano dal direttore.

Escono un’ora dopo. Barbara mi raggiunge.

Allora?”, chiedo

Ci siamo imbattuti in una notizia delicata”.

Di che genere?”

La morte di un monsignore”. Aggiunge nome e cognome .

Accidenti. E com’è morto?”

Questo è il punto. È morto di morte violenta”.

S’è ammazzato?”

O l’hanno ammazzato”.

O via”.

La polizia non si sbilancia. Non vuole che se ne parli. Ci hanno terrorizzati: scrivete una riga su questa storia e vi si seccano le notizie. Ci siamo guardati in viso. Tutti. E abbiamo rimandato ogni decisione ai direttori”.

Bianchi come la pensa?”

È propenso a non creare confusione, anche se si rende conto che la notizia è ghiotta. D’altra parte, la nostra collocazione – come giornale – c’impone una certa discrezione. Comunque, ha detto di non mollarla, la notizia. E io non la mollo. Non succede tutti i giorni che un monsignore, uno che conta, muoia di morte violenta”.

Sai, lui e La Pira non si amavano. Meglio, li non amava La Pira. E non lo nascondeva. Il cardinale l’ha ripreso in più d’un’occasione. Cresci che dice?”

A lui, quando spunta il sangue, quando c’è il mistero, si rizzano le antenne. Vorrebbe andare fino in fondo e ci rimane male di fronte all’imposizione di bloccarsi sulla soglia. Mugugna. Maledice questo lavoro in un giornale così. Ah, sennò me ne dimentico: che si mangia oggi?”

Potrei anche saltare”

Come al solito. No, non ti faccio saltare. Andiamo in San Lorenzo. Ti va?”

Non voglio essere scortese. Mangio come un uccellino. E lei: “Se continui di questo passo, diventi trasparente”. E il cameriere ride..

 

153.

John Fitzgerald Kennedyu, l’osannato presidente degli Stati Uniti, sostiene l’operazione dei fuoriusciti cubani, tesa a scatenare un’insurrezione contro Fidel Castro. Però lo sbarco alla Baia dei Porci va a ramengo. Il mondo trema. Meno male prevale il buonsenso e ci si limita a guerreggiare a parole.

La Pira m’informa d’aver scritto a Kruscev per una soluzione pacifica.

Non usa le parole, in Francia, l’Oas, l’organizzazione dell’armata segreta che non vuole l’indipendenza dell’Algeria. Passa da un’azione terroristica all’altra.

Anche nell’Italia del Nord si hanno azioni terroristiche contro gli italiani. Motivo scatenante: la questione sudtirolese-altoatesina.

È stato distrutto un monumento al lavoro italiano, in provincia di Bolzano, a Ponte Gardena. Poi è stata la volta dei tralicci dell’energia elettrica. Nella cosiddetta notte dei fuochi si è avuto anche un morto. I terroristi vogliono l’autonomia del Sud Tirolo e dell’Alto Adige.

La Pira mi telefona: “Voglio darle una copia dell’enciclica del papa. È intitolata Mater et Magistra. È straordinaria. Un vento di novità. Aggiorna la dottrina della Chiesa, tenendo conto di quel che è oggi il mondo, i suoi problemi, le sue attese”.

Vengo domani”.

Quando vuole”.

Lo sento felice.

 

154.

La smeria del pomeriggio d’estate annebbia il cervello.

M’avvolgono nostalgie. Di casa. Di me bambino.

Mencio, mi trascino.

Andiamo al mare – dice Barbara – Chiediamo due o tre giorni. Andiamo a Viareggio, se vuoi, più in là. A Marina di Pietrasanta o a Forte dei Marmi. C’è bellino”..

No, ora no”.

Sennò si va in montagna. A Cutigliano. O al Melo. O a Rivoreta. Ci sono stata. Ci si vive calmi”.

Fammici pensare”.

Sento, impellente, il bisogno d’andare a casa, dai miei. Ma non lo dico a Barbara. Ho paura che ci rimanga male. È l’ultima cosa che voglio.

 

155.

Siamo in ferie, Barbara e io, a Fiumetto di Pietrasanta, quando arriva la notizia che la Germania comunista, in due giorni, ha costruito un muro che separa la parte orientale da quella occidentale. A Berlino.

Siamo proprio messi male, – dice Barbara – se si arriva a queste soluzioni. Non si dimostra d’essere forti. Anzi, è segno d’una grande debolezza”.  Capisce che è un altro colpo per me.

Non è comunismo questo”, mormoro.

Sono pochi giorni. Ma sto bene. Abbiamo scelto una pensione a un passo dal mare. Conduzione familiare.. Come bagno abbiamo preferito il Bianca, gestito da gente del mio paese.

Non avrai il dispiacere di vedermi in costume”, dice Barbara. “Non ho le forme adatte”.

È una fissazione”.

Fissazione? Eppure hai modo di vedere, e bene, come sono”.

Non vedo niente di sconvolgente”.

La sera andiamo al cinema Giardino e recuperiamo film persi durante l’inverno.

Conquistiamo anche due posti alla Bussola. Mina è la grande attrazione.

Il locale è strapieno. Ci sono di tutte le età.

Barbara è una pasqua. “Non dovrei, ma un locale come questo, mi fa sentir bene”.

In me ha un altro effetto.

 

156.

Ottobre. Sento l’autunno nelle ossa e nell’umore.

Sessantamila partigiani sfilano, a Torino, la prima capitale, simbolo dell’Unità d’Italia. In testa al corteo, La Malfa, Lombardi, Longo, Mattei, Parri e Pertini.

I Comuni sono mobilitati per il censimento della popolazione.

Bianchi mi chiama. “Vai da La Pira. Ha in animo un’iniziativa particolare”.

Di che si tratta?”

Vorrebbe far proiettare il film Non uccidere di Claude Autant-Lara”.

A Roma, la questura l’ha vietato. Non ha ottenuto il visto della commissione di censura. Motivo: l’obiezione di coscienza, in Italia, non è riconosciuta”.

Che assurdità”.

Secondo me, La Pira fa bene”.

Si becca una denuncia”.

Non gli fa né caldo né freddo”.

Questo film – mi dice La Pira – ha una storia lunga. È stato ideato nel 1948 da un fatto di cronaca. Ma non ha trovato mai un produttore, fino a quando non si è fatto avanti un italiano, Moris Ergas. L’ha fatto girare in Iugoslavia con capitali del Liechtenstein. È un bel film. Venezia lo ha riconosciuto, assegnando la Coppa Volpi a Suzanne Flon come migliore attrice”.

La censura l’ha bocciato”.

Quelle gente non capisce niente. Crede di salvaguardare la morale e difendere le leggi con le proibizioni. Un argomento come l’obiezione di coscienza non deve essere censurato”.

Sa che può essere denunciato?”

Che lo facciano, che mi denuncino”. È serio. Determinato. “Venga anche lei. Le gioverà”.

Vado con Barbara. Il tema è bello, il film meno. Stucca per troppa retorica. E non mi piace la recitazione di Lauren Terzieff.

Barbara va più in là. “Ideologico all’eccesso”.

La Pira – come previsto – viene denunciato. Dice: “Non mi pento di quel che ho fatto”.

Qualcuno sussurra al giornale che, dietro quell’operazione, ci sia Nicola Pistelli. È uno dei suoi temi, l’obiezione di coscienza.

Si discute. Le opinioni s’accavallano. Bianchi partecipa con il solito stile.

Le agenzie battono una notizia sconvolgente. “I tredici aviatori della XLVI Brigata aerea di Pisa, catturati da un gruppo di congolesi ammutinatisi, sono stati uccisi a Kindu, nel Congo. Gli aviatori erano in missione su incarico dell’Onu. Il Congo torna a far parlare di sé in modo drammatico, dopo l’uccisione di Patrick Lumumba da parte di Moise Ciombè, capo del Katanga, stato secessionista. Ricordiamo che Lumumba era stato allontanato dal potere con un colpo di stato del generale Seko Sesa Mobuto”.

Bianchi cambia menabò e ci mobilita in tre. Oltre alla redazione di Pisa.

Parliamo di questo fatto per giorni e giorni.

 

157.

Afferma, La Pira: “Le nuove frontiere non possono essere – nonostante tutto – che frontiere di pace (sradicare la tirannia, la povertà, la malattia, la guerra, esplorare gli spazi, sondare gli oceani, far fiorire i deserti)… È vero o no che popoli “nuovi”, nazioni “nuove”, continenti “nuovi” sono entrati imprevedutamente (e con estrema velocità) a far parte – come protagonisti essenziali – della storia odierna? Che nella storia futura essi avranno una parte e un peso sempre più crescente e determinante? Se ciò è vero (e lo è), allora tutti gli “equilibri” storici e politici sono radicalmente mutati: e non può, perciò, non essere radicalmente mutata la metodologia – teoretica e pratica – della politica. Le piccole “tattiche” (le “tattiche” del Principe di Machiavelli!) non contano più: valgono solo le grandi strategie, a dimensioni globali (cosmiche e politiche)”.

 

158.

La tentazione è forte. La tentazione di bussare alla porta di Lucia. Mi viene in una notte inquieta. Barbara non c’è. È dovuta scappare a Livorno. Suo padre non sta bene.

L’ultimo telegiornale ha dato una notizia agghiacciante. In un disastro ferroviario, a Catanzaro, sono morte sessantuno persone. Lavoratori e studenti.

M’aggiro per la stanza, un libro in mano. Il pensiero a Lucia.

Perché?

È passato così tanto tempo. Anni. E io non so darmi pace.

Non posso fare questo a Barbara.

Non posso complicarmi la vita.

Lucia, poi, chissà a chi sta pensando.

La luce del giorno filtra dalla persiana e mi quieta. Il libro mi cade di mano. Mi metto sul letto, di traverso.

 

159.

Afferma, padre Ernesto Balducci: “Nel tempo del riposo e della festa la crosta del nostro grigio vivere quotidiano si slarga e qualcosa di diverso erompe per un momento. È il tempo della riconciliazione”.

 

160.

Passo le feste di Natale e fine anno da solo. Barbara è in una situazione delicata. Suo padre ha bisogno di lei. Non ha altri.

Mi telefona spesso. Anche due volte il giorno.

Una volta mi telefona anche mia madre. “Non posso credere che tu non abbia avuto un giorno, almeno il giorno di Natale, per stare con noi”.

È un bel colpo al bersaglio grosso.

 

161.

Gian Paolo Cresci dice che la polizia ha fermato due tizi, quelli che, qualche tempo fa, qualcuno chiamava i killer. Ma tace il motivo. Nessuno che si lasci scappare una parola. Ci sono troppi misteri. Sono anni che ce ne sono. E nessuno ne viene a capo. Sembra quasi che si faccia di tutto per non andare oltre un certo limite.

È uno sfogo sincero. Lo sfogo di un cronista puro, di uno che si è fatto consumando molte scarpe.

Difetta nello scrivere, ma pochi hanno le notizie che lui riesce a scovare.

S’intreccia, secondo me, politica e malavita. C’è chi sostiene che faccio sogni, che mi lascio andare a fantasie. Non è così. Sto con i piedi per terra ed è proprio perché sto con i piedi per terra che dico queste cose, che faccio queste affermazioni pesanti”.

Io lo appoggio. E mi becco una ramanzina. “Ma te non fai testo. Vedi complotti da tutte le parti”.

Non credo sia fantasia la morte della Volpe. E quella di Chiara come la giudicate? Secondo me le due morti possiamo unirle alla fine del monsignore”.

Qualcuno obietta: “La Volpe aveva certe frequentazioni. Chiara può essere stata picchiata da balordi, gente che se ne frega della politica. E il monsignore deve essere andato fuori di testa per questioni del tutto personali”.

 

162.

Muore, il padre di Barbara. Ha finito di soffrire e di far soffrire. Non abbandono un secondo Barbara. La libero dalle incombenze burocratiche.

Bianchi non fa obiezioni. Non sono un assenteista.

Il rito funebre è per pochi intimi. Barbara parla piano tirando su ogni tanto. “Ha vissuto sempre in seconda fila, se non in terza. Era uno che parlava poco. Mi ha cresciuta da solo. Non ha voluto nessun’altra donna accanto a sé dopo la morte prematura della moglie. Ne parlavamo, io adulta, e lui rispondeva che andava bene così. Certo, sentiva la mancanza di una donna, ma l’avrebbe voluta troppo simile alla moglie per avere successo nella ricerca. E per non rimanere deluso, preferiva vivere solo. Contento di vedermi ogni tanto. Se fossero venute relazioni, le avrebbe prese e considerate come tali. Niente d’impegnativo”.

Pensai ai miei. Anche loro vita in seconda fila, grandi aspettative per il figliolo, che invece aveva scelto una professione che non riuscivano a considerare tale.

Due persone linde. Mio padre divoratore di libri gialli e mia madre attenta lettrice di quotidiani e settimanali. Le piace essere informata. Non vuole fare scena muta con nessuno.

 

163.

Per il mio compleanno – a maggio – Antonio Segni è eletto presidente della Repubblica con i voti determinanti del Msi e dei monarchici. È stata un’altra brutta storia. Ci ha messo lo zampino Gronchi, che voleva essere rieletto. Una bella dose di faccia tosta dopo il tragico pasticcio del governo Tambroni.

Il Pci puntava su Saragat.

A Ceccano (Frosinone), un operaio morto e due feriti sono il risultato dell’azione delle forze dell’ordine contro manifestanti, lavoratori impegnati in una vertenza sindacale.

Dico: “Ma che senso ha? Dov’è la tanto osannata libertà?”

Al giornale, non c’è uno che la pensi diversamente. Battiglia sibila: “Le forze dell’ordine dovrebbero stare a guardare”.

E Bianchi: “Imparziali. Dovrebbero essere imparziali”.

E disarmante”, aggiunge Francini.

Due giorni dopo la prima pagina ha una sola notizia: lo scontro di un treno passeggeri e un merci. A Voghera. Sessantadue morti e sessanta feriti sull’accelerato Milano-Ventimiglia.

Barbara si sta riprendendo a fatica. “Non ho granché fortuna nei sentimenti”, dice. E se ne va da Cresci. Eppoi dal direttore.

 

Riccardo Cardellicchio

 

 

Fine decima parte


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