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Yoani Sánchez. L'altro Pablo, con la sua miglior canzone
02 Gennaio 2009
 

Dal blog Generación Y

30 dicembre 2008

 

 

El otro Pablo

Pablo Milanés y yo compartimos una tarde inolvidable en la Tribuna Antiimperialista. Él estaba en el escenario, cantando su amplio repertorio, mientras yo enarbolaba un cartel con el nombre de Gorki. Su concierto duró casi tres horas, pero la tela que levantamos algunos impertinentes tardó sólo segundos en ser destrozada. A pesar de estar tan cerca del cantautor de Yolanda, aquel 28 de agosto pensé que miles de kilómetros separaban mi inconformidad de su tendencia apologética. Me equivoqué.

He leído la entrevista dada por Pablo al periódico El Público y cualquiera de sus respuestas le acarrearía una golpiza si la expusiera en una céntrica plaza de La Habana. Sus criterios se parecen a los que me llevaron a abrir este blog e incluso algunas de sus frases bien podría firmarlas como propias. Cuando dice “estamos paralizados en todos los sentidos, hacemos planes para un futuro que nunca acaba de llegar”, me toca más de cerca que con todas sus canciones juntas. Ese porvenir del que habla, nos fue pintado lleno de luces y con un fondo musical que incluía su voz entonando “Cuba va”. En aras de alcanzar tamaño espejismo todo sacrificio pareció pequeño, incluso el de callarnos nuestras diferencias, el de ahogar todo vestigio de crítica.

Los colores se le corrieron al avejentado rostro de la utopía y la sinfonía de la victoria se trastocó en un reggaetón de la sobrevivencia. Las canciones de Pablo Milanés pasaron a ser como himnos de viejos tiempos donde éramos más cándidos, más crédulos. “Mucha gente tiene miedo a hablar” nos dice ahora y con un temblor que me recorre las rodillas confirmo que sí, que el costo de la opinión es demasiado alto todavía. Fuera de los acordes y de las tensadas cuerdas de su guitarra ha modulado ayer su mejor tonada, esa que lleva la inconformidad y el dedo del ciudadano apuntando al poder. Es la misma música que tarareamos millones de cubanos, pero que él tiene la capacidad de modular con esa cálida voz que una vez nos hizo creer en todo lo contrario.

 

Yoani Sánchez

 

 

L'altro Pablo

Io e Pablo abbiamo condiviso un pomeriggio indimenticabile alla Tribuna Anti Imperialista. Lui era sul palcoscenico che cantava il suo vasto repertorio mentre io issavo un cartellone con il nome di Gorki. Il suo concerto è durato quasi tre ore mentre lo striscione che io e alcuni impertinenti abbiamo alzato non ha tardato molto ad essere distrutto. Nonostante fossi così vicino al cantautore di Yolanda, quel 28 agosto ho pensato che migliaia di chilometri separavano il mio anticonformismo dalla sua tendenza apologetica. Mi sbagliavo.

Ho letto l'intervista rilasciata da Pablo al quotidiano El Público e ogni sua risposta sarebbe stata sinonimo di bastonate se fosse stata pronunciata in una piazza del centro di L'Avana. I suoi presupposti assomigliano a ciò che mi ha spinto ad aprire questo blog, così come alcune sue frasi potrei farle mie. Quando dice «siamo paralizzati in tutti i sensi, facciamo piani per un futuro che non riesce mai ad arrivare», mi tocca più da vicino che con tutte le sue canzoni messe insieme. L'avvenire di cui parla ci è stato dipinto pieno di luci e con un sottofondo musicale che prevedeva la sua voce che intonava “Cuba va”. Ogni sacrificio fatto in onore di quel miraggio sembrava insufficiente, compreso il tacere le nostre differenze, il nascondere la minima traccia di critica.

I colori si sciolgono sul volto straordinario dell'utopia e la sinfonia della vittoria impazzisce in un reggaeton della sopravvivenza. Le canzoni di Pablo Milanés si sono trasformate in inni di tempi passati in cui eravamo più candidi, più ingenui. «Molta gente ha paura di parlare» ci dice ora e con un tremolio che mi percorre le ginocchia confermo che è così, che il prezzo dell'opinione è ancora troppo alto. Fuori dagli accordi e dalle corde tese della sua chitarra ha composto ieri la sua miglior canzone, quella dell'anticonformismo e del dito del cittadino puntato contro il potere. È la stessa musica che canticchiano milioni di cubani ma anche quella che lui ha la capacità di modulare con quella voce calda che una volta ci ha fatto credere il contrario.

 

Traduzione di Elisabetta Fiaccadori

bettazzh@yahoo.com


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