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Valter Vecellio. Elezioni in Abruzzo: tre sonori “ceffoni” per il PD 
Si abbandonerà la strategia masochista finora seguita, aprendo (finalmente) un serio confronto?
17 Dicembre 2008
 

Come era stato previsto, il PdL strappa l’Abruzzo al centrosinistra, e considera questo voto un indicatore a livello nazionale, anticipo di futuri e ancor più sostanziosi successi: sia per le amministrative che per il Parlamento Europeo. Il PD, che da tempo aveva preventivato la sconfitta, sostiene che il dato non travalicherà i confini della Regione, e non va enfatizzato. Al di là delle dichiarazioni più o meno di rito, quello che dovrebbe costituire materia di riflessione è l’altissima astensione: ha votato il 52,98 per cento degli aventi diritto. Un rigetto della politica, o meglio: di come la politica viene troppe volte percepita, “offerta”, praticata. A rendere più bruciante la sconfitta per il PD, il fatto che una gran parte degli astenuti, secondo gli esperti e gli studiosi di flussi elettorali, proviene dalle sue fila; mentre un’altra parte, meno consistente, ma ugualmente significativa, ha ingrossato il partito di Antonio Di Pietro. Veltroni ha subito un doppio ceffone: da una parte elettori insoddisfatti per la sua politica, che non hanno scelto Berlusconi ma non se la sono sentita di ridare fiducia al PD: li ritengono facce di un’identica medaglia; dall’altra elettori che ritengono che l’opposizione sia troppo accomodante, e si sono rifugiati nel partito “giustizialista” per eccellenza: l’Italia dei Valori, arrivato a circa il 14 per cento, ha raddoppiato il consenso raccolto alle ultime elezioni.

Le elezioni in Abruzzo rivelano insomma un malessere, un fastidio da tempo segnalato: un crescente senso di sfiducia nei confronti della politica in quanto tale. Domenica scorsa La Stampa di Torino ha pubblicato un sondaggio clamoroso: nel Nord Ovest, per esempio, ben un elettore su quattro confessa che non ne vuole più sapere né del centrodestra né del centrosinistra.

 

L’altro giorno, da Parigi, Veltroni ha sostenuto che l’incremento elettorale di Di Pietro è dovuto alla grande visibilità mediatica che il centrodestra gli concede: «Nei suoi confronti Berlusconi fa lo stesso gioco che faceva con Bertinotti: dargli spazio, polarizzare, individuarlo come alternativa, ovviamente non spendibile per il governo…».

C’è molto di vero, ma Veltroni dovrebbe pensare innanzitutto a casa sua: meno di un mese fa proprio la sua Unità ha pubblicato ben quattro pagine di forum con Di Pietro; la stessa Unità che sembra fare un punto d’onore quello di ignorare i radicali. È stato Veltroni a volere fortissimamente l’accordo elettorale con Di Pietro che ha consentito all’Italia dei Valori di fare bottino di deputati e senatori; accordo che contemporaneamente mortificava i radicali, e veniva negato ai socialisti. Una strategia, quella veltroniana, il cui bilancio è costituito da una quantità di “ceffoni” politici da parte di Di Pietro, che sembra essersi dato una “missione”: quella, appunto, di distruggere il PD. Tuttavia Veltroni non sembra capace di sottrarsi a quest’abbraccio; e sia pure accompagnandolo a mugugni e sospiri, di fatto lo conferma ogni giorno. Quello che raccoglie oggi il PD di Veltroni è il risultato di una semina dissennata. Si può sperare che, alla luce di questo risultato disastroso per il PD, ci si decida a prendere in considerazione le tante e buone proposte radicali, a cominciare da quella dell’Anagrafe Pubblica degli Eletti? Si può continuare nella politica masochista finora seguita, di cui hanno beneficiato solo Berlusconi e Di Pietro; oppure si può finalmente cominciare a instaurare un dialogo serio con i radicali che sono sempre stati leali e nonostante le continue e ripetute provocazioni e umiliazioni?

 

Valter Vecellio

(da Notizie radicali, 16 dicembre 2008)


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