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RSA. La Toscana approva una legge per avvalorare le norme illegali del Comune di Firenze? 
Le cause e l'emendamento dell'Aduc
26 Novembre 2008
 

Il Tar Toscana, lo scorso 17 novembre, ha dichiarato illegittime le richieste di pagamento delle rette Rsa (Residenze Sanitarie Assistenziali) che i Comuni chiedono ai parenti degli assistiti e non solo al degente; il Comune di Firenze, per questo, dovrebbe restituire 28 milioni di euro agli assistiti. Già oggi 26 novembre, è in corso una udienza, sempre al Tar Toscana, in cui, viene chiesto il rimborso dei 30.000 euro illegittimamente pagati da un degente. Mentre domani 27 novembre, siamo al Tar dell'Emilia Romagna con una richiesta di rimborso di oltre 48.000 euro.

Il prossimo giovedì 27 novembre il Consiglio Regionale della Toscana dovrebbe approvare una legge che, invece, avvallerebbe il Comune di Firenze. Sta cercando di “metterci una pezza” incostituzionale?

La IV Commissione del Consiglio Regionale esaminerà l'articolo 14 della proposta di legge regionale n. 286 “Istituzione del fondo regionale per la non autosufficienza”, che farebbe rientrare dalla finestra ciò che il Tar ha già messo alla porta: i parenti in linea retta entro il primo grado dovrebbero contribuire alle rette per la degenza dei loro cari in Rsa!!

L'approvazione di questo articolo sarebbe contrario alla Costituzione (art. 117), poiché prevede il contrario di quanto disposto dalla legge nazionale: il computo della retta per la degenza in Rsa deve essere invece effettuato tenendo conto del reddito del solo assistito.

Il Consiglio regionale è distratto o sta procedendo in consapevole malafede per arricchire le casse dei Comuni coi soldi illegalmente prelevati dalle tasche dei cittadini?

A conforto della sentenza del Tar Toscana, c'è anche il parere del Difensore civico regionale che ammonisce i consiglieri a non procedere in questo modo perché, alimentando l'illegalità, contribuirebbero ad aumentare i contenziosi giuridici.

Abbiamo perciò chiesto a tutti i consiglieri regionali di presentare un emendamento all'articolo 14.

 

Proposta di emendamento al PDL 286 "Istituzione del fondo regionale per la non autosufficienza"

All'art. 14 comma 2, lett. c): le parole «altresì della situazione reddituale e patrimoniale del coniuge e dei parenti in linea retta entro il primo grado» sono sostituite con «della situazione economica del solo assistito, conformemente a quanto previsto dal d.lgs. n. 109 del 1998 art. 3, comma 2 ter».

L'attuale formulazione dell'art. 14 comma 2 lett. c) del PDL 286 “Istituzione del fondo regionale per la non autosufficienza” viola palesemente e gravemente l'art. 117 della Costituzione della Repubblica italiana poiché in aperto contrasto con la normativa stabilita a livello nazionale. Come ben noto a questo Consiglio, infatti, le prestazioni di degenza in residenze sanitarie assistenziali per soggetti handicappati/disabili gravi non autosufficienti rientrano fra i cosiddetti LEA, livelli essenziali di assistenza (come da combinato disposto degli art. 54 l. 289 del 2002, art. 1 e 3-septies d.lgs. 502 del 1992, D.p.c.m. 29 novembre 2001, allegato 1, lettera H). Si tratta di «prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria [...] caratterizzate da particolare rilevanza terapeutica e intensità della componente sanitaria» (art. 3-septies, comma 4, d.lgs. 502 del 1992). E proprio in ragione della duplice rilevanza sanitaria prima che sociale, il legislatore ha previsto che il pagamento delle rette di permanenza nelle residenze sanitarie assistenziali (RSA) per soggetti ultrasessantacinquenni non autosufficienti è ripartita per il 50% a carico del S.S.N. e per il restante 50% a carico dei Comuni, con l'eventuale compartecipazione dell'utente secondo i regolamenti regionali o comunali (D.p.c.m. 14 febbraio del 2001, richiamato dall'art. 54 della legge 289 del 2002); per soggetti handicappati/disabili gravi non autosufficienti è ripartita per il 70% a carico del S.S.N. e per il restante 30% a carico dei Comuni, con l'eventuale compartecipazione dell'utente secondo i regolamenti regionali o comunali (D.p.c.m. 14 febbraio del 2001, richiamato nell'art. 54 della legge 289 del 2002). Le modalità di tale eventuale compartecipazione dell'assistito ben possono essere disciplinate da legge regionale, che però dovrà comunque rispettare un fondamentale principio sancito dalla legge nazionale.

Nel caso specifico ci riferiamo all'art. 3 comma 2 ter del d.lgs. 109/98, che prevede che la determinazione della situazione economica del richiedente tali prestazioni sociali agevolate debba avvenire tenendo in considerazione «la situazione economica del solo assistito». La materia, del resto, è stata oggetto di numerose pronunce istituzionali, dottrinali e giurisprudenziali. In primo luogo all'interrogazione dell'on. Donatella Poretti del 28 marzo 2007, il sottosegretario Antonio Gaglione ha risposto ammettendo l'inadempimento del Governo e promettendo future determinazioni; esaustivi e completi sulla materia sono inoltre diversi pareri di difensori civici delle Regioni e dei Comuni, di esponenti del mondo accademico nonché pareri dell'Autorità Garante per la protezione dei dati personali. Similmente si è pronunciata la giurisprudenza amministrativa (TAR Toscana, sentenza n. 2535 del 17 novembre 2008; TAR Sicilia – Sez. distaccata di Catania, n. 42 del 11 gennaio 2007; Giudice di Pace di Bologna, sentenza n. 3598 del 12 ottobre 2006; Consiglio di Stato, ordinanza 2594/08 del 16 maggio 2008; TAR Toscana, sez. III, Ordinanza n. 733/07 del 7 settembre 2007; TAR Toscana, sez. II, Ordinanza n. 43/08 del 17 gennaio 2008; TAR Milano, ord 602/08; sent. Trib. Lucca 174/08; Sentenza Tar Lombardia n. 303/08 del 7 febbraio 2008).

 

Aduc

Associazione diritti utenti e consumatori


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