«Abbiamo detto al mondo e a noi stessi che il nostro Paese è un paese libero; volevamo forse dire che è libero per tutti, fuorché per i negri? Che da noi non ci sono cittadini di seconda classe, salvo i negri? Che non abbiamo divisioni di classe o di casta, non abbiamo ghetti né razze privilegiate eccetto per quanto riguarda i negri?»
John Kennedy
I primi venti negri sbarcarono negli Stati Uniti nel 1619. Non erano ancora schiavi. La schiavitù venne istituzionalizzata molti anni dopo, nel 1661.
Per 42 anni i negri vennero considerati dei servi e ad essi veniva fatto un vero e proprio “contratto”.
Terminato il periodo di lavoro previsto, i negri potevano anche ottenere, come capitò nel 1651, assegnazioni di terre. Ma ogni scadenza di contratto metteva in una grave situazione i coltivatori i quali non avevano alcuna possibilità di reclutare altra manodopera. Ha scritto Claudio Golier nella sua storia dei negri degli Stati Uniti edita da Cappelli: «Per strano o semplicistico che possa sembrare, la schiavitù prese piede nelle colonie americane proprio e unicamente per questa ragione; vincolare, cioè, in modo definitivo, addirittura perpetuo, la manodopera alla terra».
Anche se l’istituzionalizzazione della schiavitù venne più tardi, quei venti negri sbarcati nel 1619 da una nave da guerra olandese misero in moto un meccanismo infernale che ha travolto i diritti civili di un intero popolo. Il problema razziale nacque più tardi, quando gli ex schiavi, ottenuta una prima parvenza di libertà, presero coscienza del loro stato. E la lotta, prima diretta contro la schiavitù, venne poi indirizzata contro la segregazione […].
Stanchi di rivendicare un’eguaglianza promessa più volte, ma mai concessa, ai negri dei ghetti non resta altra via che quella dei disperati. Lo scrittore William Styron ha detto: «L’America ha tante volte promesso e così poco mantenuto, l’umiliazione storica è così profonda che io, anche con grandi riforme sociali, non vedo arrivare per domani la distensione razziale. Per quanto disastrosa possa essere, la violenza mi sembra l’unico mezzo che i negri hanno a disposizione per ritrovarsi […]».
Molti sono gli aspetti che hanno reso il problema razziale negli Stati Uniti così scottante: la povertà, la disoccupazione, la mancanza di un’istruzione adeguata al livello tecnologico raggiunto dal paese, la mancanza di abitazioni, il disgregamento di certi valori (come quello della famiglia).
Ma l’aspetto più preoccupante è dato dal fatto che i bianchi nella loro stragrande maggioranza non -sentono- il problema razziale. Finché nel paese non esisterà una maggioranza di bianchi convinta che il proprio interesse, la propria sicurezza e il proprio benessere esigono uno sforzo rivoluzionario su se stessa, il problema della «minoranza di colore» resterà insoluto.
Ci si chiede se l’America bianca riuscirà a compiere questo sforzo.
(da Il problema razziale e i diritti civili)
«Mi si è chiesto se preveda, a lunga scadenza, l’assimilazione delle comunità afro-americane e bianche negli USA sulla base di uguali diritti. Rispondo: no, mai. Nessuno è disposto ad aspettare per anni. Gli oppressi non hanno lo stesso metro degli oppressori. […] Per troppo tempo noi, gli oppressi (e non solo in America, ma in Africa, in Asia, dovunque), ci siamo serviti delle misure altrui.
«Ora le cose sono cambiate. La giovane generazione si domanda perché dovrebbe aspettare. Forse per ottenere quanto gli altri hanno avuto fin dalla nascita? Una nuova generazione si alza a proclamare ch’è necessario che il mondo sappia che essi vogliono essere uomini ora […».
(da una Conferenza di Malcolm X)
Durante un discorso in pubblico a Manhattan, Malcolm X fu ucciso, all'età di 39 anni, da diversi colpi di arma da fuoco esplosi da tre sicari.
Così Bobby Kennedy tra i negri di Portland durante la sua campagna elettorale: «Affidarsi al governo significa dipendenza e la gente dei nostri ghetti non vuole una maggiore dipendenza, ma una completa indipendenza». Fu ucciso Nella sera tra il 4 giugno ed il 5 giugno 1968, nella sala da ballo dell'Ambassador Hotel di Los Angeles.
Martin Luther King venne arrestato diverse volte nel corso della sua lotta; ma non fu possibile fermarlo. A Memphis lo hanno ucciso. Era il 4 aprile del 1968. Possono dire ora di averlo fermato?
Premio Nobel per la pace. Ad Atlanta, nella chiesa dove si svolge il servizio funebre i presenti ascoltano la voce registrata del pastore: «Dite che Martin Luther King si è sforzato di fare dono della sua vita… che egli ha tentato di donare l’amore, di amare e di servire».
(da Violenza in America Roberto Costa Avanzino e Torraca Editori)
Oggi Barack Obama raccoglie il testimone e l’America cambia volto.
A cura di Anna Lanzetta