Non per gettar tristezza su una giornata che per tante donne è occasione festaiola, però credo sia giusto ricordare l'8 marzo anche (direi soprattutto) come la ricorrenza di una tragedia che ebbe ad oggetto 129 operaie di un'industria tessile di New York, morte imprigionate nella fabbrica in cui si erano chiuse manifestando nel corso di uno sciopero ad oltranza per ottenere condizioni di lavoro (leggasi turni, salari ecc..) quantomeno umane.
Disumano fu, invece, il trattamento che le riguardò: il proprietario Johnson chiuse a chiave tutte le uscite: lo stabilimento, per cause mai del tutto chiarite, prese fuoco e le operaie vi rimasero intrappolate...
Era il 1908, allora. Oggi siamo nel 2006: è trascorso quasi un secolo, ma viene il sospetto sia trascorso solo per qualcuno, in termini di progresso, di avanzamento professionale, di riconoscimento degli elementari diritti civili. Pensiamoci, mentre è di qualche giorno fa la notizia della terribile morte, colpevolmente simile, di sessantacinque operai tessili (ma potrebbero essere di più, visto che al momento dell'incendio erano presenti in 500) del Bangladesh, uccisi in un rogo divampato in fabbrica dopo lo scoppio di un radiatore elettrico. Nessuna via di scampo per loro; finestre serrate per impedire eventuali assenze, serrature chiuse dall'esterno in completa violazione di ogni logica, se non legge sindacale. Nessun diritto e condizioni disumane per i fabbricatori di tanti nostri prodotti e vestiti nell'armadio...
Annagloria Del Piano