Oggi è il Martin Luther King Day, ricorrenza per noi tutt’altro che retorica da sottrarre all’indebita utilizzazione di qualche goffo emulo nostrano di Obama.
Dobbiamo evitare che la testimonianza dell’esponente americano della nonviolenza venga impropriamente fagocitata, annacquata e, di conseguenza, resa rovinosamente inefficace da chi se ne vuole appropriare senza possedere, però, un adeguato bagaglio culturale.
Spetta a noi, allora, rilanciare, in tutta la sua durezza (altro che visioni sdolcinate!), l’attualità della nonviolenza come strumento di azione politica nella costruzione di un’alternativa strutturale alla rassegnazione, alla disperazione, all’illegalità.
Quanto sta accadendo in Medio Oriente, insieme ai drammatici scenari balcanici, asiatici (Afghanistan, India, Tibet, Vietnam, Laos, Birmania), africani, conferma la validità degli enunciati contenuti nel manifesto dalla sinagoga di Firenze di tre anni fa e nel satyagraha avviato lo scorso anno da Marco Pannella.
Occorre, lo ripetiamo, assicurare un’alternativa strutturale al baratro in cui l’intero pianeta rischia di precipitare. Bisogna farlo bene e presto.
Parlare di Martin Luther King, come di Gandhi, vuole dire interrogarsi sui mezzi della nonviolenza, su come incardinare politicamente la lotta nonviolenta e renderla maggiormente incisiva, constatare la valenza trasnazionale e sovranazionale che ogni iniziativa deve assumere, riflettere sul rapporto tra dominio e mondo dell’informazione, tra economia/e e cultura/e.
È ormai tempo che si mettano a confronto strategie, dinamiche, indicazioni.
Come si può attuare la nonviolenza oggi? Quali sono i suoi mezzi? È possibile e come esercitare la difesa popolare nonviolenta in situazioni arroventate ed esasperate? Sono stati sperimentati strumenti diversi dal digiuno e dalla disobbedienza civile, cui siamo spesso costretti a ricorrere?
Nell’ultimo comitato nazionale è stata approvata una mozione particolare della direzione in cui si invitava gli organi dirigenti a prendere in considerazione l’opportunità di organizzare un momento di riflessione sulla metodologia della nonviolenza, cioè sulla prassi nonviolenta come incisiva azione politica e progettuale. Dobbiamo dare seguito a questa volontà.
È il modo migliore per onorare Gandhi e Martin Luther King (e, con loro, Capitini e Dolci) evitando un uso distorto della loro immagine nonché insulsi scadimenti agiografici.
Francesco Pullia
(da Notizie radicali, 19 gennaio 2009)