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Renzo Allegri intervista Gabriella Biagi Ravenni. Giacomo Puccini e Lucca. Centenario della nascita.
Giacomo Puccini
Giacomo Puccini 
22 Dicembre 2008
 

Il 22 dicembre di 150 anni fa nasceva a Lucca Giacomo Puccini, uno dei grandi compositori italiani, autore di opere liriche immortali, “Bohème”, "Tosca”, “Turandot”, “Madama Butterfly”, “La fanciulla del West” eccetera, amate dai melomani ma anche dal grande pubblico.

Molti enti culturali, in Italia e nel mondo, in questi giorni celebrano la ricorrenza. Un ricordo speciale è stato allestito naturalmente a Lucca: una straordinaria mostra che si intitola “Puccini e Lucca”. Si trova nel trecentesco Palazzo Guinigi. Occupa sette grandi sale zeppe di fotografie, spartiti, oggetti appartenuti al maestro, e soprattutto documenti, alcuni finora inediti. La mostra è stata realizzata dalla professoressa Gabriela Biagi Ravenni, docente di musicologia all’Università di Pisa, presidente della Fondazione e del Centro Studi Puccini, una delle massime esperte della vita e delle opere di Puccini, che ha lavorato in collaborazione con tutte le istituzioni cittadine, politiche e culturali, in particolare con il Comune nella persona dalla dottoressa Letizia, assessore alla Cultura...

La professoressa Ravenni ha giustamente voluto illustrare non solo la vita e l’attività del compositore, ma anche la storia della sua famiglia. «Penso che non ci sia nessun altro grande compositore che abbia alle spalle una “famiglia” di eccezionali musicisti come Puccini», dice in questa nostra intervista esclusiva. E aggiunge: «Nelle biografie, negli articoli riguardanti Giacomo Puccini, quasi sempre si ricordano i luoghi dove egli visse quando era già famoso e dove compose le sue opere: Torre del lago, Viareggio, Milano. Si trascura Lucca, da cui egli se ne era andato, per vicende personali, all’inizio della carriera. Ma ha sempre molto amato la sua città. Non si può parlare di Puccini trascurando Lucca. Qui è nato, qui si è formato, qui, e solo qui, sono profondamente radicate le sue radici musicali».

 

In che senso?

«Giacomo Puccini è il prodotto di una grande famiglia di artisti che ha dominato la vita musicale di Lucca per due secoli. Una “dinastia” di cinque generazioni, composta da musicisti di alto livello. Nel Settecento e Nell’Ottocento, il titolo più prestigioso per un musicista era quello di “Socio” della “Accademia Filarmonica di Bologna”. I più famosi musicisti europei venivano in Italia per conseguire quel titolo. Anche Mozart. Ebbene, tutti gli antenati di Puccini furono Accademici della Filarmonica.

«Un’altra caratteristica di quella singolare dinastia sta nel fatto che era costituita da una linea diretta: padre e figlio, padre e figlio. Niente rami collaterali. E per di più con doti musicali eccellenti ricevute anche dalle madri».

 

Quando ebbe inizio la dinastia musicale dei Puccini?

«Nel 1700. Il primo Puccini della serie si chiamava anche lui Giacomo. Visse dal 1712 al 1781. Studiò a Bologna, dove divenne Accademico della Filarmonica. Quando tornò a casa, era già famoso e la Serenissima Repubblica di Lucca lo nominò primo maestro organista della Cattedrale e direttore della Cappella Palatina. Lasciò molte composizioni importanti. Ebbe parecchi figli, ma solo un maschio sopravvisse, Antonio, che divenne musicista come il padre e alla morte del genitore ne prese il posto. Antonio, anche lui Accademico della Filarmonica e fecondo compositore, trasmise l’arte al proprio figlio Domenico, che è forse il più conosciuto degli antenati dell’autore di “Bohème” perché alcune sue composizioni vengono ancora eseguite. Domenico trasmise il suo genio a Michele, il padre di Giacomo, che a Lucca fu non solo compositore e organista, ma anche insegnate e direttore dell’Istituto musicale. Quando morì, nel 1864, Giacomo, unico maschio con sei sorelle, aveva soltanto sei anni».

 

E seguì le orme del padre.

 «Era destino. Il maestro Giovanni Pacini, famoso compositore pure lui, tenne il discorso ufficiale al funerale di Michele Puccini, e, dopo aver ricordato i meriti del defunto e il dolore dei familiari e di tutta la città per la perdita di un grande uomo, si rivolse al piccolo orfano “solo superstite ed erede di quella gloria, che i suoi antenati si meritarono nell’arte armonica, e che forse potrà egli far rivivere un giorno”. Parole profetiche di una aspettativa che tutti a Lucca desideravano».

 

Quindi il piccolo Giacomo cominciò subito a studiare musica.

«Sembra invece che non ne volesse sapere. Era un bambino vivace, ribelle, inquieto, monello, non amava studiare. Andava malissimo in matematica. Perdeva il tempo a caccia di nidi, di uccellini. Fu la madre, Albina Magi, ha insistere amorevolmente ma continuamente affinché si mettesse a studiare musica. La accontentò quando aveva dieci anni. Ho recentemente scoperto un documento da cui si ricava che, a quell’età, Giacomo fu iscritto all’Istituto musicale che era stato diretto da suo padre. Ma nella classe di violino. Probabilmente non ne voleva sapere di diventare un compositore. Fu un insegnante, Carlo Angeloni, a farlo innamorare della musica. Era anche lui un appassionato cacciatore e parlando con il ragazzo di battute di caccia, di cani, di trappole e di uccelli, ne acquistò la fiducia e riuscì a fargli amare quell’arte per la quale era nato con un immenso talento. Giacomo passò dalla classe di violino a quella di composizione e progredì con passi da gigante».

 

I primi studi musicali quindi Puccini li fece a Lucca.

«Si diplomò a Lucca. Decise poi di andare a studiare anche al “Regio Conservatorio” di Milano che era già allora la più importante scuola di musica. Si iscrisse nel 1880 e tre anni dopo si diplomò con una composizione  “Capriccio sinfonico” che entusiasmò pubblico e critici del tempo».

 

E tornò a Lucca. Ma vi rimase poco. Se non sbaglio se ne andò per non tornare più nella sua città. Come mai?

«La ragione per cui Puccini si allontano “fisicamente” da Lucca sta in una vicenda sua personale. Nel 1885, dopo il successo ottenuto a Milano con la sua prima opera, Le villi, una giovane donna di Lucca, Elvira, si innamorò pazzamente di lui. Era la moglie di un compagno di scuola di Giacomo, e aveva due figli piccoli, uno di pochi mesi. Lasciò marito e figli per scappare via con Puccini. Per Lucca fu un grande scandalo. Tutta la città era contro i due amanti. Puccini fu ripudiato dalla propria famiglia e non poté più tornare a casa. Ma amava la città delle sue radici e, nel corso della sua esistenza, ebbe diverse dimore, tutte molto vicine a Lucca».

 

La sua storia con Elvira non fu molto felice.

«Una grande passione iniziale, finita poi con un lunga tormentosa convivenza piena di liti, di incomprensioni, di tristezza. Si dice che la causa di tutto fosse la folle gelosia di Elvira, alimentata peraltro dalle scappatelle del maestro che aveva un grande fascino sulle donne. Ma io penso che la causa di quel matrimonio tormentato avesse radici più serie. C’è una lettera di Puccini alla moglie dove il maestro scrive una frase molto significativa: ‘Tu, quando usi la parola arte lo fai con scherno’. Parole amare per un grande artista. Indicano che Elvira non era in sintonia con lui. Un uomo come Puccini probabilmente aveva bisogno di una donna che fosse più vicina alla sua arte. Elvira non riuscì mai ad esserlo».

 

Però, nonostante tutto, Giacomo Puccini non si separò mai dalla moglie.

«Ci fu un momento in cui la separazione sembrava imminente. Nel 1909, Elvira aveva assunto una cameriera, Dorina Manfredi, una ragazza del luogo, di 23 anni. Una ragazza buona, semplice, riservata. All’inizio tutto filava tranquillo. Poi la gelosia di Elvira si scatenò. Immaginava che la ragazza avesse una relazione con Giacomo e cominciò a perseguitarla, la licenziò dicendo in giro di averla trovata a letto con il marito. Non era vero niente. La povera ragazza, sconvolta dallo scandalo, si suicidò. Ci fu un’inchiesta e poi un processo ed Elvira venne condannata. Tutti gli amici suggerivano a Puccini di separarsi dalla moglie. Anche l’editore Ricordi. Ma Giacomo, pur soffrendo terribilmente di quella situazione, non volle lasciare Elvira. Non poteva dimenticare che Elvira per suo amore si era messa contro tutti. Puccini aveva un grande cuore. Era un buono, un generoso, non era cinico, come qualcuno ha scritto. Ma non fu fortunato in amore. E neanche nella vita. Perché morì nel 1924, per un tumore alla gola e aveva soltanto 66 anni. Solo la musica gli diede grandissime soddisfazioni e continua a dargliene perché le sue opere sono tra le più amate in tutto il mondo».

 

Renzo Allegri, giornalista e scrittore

renzo@editorialegliolmi.it

 

 

 

Didascalie delle foto

 

Foto 1. Ritratto di Giacomo Puccini risalente dal 1896, quando il maestro aveva 38 anni. Il maestro è morto a Bruxelles, il 29 novembre 1924, dopo essere stato operato per un tumore alla gola.

 

Foto 2. Rara foto di Giacomo Puccini. Il maestro era un appassionato cacciatore soprattutto sul Lago di Massaciuccoli.

 

Foto 3. La professoressa Gabriella Biagi Ravenni, docente di musicologia all’Università di Pisa, autrice di varie pubblicazioni riguardanti Puccini e i suoi antenati musicisti.

 

Foto 4. Catalogo della Mostra cura di Gabriella Biagi Ravenni e Giulio Battelli (collaborazione di Simonetta Bigongiari).



Foto allegate

Giacomo Puccini a caccia
Gabriella Biagi Ravenni
Catalogo Mostra - Maria Pacini Fazzi Editore Euro 20,00
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