Quanto portico nel casermone nuovo di zecca
chiuso dalla luce nei propri spazi vuoti
pronto per abitarsi di corpi, arrivi e discorsi.
Un caseggiato come un fiore di vite fragili
che sta per spuntare e porta parole nella città
seppur lontane dal centro troppo adorno e
meccanico nel muoversi, affannarsi, discorrere.
Perché un centro potrebbe tornare lì in fondo,
dopo via merizzi, nell’ex campo fiera dove gli
autoscontri ritmavano i desideri dei ragazzi
e li stregavano nei pomeriggi quasi freddi
degli autunni che hanno già parlato. O dove
gli zingari partivano e diventavano fantasmi
che rubavano nelle case dei nostri nonni.
Massimo Bevilacqua