I ministeri dei Beni Culturali e dell’Ambiente hanno reso noto di aver finalmente dato il via libera al progetto di «decommissioning» della centrale nucleare “Fermi” di Trino Vercellese.
Si tratta della prima centrale nucleare ad essere entrata in funzione in Europa, nel lontano 1964, ed ora sarà la prima, ad appena 20 anni dalla chiusura, ad essere smantellata in Italia.
L’impianto è, infatti, inattivo sin dal 1987, dopo il referendum dei radicali e degli ambientalisti, che ha sancito la decisione popolare di abbandonare la scelta nucleare in Italia e che si svolse a seguito dell’esplosione di Chernobyl.
Sarà la Sogin a provvedere allo smantellamento dell’impianto, che si prevede possa essere completato entro il 2013.
Bruno Mellano, Presidente di Radicali Italiani, ha dichiarato:
«Forse la notizia dello smantellamento di Trino, ad oltre 20 anni dalla decisione, può portare qualcuno ad una proficua riflessione.
Nel 1987 il referendum sancì la fuoruscita italiana dal nucleare e da allora non si sono ancora risolte le questioni legate allo smantellamento delle strutture delle quattro centrali italiane (Caorso, Trino Vercellese, Latina, Garigliano) e tanto meno si è affrontata la questione delle scorie radioattive derivanti dall’utilizzo dell’uranio.
L’attuale Governo italiano parla esplicitamente di tornare ad una tecnologia, la cosiddetta “terza generazione” del nucleare, che – è il caso di ribadirlo – rappresenterebbe una scelta onerosa, economicamente ed ecologicamente, e non risolutiva dal punto di vista dell’efficacia di strategia energetica.
I tempi ed i problemi del decommissioning di una centrale sono aspetti che devono essere considerati essendo un costo interno alla produzione energetica da uranio e che contribuiscono a rendere non economica l’energia prodotta. Senza contare che ancora oggi, nessun paese avanzato ha ancora risolto il problema delle scorie, con il loro effetto radioattivo di circa 30.000 anni.
Persino in Francia cominciano a nascere discussioni e riflessioni (ma anche preoccupazioni per i ripetuti incidenti) in considerazione del fatto che molti dei 60 impianti d’oltralpe sono al termine naturale del loro ciclo di attività e di gestione in sicurezza: neanche l’efficiente stato francese sa bene come uscirne, essendo altissimi i costi di smantellamento».
Fonte: Radicali.it