Cos'è il tempo? È la domanda, non secolare ma millenaria, che filosofi, scienziati e religiosi si son fatti senza mai arrivare alla sostanza del problema: è ciclico o lineare? È estensione dell'anima o tempo-progetto? E così via.
Noi, ponendoci semplicemente sul versante della funzionalità, ricorreremo alla metafora paragonandolo ad una “valigia”. Infatti. Come questa è tanto o niente in rapporto agli oggetti che contiene così la valenza della valigia del tempo è data dalla natura e qualità delle azioni che l'uomo depone dentro al suo òikos: di qui la responsabilità di ciascuno rispetto alle singole azioni che, insieme, determinano l'apparato etico che riveste il mondo di connotazioni salvifiche o dannose.
Per esemplificare. L'uomo che, da pochi decenni, ha iniziato il grande processo di globalizzazione della finanza, del commercio, della parola, dei rapporti interumani, deve completare la sua opera con un analogo processo di globalizzazione della solidarietà, dell'amore, della cultura e della religiosità per elevare l'umanità su piani di vita più alti e vivibili rispetto alla storia passata e presente. Tuttavia.
Nonostante le contraddizioni che viviamo, abbiamo la forte sensazione che ci troviamo alle soglie di un'era senza precedenti, in un mondo in cui la vita umana preme per l'attuazione di nuove forme e di nuove speranze in un mondo più responsabile e maturo. Sensazione che non deriva solo da una cultura della speranza e dell'utopia ma, piuttosto, dalla cultura dell'urgenza che impone all'uomo di questo secolo, pena la sua stessa convivenza e sopravvivenza, nuovi comportamenti,qualità e stili di vita caratterizzati da una efficace etica della responsabilità.
Ma da chi e come avviare questo processo se non da una scuola autocosciente del proprio ruolo che, con entusiasmo, competenza e generosità, ritorni a “in-segnare” non solo i punti di vista attuali e le competenze professionali, ma anche la direzione che l'umanità deve costantemente seguire per ascese verso nuove altezze di vedute e di comportamenti, perché, come ricorda Solgenitsin, «oggi, nessuno sulla terra ha altra via di uscita che quella di andare sempre più in alto»?
Ciò sarà realizzabile attraverso un fecondo intreccio della cultura e dell'educazione, i due vettori della scuola che dovranno aiutare l'uomo del prossimo futuro a ritrovare le quattro grandi armonie: con il proprio “io”, con l'“altro”, con la “natura”, con il “Totalmente Altro”. I quattro “luoghi” che, in reciproca interazione, rappresentano il più alto habitat dell'uomo, il tempio del suo futuro. Anche perché come afferma nella Macchina del tempo Herbert Geoge Wells, «il mondo moderno è una prova di velocità fra l'educazione e la catastrofe». Noi, animati dalla speranza, siamo convinti che l'educazione sarà più veloce della catastrofe.
A condizione che la scuola sappia uscire dalla sua freddezza tecnica, pragmatica ed agnostica per riproporre all'uomo, anche, il tema della speranza o, per dirla con Bernanos il «rischio della Speranza». Sulla speranza gli uomini, anche in tempi più drammatici di questo entro cui sono stati direttamente coinvolti, hanno sempre misurato la loro esistenza nella ricerca di una qualità di vita degna di un uomo con tensioni alte e vigorose.
«La speranza» diceva Charles Peguy «questa bimba piccina che ogni mattina si alza, dice le sue orazioni e poi guarda, con occhio sempre nuovo, il mondo; questa bimba di niente che sola passerà guidando gli altri per i mondi finiti; la speranza che conosce le cose che ancora non sono e che saranno».
A questa bimba piccina la scuola, la famiglia, la società intera debbono affidarsi, senza riserve, per non ripetere i tristi moduli del passato, e poter affrontare il futuro con una valigia lieve per un cammino agevole sulle strade del 2009.
Fermo, Capodanno 2009
Mario Ferracuti e Comitato Erasmo
(da Newsgroup ANED-Torino)