Abbiam parlato di passione e d'amore nella vita d'ogni dì e al cinema. E che dire allora della musica? forse l'ambito in cui (insieme alla poesia) il tema è sviscerato senza timore alcuno, nemmeno di retorica, con una frequenza incalcolabile... Ma oltre alle banalità immancabili (quanto a volte perfin necessarie) la musica ha saputo in certi casi celebrare la struggente eco di quegli amori preziosi, sovente passati, amori forti, che han lasciato il segno nella vita dei protagonisti e che quasi sempre non si riesce a dimenticare, né si vuol farlo (giustamente).
La canzone cantautoriale italiana è, di questo filone, rappresentante eccelsa: da Conte a Battiato, da De Gregori (che si descrive riottoso a trattar d'amore e che, invece, in un modo o nell'altro ne parla spesso), da Mina a Celentano ecc. l'amore in salsa malinconica o suadente è lì fra le note a farla da padrone. Insieme a melodie indimenticabili, parole capaci di restituire attimi e sentimenti intatti, facendoli avvertire da noi che li ascoltiamo come pezzi scritti apposta per le nostre storie. E infatti spesso sono proprio le canzoni, ancora una volta in buona compagnia coi versi poetici, a restare impresse nella memoria, ad essere canterellate (quelle della giovinezza) da qualche pensionato alle tavolate festaiole o durante un viaggio organizzato, oppure strimpellate alla chitarra da giovani e ragazzi di fronte al mare, nelle due stagioni della vita che, più delle altre, mi sembrano avvertire il tempo come costante compagno del cammino.
Come non farsi catturare dalla voce accattivante di Conte nel suo celebre invito «vieni, vieni via con me. Niente più ti lega a questi luoghi, entra in questo amore buio, non perderti per niente al mondo lo spettacolo di arte varia di uno innamorato di te» e come non sognare l'atmosfera complice di quel bagno caldo e di quell'accappatoio azzurro mentre fuori piove ed è un mondo freddo? (Via con me)
O le rassicuranti parole di un De Gregori che esorta «ricordati dovunque sei, se mi cercherai: dalla stessa parte mi troverai. Il vero amore può nascondersi, confondersi, ma non può perdersi mai: dalla stessa parte mi troverai» (Sempre e per sempre) o ancora (nel suo ultimo lavoro) che parla di amori che non si ricordano e baci che non si dimenticano?
Se vogliamo crederci, anche uno con la parlantina di Celentano resta senza parole di fronte all'amore, «l'emozione non ha voce e mi manca un po' il respiro, se ci sei c'è troppa luce (...) poi la voglia sai mi prende e si accende con i baci tuoi». (L'emozione non ha voce)
Anche Bubola pensa a quali parole sarebbero state giuste per un amore che se ne è andato: «avrei voluto diventare Dostoevskij per curvare le parole, per ogni piega, ogni distanza, ogni riflesso che ci scardinava il cuore. (...) Le cose più importanti come sempre noi le diciamo senza voce, basta guardarsi dietro il vetro di un perdono o sotto un battito di luce. Ci siamo persi in un bicchiere e ritrovati in un naufragio». (Dostoevskij)
E Zucchero? con l'immagine di un uomo disperato, anche se non vuole ammetterlo, perché non ha più la sua donna «sei stata lì e adesso torni lady, con chi stai? io sto qui e guardo il mare, sto con me, ridi pure, ma non ho più paure di restare senza una donna. Senza una donna sto bene anche domani, senza una donna che m'ha fatto morir: meglio così».
C'è poi la sensualissima canzone di Mina, forse la più esplicita fra le tante sue che parlano d'amore e passione anche logorante, «tu stupendo sei amore, sensuale sul mio cuore, sì, se poi strappo un tuo lamento è importante questo mio momento perchè io ti chiedo, ancora, il tuo corpo ancora, le tue braccia ancora, di abbracciarmi ancora, di amarmi ancora, di pigliarmi ancora, farmi morire ancora perchè ti amo ancora (...) io ti chiedo ancora la tua bocca ancora, le tue mani ancora, sul mio collo ancora, di restare ancora, consumarmi ancora perchè ti amo ancora, farmi morire ancora, ancora ancora ancora».
O la struggente canzone ripresa da Battiato, J'entends siffler le train (Richard Antony), che parla di un addio «...J'ai pensé qu'il valait mieux nous quitter sans un adieu, je n'aurais pas eu le coeur de te revoir mais j'entends siffler le train que c'est triste un train qui siffle dans le soir. (...) je sent que maintenant tuot est fini: j'entendrai siffler ce train toute ma vie». (pensavo che fosse meglio lasciarci senza un addio, che non sarei riuscito a rivederti, ma ho sentito fischiare il treno ed è triste un treno che fischia nella sera... capisco che ora tutto è finito: per tutta la vita sentirò fischiare quel treno)
Ma tra le ultime canzoni che più mi hanno colpito di questi tempi, devo assolutamente annoverare la splendida Ovunque proteggi di Vinicio Capossela, storia di un incanto amoroso che a volte se ne va, ma sa tornare e che deve quindi essere protetto per la sua peculiarità e grazia:
«Non dormo e ho gli occhi aperti per te (...) Quando arrivi e quando verrai per me, guarda l'angolo del cielo dove è scritto il tuo nome (...) E ancora mi innamora e mi fa sospirare così, adesso e per quando tornerà l'incanto. E se mi trovi stanco, e se mi trovi spento, se il meglio è già venuto e non ho saputo tenerlo dentro me (...) I vecchi già lo sanno il perchè, e anche gli alberghi tristi, che il troppo è per poco, e non basta ancora ed è una volta sola. E ancora proteggi la grazia del mio cuore, adesso e per quando tornerà l'incanto. L'incanto di te, di te vicino a me. (...) Mi spiace se ho peccato, mi spiace se ho sbagliato, se non ci sono stato, se non sono tornato. Ma ancora proteggi la grazia del mio cuore, adesso e per quando tornerà nel tempo, il tempo per partire, il tempo di restare, il tempo di lasciare, il tempo di abbracciare, in ricchezza e fortuna, in pena e in povertà, nella gioia e nel clamore, nel lutto e nel dolore, nel freddo e nel sole, nel sonno e nel rumore: ovunque proteggi la grazia del mio cuore, ovunque proteggi la grazia del tuo cuore…»
Frances Piper