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Piero Cappelli: Ritornando dopo aver scritto un libro sulla Chiesa-casta
17 Gennaio 2009
 

È trascorso del tempo dall’ultima volta che vi ho scritto. Eppure mi sembra ieri quando vi ho lasciato per dedicarmi al mio libro che tra pochi mesi, forse entro marzo-aprile, vedrà la luce sulle stampe.

È un libro che non ha ancora un titolo definitivo perché non sappiamo ancora, con l’editore Gabrielli di Verona, quale sia quello più adatto a questo tempo. La mia proposta è quella che ho scritto sull’anteprima che è uscita su questa rubrica qualche mese fa: “La casta ecclesiastica”. Ricordate? Parla proprio della gerarchia cattolica e del suo potere con il quale sta consumando da anni e anni ‘scismi silenziosi’ con i propri fedeli. Praticamente sono delle ‘separazioni’ dei ‘distacchi’ su alcune questioni – soprattutto etiche e politiche –, che fanno divaricare quanto il magistero della Chiesa cattolica dice e quanto invece i fedeli condividono e fanno nella loro vita. Praticamente i ‘pastori’ del gregge cattolico danno delle indicazioni, dei comandi alle proprie pecorelle, ma queste non vanno ‘dove’ le loro guide le vorrebbero far camminare. Se ne vanno altrove. Sperimentano nuove strade. Nuovi percorsi, nuove realtà concrete della vita. A volte con begli ‘incontri’ e a volte no. A volte pentendosi di aver deviato e a volte invece ne sono fiere, perché, nonostante tutto, hanno sperimentato un nuova vita: si sono sentite più libere, più autonome, più capaci di scegliere e di camminare con le proprie gambe. Insomma si sono sentite delle ‘pecorelle’ non smarrite ma adulte e quindi nella condizione di saper ‘peccare’ anche, ma senza per questo abbandonare il riferimento d’eccellenza come lo è l’insegnamento evangelico: “saper amare l’Amore”. Era questa l’angoscia maggiore della mistica carmelitana santa Teresina del Bambin Gesù. Si rammaricava perché vedeva come il Signore Dio ci donava così tante belle cose nella vita e noi – compreso lei stessa – non riusciamo a saper apprezzare, a saper ‘amare’ questo Amore che ci arriva nella nostra vita così gratuitamente da non saper chi a volte ringraziare…! Possiamo dire il caso, il fato, il destino, i genitori? Possiamo dire quel che vogliamo ma qualcuno lo dovremmo pur ringraziare di questa bellissima esperienza che è la vita?! E se anche un giorno bestemmiassimo la vita, sarebbe anche questa una ‘preghiera’ che domanda ancora vita, ancora amore, ancora speranza…

 

E tornando al mio libro devo dire che con questo testo ho analizzato fin nelle viscere dell’essere chiesa-casta come lo sono certe eminenze grigie della gerarchia cattolica. Il popolo, il làos, da cui deriva poi anche il nome di laico, e che ne fa parte, non è altro che la più bella figura laica della Chiesa: colui che incarna nella sua vita la dimensione spirituale senza clericalismi, senza ripiegamenti introversi di ordine ecclesiastico, ma sta dritto – in senso di responsabilità –, ma con la testa china in segno di umiltà. È da qui che passa e dovrà passare la svolta di una Chiesa cattolica del Terzo Millennio. Non una Chiesa populista, ma una Chiesa dove la condivisione e l’amore non siano altro che quello che servirà per riconoscervi “…da come vi amerete”. E non da come vi vestirete o da cosa direte o da cosa scriverete, ma da come vi amerete. Tutto qui. Sarà questo il ‘segno’ di riconoscimento. Nient’altro. Il resto è folklore, politica, immagine. Niente più. Quindi la Chiesa di Gesù Cristo, nella quale “sussiste” anche quella cattolica – ma non solo –, sarà la Chiesa dell’Amore, del rispetto e della diversità nella pluralità, dell’accoglienza. Non un ‘paradiso in terra’, ma una ‘terra del paradiso’, dove non mancheranno né il dolore, né gli errori umani.

 

Tutto questo non sarà che un’esperienza vissuta in maniera diversa e più congeniale al riconoscere l’altro, proprio da “come vi amerete” anche e soprattutto in queste difficoltà, in questo ‘dolore’. Perché non bisogna essere cristiani per essere lieti e felici quando le cose vanno bene… quel che conta è da come sapremmo “porgere l’altra guancia”, quella che nessuno vorrebbe porgere al mondo, né tanto meno al ‘dolore della vita’. Ma né il mondo né la vita ce lo risparmieranno. Quindi forza e coraggio e proseguiamo in quel cammino che non tarderà di finire né di concludersi perché ciò che ci attende è l’eternità eterna, quella senza fine. Perché l’uomo e la donna non potranno mai smettere di vivere. L’altra dimensione della nostra esistenza ci permetterà tutto questo: un vero mistero verso il quale dovremmo saperci preparare ad affrontarlo andandogli incontro fin da ora nel saperci far “riconoscere”, da subito, amando la Vita sapendo amare l’Amore.

 

Buon cammino e buona Vita! È così che saprete aver cura di voi stessi e dell’Altro

 

Piero Cappelli


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