Abbiamo saputo in questi giorni che l’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti (U.a.a.r.) ha dato vita ad una campagna d’informazione sui bus della città di Genova, come inizio di una ‘campagna’ di propaganda anti-religiosa. E sono partiti dal capoluogo ligure proprio in conflitto con la sede del vescovo locale mons. Bagnasco, per di più, e forse proprio perché, presidente della C.E.I. Il progetto dell’Uaar non si ferma qui perché avrà altre città importanti del nostro Paese. A Genova la società dei bus locali ci sta ripensando e sta cercando di trovare degli escamotàge utili a poter dire ‘no’ a questa iniziativa. Non tanto perché moralmente si sentono colpevoli, quanto perché darebbero adito a delle critiche ‘cattoliche’ facendosi giudicare filo-atei e quindi ‘contro’ la Chiesa, almeno.
Vi potete immaginare voi quale pressione abbiano avuto i vertici delle società dei bus genovesi, e non solo, quando è trapelato nella curia ligure questa notizia?! Chissà quanti politici del PD e del PDL abbiano dato ragione alla sconsiderata pubblicità atea. Avranno certamente fatto a gara a garantire la non diffusione di quei messaggi così ‘offensivi’ della dignità spirituale della persona umana…! Ebbene, signori e signori, da cattolico quale sono sostengo che se questa pubblicità non andrà in onda in Italia, ancora una volta questi atei avranno ragione: il dominio ed il controllo dei vertici ecclesiastici della Chiesa cattolica sulla società italiana non viene meno. Non solo, amici lettori. Anche altro è fuori luogo, in un mondo così aperto al confronto: non va bene che questi signori degli enti locali si inchinino alle pretestuose richieste e pressioni delle autorità clericali!
Sapete cosa avrei fatto io fossi stato il mons. Bagnasco? Ve lo dico subito. Avrei prima di tutto chiamato personalmente il presidente, se c’è, di questa Unione di atei e agnostici e gli avrei proposto un bell’incontro pubblico, per parlare alla gente della differenza e dei punti in comune tra atei e credenti e credenti cristiani-cattolico-romani, in particolare. Avrei dato possibilità ai cittadini e ai credenti di vedere anche i punti di contatto che umanamente ci sono tra gli uni e gli altri, tra chi crede a Dio e al Dio di Gesù Cristo in particolare e chi crede invece a qualcosa d’altro, ma di altrettanto positivo per la persona umana. Perché, forse, voi credete che gli atei non credono proprio a nulla di ‘spirituale’? Non è vero. Anche loro hanno una loro sensibilità ‘spirituale’ anche così alta che a volte un credente si trova smarrito e a disagio per la profondità con la quale pongono il problema. E non tutti sanno tenere testa alla forte filosofia esistenziale che li caratterizza. Certamente non vi sono solo atei e agnostici eruditi. Vi sono anche dei grandi ignorantoni. Ma questo anche tra le file dei grandi cristiani. Senza problemi. Per cui non ci scandalizziamo di queste iniziative stracciandoci le vesti come dei veri farisei del XXI secolo. Procediamo in positivo. Avanziamo contatti, comunichiamo, chiediamo e diamo invito al dialogo. Proseguiamo sulla strada di ciò che unisce e non di ciò che ci divide. Così, ben più di 40 anni fa Papa Giovanni XXIII cercava di portare la Chiesa del suo tempo aprendo gli steccati con l’idea del Concilio Vaticano II… Ovunque, dentro e fuori la Chiesa, dentro e fuori la famiglia, dentro e fuori le nostre associazioni, dentro e fuori la nostra testa e il nostro cuore. Andiamo incontro all’altro non tanto come un essere umano qualsiasi ma come quello che è un Altro con tutto il rispetto che necessita. Allora, forse, costruendo nel nostro piccolo un po’ di questa carica positiva sapremmo permetter che un giorno, forse, anche le guerre e i conflitti sociali trovino il loro alveo di dialogo, di confronto, di rispetto. È inutile detestare l’altro perché la pensa ed è diverso da noi. Guardiamoci dentro e vedremo che la nostra acredine, la nostra rabbia ha sede altrove e lì si esprime perché è più facile prendersela con chi ci sta vicino ed è anche, spesso, più in basso di noi nella scala sociale. La guerra tra poveri è veramente una guerra di poveri, mentre la ricchezza che abbiamo dentro a chi vogliamo donarla se non sappiamo voler bene a quel povero disgraziato che la pensa diversamente da noi? Non è compassione o dispregio del suo essere inferiore rispetto a noi che siamo i ‘migliori’: siamo diversi e questa ricchezza dobbiamo comunicarla con stile e qualità di scambio gratuito e sereno.
Quanta volontà abbiamo di andare incontro a colui che come noi può fare metà strada ed incontrarsi a condividere una vita più ricca fatta anche di cose belle ricevute in dono dall’altro che è diverso, e a volte, anche molto diverso da noi? Proviamoci, ne resteremo soddisfatti di noi e guarderemo al mondo con più speranza, vera Speranza che parte dal cuore.
Piero Cappelli zorro.rosso@alice.it