Che ben venga la crisi, se frena i consumi con conseguente risparmio energetico e quindi maggior rispetto dell'ambiente.
Che ben venga la crisi, se i Comuni danno l'esempio di come si debba risparmiare su luce, acqua, gas e benzina.
Che ben venga la crisi, se diminuendo produzione e consumo rallentano gli accelerati ritmi di vita, per cui tutti devono correre perché il tempo non basta; che ben venga! Se si torna all'antico adagio: Gh'è pusée vita che temp.
Che ben venga la crisi se ritorna la semplicità del Presepe: meno luci in città, più stelle nel cielo, meno automobili e più pedoni sulle strade, meno egoismo nei cuori e più comprensione tra gli uomini, con la crisi forse ritorna a vivere l'antica felicità: chi si accontenta gode.
In quel tempo, dopo una forte nevicata, si consigliava di non parlare forte, di non cantare né urlare, perché potevano staccarsi le valanghe; ci si concentrava sul battito del cuore; grazie sorella neve!
Che ben venga la crisi se il povero si considera ricco e ancora i suoi valori ai frutti della terra e dell'animale, e smette di inseguire il miraggio diffuso dai ricchi che fanno del denaro la misura dell'uomo, la terra un immondezzaio e il cielo una minaccia aerea e che infine spingono gli uomini alla guerra per il predominio e il possesso della terra.
Ridono gli sfruttatori nel ricevere tanti doni, ma più ride il bambino agli occhi della mamma, del papà e per la compagnia di semplici, umili e poveri.
Quest'anno meno regali a Natale, ma è in ciò più grande regalo, e il più grande lo dà sempre il cielo: sorella neve che accendi l'entusiasmo ai cuori dei bambini! Forse perché ci dai la purezza e il silenzio e un tempo rallentato. Forse perché dentro di noi vive sempre un fanciullino.
La crisi è dei capitalisti che hanno bisogno di un modo apparentemente nuovo di sfruttare le masse per garantirsi l'eternità, eternità alla loro ricchezza, al loro potere, per battere la concorrenza e guadagnare di più.
Profitti ai capitalisti, le perdite allo Stato: questa è l'aurea regola del libero mercato.
Adriano Angelini
(lettera al Gazetin, dicembre 2008)