La parola d’ordine –aboliamo le province!– è stata lanciata –finalmente!– dal giornale Libero di Feltri, che chiede l’adempimento di una promessa elettorale di Berlusconi. È stata rilanciata ieri da di Di Pietro, che aderisce, in un primo palleggio virtuoso, andando al di là delle invettive di –bugiardo!– all’avversario.
Gli amici affezionati di Tellusfolio possono aver letto questa mia richiesta più volte.
Che il nostro giornale non la lasci cadere!
Rilanci! assieme alla campagna –aboliamo le Comunità Montane–: ABOLIAMO LE PROVINCE!
È il compito che ci fa tirar su l’Italia dagli abissi del terzo mondo nel quale sta precipitando (55° come Stato di diritto, 46° come economia competitiva, 35° come sistema informativo).
Io condivido l’opinione di Di Pietro sull’assoluta mancanza di etica propria delle azioni di Berlusconi, ma capita caso che questa sia un’esigenza nazionale pulitissima ed il risparmio non sarà solo di 16 miliardi anno, come scrive Feltri, ma di 120!, visto che Treviso pesa da sé per 1.000 vecchi miliardi. Comporterà la fine dell’obbligo annuale di effettuare la Finanziaria, cioè l’azione di riassetto del bilancio scassato dello Stato di ogni fine d’anno da oltre vent’anni, ed aprirà le risorse per non chiudere la scuola pubblica, come stanno facendo etc.
È l’obiettivo istituzionale della mia vita. Più di trent’anni fa ho cominciato a perseguirlo. Divenni socialista, appena laureato in Economia e Commercio ed in Sociologia, per costituire la struttura comprensoriale di partito del Cenedese, l’Alta Marca Trevigiana. Con lo scopo di far uscire i piccoli Comuni dall’isolamento, di dotare gli altri Comuni delle risorse necessarie ed eliminare l’ente diventato inutile con l’istituzione delle Regioni nel 1970, come sosteneva l’eccellente Ugo La Malfa.
La pattuglia di repubblicani ancora in Parlamento non ha dimenticato il suo insegnamento.
Allora erano 92 le province inutili italiane, oggi sono 108.
Non è stato fatto nessuno studio su questa esigenza, come mi ha confermato un ottimo funzionario del Parlamento: molta gente dei 500.000 italiani che vivono solo di politica, a spese degli altri che lavorano per prendersi il pane, teme che ci si accorga che queste sono le vipere che ci stanno avvelenando, sia col groviglio di competenze che ci lasciano scuole, ospedali, carceri etc. iniziati, costruiti, ma mai messi in uso, sia col peso delle spese socialmente inutili.
La crisi si fa feroce.
Gli italiani tirino fuori la creatività, che è la nostra stella, e raccolgano le firme per mollare questa zavorra!
Carlo Forin