Il tema dell’abolizione delle province non è nuovo e non può liquidarsi in poche righe (comunque la si pensi). Come ogni riforma istituzionale di rilievo che intacca posizioni di potere consolidate, questa è destinata in ogni caso a far discutere e a dividere tra sostenitori e denigratori.
Anche se ancora non in grado di assumere una posizione chiara e definitiva in merito (mancandomi sufficienti basi di giudizio), la mia idea è favorevole all’abolizione delle province. Perché? Innanzitutto perché la Politica in Italia costa troppo ed occorre iniziare a fare i tagli mirati e le razionalizzazioni dovute. Ovviamente l’abolizione delle province dovrebbe essere solo il primo ed il più clamoroso dei tagli che la Politica si dovrebbe dare (dubito, però, che ciò accada, in quanto le province sono una riserva di poltrone e potere che fa comodo sia alla Destra che alla Sinistra, in specie a quella Sinistra che -esiliata dal Parlamento- non vorrebbe perdere l’ennesima sede di rappresentanza politica!).
Perché eliminare proprio le province? Perché, dopo la costituzione delle regioni e la riforma del Titolo V della Costituzione, a livello locale le province sono l’ente con minori competenze (poche funzioni ed intermedie tra comuni e regioni) e più inefficiente nel rapporto costi-benefici. Del resto, deve far riflettere che l’Italia è l’unico Paese occidentale (ripeto, l’unico) in cui esistono ben tre livelli di governo territoriale sub-statale (comuni, province e regioni).
Perché è possibile eliminare le province? Perché, data la natura delle loro competenze, è ipotizzabile prevedere nuovi meccanismi istituzionali (in loro sostituzione) che garantiscano minori costi, maggiore efficienza decisionale e pari rappresentatività dei territori. Fra le tante proposte configurabili, mi permetto di proporne una: perché non abolire le province e sostituirle a livello regionale con un nuovo organismo, che potrebbe chiamarsi “Consiglio Regione-Comuni”. Mi spiego meglio: delle competenze attualmente spettanti alle province: - molte si potrebbero affidare ai Comuni o alle Regioni; - le restanti (quelle per l’esercizio delle quali sarebbe insopprimibile un coordinamento specifico con i territori) potrebbero affidarsi ad un Consiglio Regione-Comuni. Da chi dovrebbe essere composto tale organismo? Per non moltiplicare i costi istituendo nuove cariche, questo potrebbe essere: - composto da due rappresentanti per ogni provincia: i sindaci degli attuali capoluoghi di provincia più un ulteriore sindaco per comprensorio provinciale eletto da un’assemblea dei sindaci della rispettiva provincia; - e presieduto dall’assessore regionale agli enti locali (che vedrebbe aumentate le proprie funzioni, il proprio ruolo e -nel contempo- la propria responsabilità). Un organo unico, quindi, in sostituzione della molteplicità delle province esistenti, dalla composizione snella, con maggiore capacità decisionale e comunque rappresentativo di tutte le istanze provenienti dal territorio.
Questa, ovviamente, è solo una delle possibile proposte realizzabili: quel che conta è comprendere che “è immaginabile un’Italia senza province!”. Abolire le province è un progetto sensato, utile e che può migliore l’efficienza del governo territoriale.
Perché si ottenga questo risultato, naturalmente, occorre che la Politica abbia la forza, il coraggio e la competenza di realizzare un progetto chiaro, efficiente e razionale di riforma istituzionale, anche contro i suoi stessi interessi particolari. È proprio questo, però, l’obiettivo più difficile da realizzare...
Gaspare Serra
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