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“La scuola che vorremmo…” 2
04 Marzo 2006
 

Approfittiamo dell’occasione che la signora “Panda” ci offre con i suoi commenti all’articolo di Antonella Pizzini “La scuola che vorrei” per rispolverare alcuni concetti a noi cari. La lettera verrà poi pubblicata sul prossimo numero del Gazetin.


Gentilissima Panda,

rispetto alle molte inesattezze da lei sostenute, scegliamo di approfondirne alcune. Innanzi tutto quanto affermato da Antonella in «La Scuola che vorrei!» in merito alle numerose violazioni nella scuola pubblica, di un modello educativo laico (che non significa annullare un messaggio o, peggio, sbattere fuori qualcuno o qualcosa ma, al contrario, tenere dentro, magari con fatica, tutti), trova riscontro in una sorta di libro bianco dell’Associazione Scuola e Diritti, che ormai da quasi 6 anni documenta e trascrive episodi di questo genere.

Il presepe, che rappresenta e veicola il messaggio cattolico/cristiano, in molte scuole pubbliche viene utilizzato come “proposta obbligata” di attività espressivo- pittoriche e/o di laboratorio. Dobbiamo però forse intenderci sul significato di “obbligatorio” e sul senso che diamo a termini quali discriminazione, pervasività e conformismo. Le portiamo un esempio da noi documentato.

Nessuno può “obbligare” un bambino di 4 anni a partecipare alla costruzione del presepe “rappresentante la Sacra Famiglia”, però se per questa attività viene richiesta la collaborazione a tutti i genitori indistintamente e tale attività viene verbalizzata anche ai bambini, come si sentirà quel bambino se sarà uno dei pochi, forse l’unico, a non produrre nulla? Nessuno chiede o ha mai chiesto che non si faccia il presepe tout court o che non si riconosca anche il significato cristiano del 25 dicembre (tuttavia, ci sono anche ore dedicate all’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche!). Ma ci domandiamo perché non porre l’accento maggiormente sui significati laici, civili, di convivenza democratica che tale momento ha ormai universalmente assunto, perché non approfondire quei valori che poi danno il senso a quelle festività e sono veramente trasversali quali la pace, la solidarietà, il rispetto delle diversità (che non è solo il parlato ma è l’agito) e il piacere, per chi ha questa fortuna, di ritrovarsi fra persone care e legate da vincoli di parentela o di amicizia?

Spetterà poi ai genitori e alla famiglia dare ai figli quel valore aggiunto che consisterà nello spiegare ad esempio che il 25 dicembre, per la religione mitraica (pre-cristiana), era la nascita del Dio Mitra, nato in una grotta da una vergine…, che già i Romani durante i Saturnali, stesso periodo dell’anno, usavano fare festa, grandi banchetti e scambiarsi doni…oppure che il 25 dicembre rinasce simbolicamente Gesù Cristo e… e poi utilizzare gli stimoli, i vincoli e le possibilità che la società civile e religiosa offre (legga: oratori, chiese, manifestazioni religiose, presepi viventi e/o musei, cinema e quant’altro) per rafforzare, in tutta libertà, il proprio messaggio.

Tante volte l’Associazione Scuola e Diritti ha rimandato alle scuole e agli insegnanti dello Stato, l’eccessiva pervasività del messaggio cattolico che permeava il loro modello educativo e l’incoerenza fra quanto affermato sui temi del rispetto e dell’accoglienza alla diversità nelle loro Carte dei Servizi e nei Piani dell’Offerta Formativa e la prassi educativa, la quotidianità scolastica. Molto spesso ci siamo accorti dell’assoluta buona fede dei docenti e di alcuni dirigenti nel non saper cogliere come discriminante per alcuni alunni il proporre, ad esempio, feste degli alberi con benedizioni e messe.

Lei, signora Panda, comunica che ritiene importantissimo la benedizione degli alberi e afferma la sacralità della natura. Il problema è che per altri, con diverse motivazioni ancora, la natura è vita ma non ha nulla di sacro e gli alberi hanno necessità di cure e attenzioni ma non di benedizioni.

Detto questo, sono e rimangono due opinioni diverse, nessuna delle due è più vera dell’altra se non per chi l’assume. Però, signora Panda, lei e i suoi figli avete tutto il diritto con altre famiglie, con parroci e tutte le associazioni di alpini, di fare tutte le cerimonie che riterrete più opportune, benedizioni e messe comprese, in spazi e luoghi sintonici alle opinioni che lei ha espresso. Tutto questo però non nella scuola pubblica, la quale, proprio perché non deve sbattere fuori nessuno, ma tenere dentro, proprio perché assume una Costituzione che, nata all’indomani di una guerra anche fratricida, ribadisce il concetto di cittadinanza e non di appartenenza religiosa, non consente per legge e non deve consentire e/o proporre per significati, nel rispetto delle differenze e delle minoranze, attività che si connotano come veri e propri atti di culto.

Conformismo, timore e acquiescenza: Qua, cara Panda, abbiamo dei riferimenti grandi come il mondo. Non ha mai avuto timore o semplicemente il mal di pancia quando avvertiva di non essere sintonica con quanto stavano dicendo o facendo gli altri? E quante volte ha espresso fermamente il suo pensiero di fronte ad altri invece contrari? E quando lo ha fatto, quando ha agito, si è sempre sentita bene, di pancia e di testa?

In genere le persone assumono con fatica il contraddittorio, il conflitto anche solo parlato appare pesante da reggere. Quando poi si prendono delle decisioni forti che riguardano i figli, il mal di pancia aumenta perché si deve scegliere fra l’essere coerenti con le idee che ci rappresentano e il far vivere “necessariamente” a loro una differenza che, spesso, nonostante quella che lei pensa essere stata l’esperienza dei compagni dei suoi figli, diventa sofferenza.

È difficili essere diversi, signora Panda, andare contro la maggioranza, non essere di moda, non conformarsi, essere disabili, essere un po’ folli, essere atei o agnostici, essere credenti senza essere dentro la chiesa, voler sempre capire prima di agire…e altro ancora. Se ti va bene, ti considerano una rompiscatole! Lo sapeva bene anche quel personaggio che (forse) è esistito e che è stato assassinato, sulla croce, per le sue idee.

Nessuno vuole toglierle il crocefisso, i pochi o i molti crocefissi di casa sua, l’Associazione Scuola e Diritti non ha mai neanche sostenuto che si dovessero togliere dalle scuole, ritiene però che sia non rispettoso oggi chiedere di aggiungerne o preoccuparsi che ci siano in una scuola di recente costruzione, poiché questo appare come una scelta di potere, avulsa da considerazioni etiche e religiose. Il significato di tali richieste, fatte tra l’altro molto spesso con toni urlati, sembra essere quello di affermare la predominanza di un pensiero su tutti, pensiero che sarà maggioritario ma che non è Unico. Il senso di tali scelte sembra essere più politico che religioso e quella croce assume più il significato di una crociata contro i diversi di turno (ora soprattutto gli islamici) che un messaggio di pace ed amore. Inoltre questa scelta ci appare anacronistica in una società comunque in evoluzione, multietnica, multiculturale e plurale, per questo, provvista di tante barche, una diversa dall’altra ma non per questo meno bella o di valore, società che vede e vedrà la presenza di tante (isole?) posizioni diverse ma nessuna meglio di un’altra, che devono, se vogliono imparare a sopravvivere, collegarsi: con barche, ponti… magari attraverso una scuola realmente di tutti.

Concludiamo con una battuta, dicendole che se dobbiamo fare riferimento all’album delle figurine degli amici, anche noi possiamo citare relazioni empaticamente forti e rispettose con credenti di varie fedi, con agnostici, con atei, con bianchi, neri e a pois… ma forse occorre intendersi sul concetto di rispetto.

Per inciso la informiamo che l’associazione Scuola e Diritti ha soci con diverse posizioni religiose, filosofiche e politiche, anche cattolici praticanti, che ritengono i valori della libertà, della giustizia e del rispetto fondamentali per la costruzione di un’Italia migliore formata da cittadini e non da appartenenti a gruppi conflittuali fra loro.

La salutiamo, gentile signora Panda, la ringraziamo perché ci ha costretto a riflettere su concetti che a volte diamo un po’ per scontati e le diciamo che probabilmente parte della sua incomprensione nasce da poco confronto con realtà diverse dalla sua.

Con rispetto,

la segreteria di Scuola e Diritti


P.S. – Il problema della scheda non è quello che le si vuole togliere il voto assegnato a suo figlio in Religione cattolica; si chiede semplicemente il rispetto di quanto affermato nel T.U., art. 309 comma 4, il quale prescrive di prevedere (come è sempre stato) un allegato alla scheda di valutazione per l’IRC. Non è anche la legalità un valore fondamentale?

Un problema di discriminazione lo vivranno i bambini che non si avvalgono, i quali avranno un bello spazio vuoto o una bella riga. Inoltre il passaggio di tale documento nelle scuole di diverso ordine e grado e forse in comunicazioni con aziende, renderà visibile, in aperta violazione della legge sulla privacy, l’orientamento religioso cattolico o non della famiglia. Ci appare accolga forse proprio queste obiezioni la recente sentenza del T.A.R. del Lazio del 1 febbraio 2006.


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