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Stefania Nardini. Gli scheletri di via Duomo
29 Novembre 2008
 

Stefania Nardini

Gli scheletri di via Duomo

Tullio Pironti Editore, pag. 110, € 10,00

 

Stefania Nardini è una giornalista culturale romana che vive in Umbria ma è innamorata di Napoli e - quando può - non perde occasione per trascorrere un fine settimana campano. Forse perché ha sposato un giornalista di razza come Ciro Paglia (ex direttore del Mattino), ma anche perché la vita partenopea le ha rubato il cuore e non può fare a meno di trovarsi a contatto con quella gente. Stefania Nardini non potrebbe fare a meno della sua Napoli, ma neppure della Provenza e di una città fantastica come Marsiglia, altro luogo che pare averla stregata.

Dove c’è rivolta c’è rabbia. Dove c’è rabbia c’è vita, scrive Jean-Claude Izzo, grande scrittore marsigliese che la Nardini cita in apertura di romanzo. Si sa che gli scrittori vivono di certe suggestioni e che per loro i luoghi sono importanti, basti pensare a Hemingway, morto suicida proprio perché gli proibivano di tornare a Cuba. La Nardini ha già pubblicato Roma nascosta (Newton Compton, 1984) come atto d’amore verso la città natale e Matrioska (Pironti, 2001), storia di una cameriera clandestina che insegna letteratura, romanzo di culto, tradotto addirittura in ucraino. Torna al grande pubblico con un giallo ambientato a Napoli, che presenta in copertina una stupenda immagine di panni tesi alle finestre d’un quartiere popolare. La fotografia fa capire la grande attenzione per costruire una storia intrisa di napoletanità.

Antonio Ghirelli scrive: «Il racconto sembra tradotto dal napoletano perché descrive in buona lingua nazionale il sentimento, la furberia, l’amore, la pietà, la malinconia, la menzogna, l’imbroglio, che hanno fatto la fortuna della canzone, della poesia, del teatro, della musica napoletani. Stefania racconta le strade, i negozi, le abitudini, la sfrontatezza e la dolcezza del nostro temperamento, ma attenzione, lo fa di sfuggita, senza esagerare, senza indugiare, con la massima naturalezza».

L’ambientazione napoletana è la cosa migliore del romanzo, ma non deve passare in secondo piano uno stile fresco, asciutto e senza fronzoli che fa procedere la narrazione utilizzando rapidi dialoghi. Interessanti gli appunti di cultura e vita napoletana, il carattere degli abitanti, le strade, i colori, gli odori. Napoli da sempre convive con la morte. La minaccia del Vesuvio, i terremoti, le carestie, le epidemie, hanno segnato profondamente la vita della città, a tal punto che la morte è devozione, comunicazione, speranza contro il male. E questa - se permettete - è grande prosa, oltre a profonda conoscenza dell’animo napoletano. La scrittura e lo stile sono le cose migliori del romanzo, poi c’è anche il giallo, il mistero da risolvere, l’enigma che rende tutto appassionante. Per citare ancora una volta il grande Antonio Ghirelli, io mi sono divertito, spero che per voi sia lo stesso.

 

Gordiano Lupi


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