Da qualche ora, il sito internet di Montecitorio pubblica i dati relativi alla partecipazione al voto dei deputati. Un passo in avanti, ha commentato la segretaria di Radicali Italiani Antonella Casu: «Affinché questi dati siano reali», ha avuto cura di aggiungere, occorre che «a breve sia dato corso all'ordine del giorno, presentato dai radicali nella scorsa legislatura, volto ad eliminare la pratica dei pianisti; così come auspichiamo che a questi nuovi dati, appena resi noti, si affianchino tutti gli altri ancora sconosciuti ai più, dai lavori di Commissione ai finanziamenti alla politica ad esempio».
Non è una questione di poco conto, quella su cui Antonella sollecita attenzione e riflessione.
Qualcuno si sarà chiesto come mai, nella “classifica” dei votanti, i deputati radicali, pur essendo “piazzati” in buona posizione non sono ai vertici. La ragione è molto semplice: ogni radicale a Montecitorio e palazzo Madama, quando vota, vota in prima persona. Non è, insomma, aiutato da colleghi “volenterosi” che lo fanno per loro. Si dà, per esempio, il caso di parlamentari che pur essendo raramente in aula, sono alla testa della classifica delle presenze. Hanno semplicemente ceduto la loro tessera-voto a un collega. Inoltre i parlamentari radicali quando hanno occupato la commissione parlamentare di vigilanza hanno perso numerose votazioni.
Questo per quel che riguarda i radicali. In generale: il presidente della Camera Gianfranco Fini sembra essersi convinto che la pratica dei “pianisti” ha assunto proporzioni e livelli non più tollerabili; e questa sua convinzione la si condivide in pieno. Una delle sedute parlamentari più avvilenti è stata quando il parlamentare del PD Roberto Giachetti ha denunciato alla presidenza la ostentata pratica “pianistica” di numerosi deputati del centro-destra, e immediatamente un deputato di quella parte politica ha ammonito Giachetti a non ergersi a scandalizzato moralista, visto che i deputati del centro-sinistra stavano facendo la stessa cosa. Una “teorizzazione” senza vergogna di questa pratica, oltretutto mentre una scolaresca era in visita nel “Palazzo” e assisteva ai lavori di aula. Ne avranno ricavato senz’altro una morale più di cento lezioni di educazione civica!
Il presidente Fini ha assicurato che nel 2009 si voterà con un altro sistema, quello che prevede l’impronta digitale. I “pianisti” dunque dovrebbero scomparire. Dovrà essere cura degli uffici, quando si farà la “classifica” dei presenti e degli assenti, specificare che in una parte di legislatura si è votato in un modo; e poi con un altro sistema. I risultati non mancheranno di sorprendere. Tanto più che occorre chiarire la questione delle “missioni”.
Chi segue le sedute parlamentari, sente dire in apertura che il parlamentare X o il parlamentare Y, quel giorno è in “missione”. Detta così si è autorizzati a credere che il deputato in questione sia da qualche parte in ragione del suo ufficio e della sua funzione, e impossibilitato a votare; basta comunicare “missione”, e dunque l’assenza viene giustificata (e la giustificazione, ovviamente, conta nel conteggio degli emolumenti complessivi). Il fatto è che appunto basta dire che si è in “missione”, senza essere obbligati a specificare in cosa consista la “missione”, per cui il parlamentare può benissimo essere impegnato in attività che nulla hanno a che fare con il suo mandato. “Missione”, dunque, è una sorta di parola magica, un passepartout. Decenza vorrebbe che questa pratica venisse superata: rarissimamente le “missioni” sono veramente tali.
A margine della “classifica” stilata sulle attività parlamentari. È evidente che un metro di misura è costituito anche dalla quantità di atti parlamentari prodotti. Però il dato numerico non può e non deve essere l’unico metro di valutazione. I parlamentari radicali, per esempio presentano interrogazioni sulle condizioni in cui versano le carceri o i centri di prima accoglienza; altri parlamentari usano l’interrogazione come una sorta di “raccomandazione”: nelle passate legislature, ma anche in questa, ce ne sono di specializzati, che per esempio “segnalano” al ministero del Lavoro casi di persone che a loro dire sono in attesa della definizione della pratica pensionistica. Un modo per sollecitare la definizione di quella pratica. Evidentemente la qualità delle interrogazioni radicali è diversa da quella dei parlamentari che raccomandano la pratica.
Stessa cosa si può dire per i progetti di legge. Al di là del merito e della qualità dei progetti presentati, i nostri parlamentari preferiti non sono tanto quelli che a fine mandato esibiscono centinaia di progetti di legge e “leggine” presentate (e spesso neppure calendarizzate), quanto quelli che possono dire di essere riusciti a far cancellare qualche legge. Questo paese è afflitto non si sa bene da quante leggi, c’è chi sostiene parecchie centinaia di migliaia, dove c’è tutto e il suo contrario: leggi, norme, regolamenti contraddittori, desueti, dimenticati. Una buona “deforestazione” di questa giungla normativa non solo sarebbe auspicabile, ma necessaria e urgente.
Dunque un primo, importante passo è stato fatto. Ne devono seguire ora molti altri; e non solo alla Camera, ma a tutti i livelli istituzionali. «Adottare provvedimenti volti a garantire la trasparenza rappresenta un'iniziativa che, secondo il principio del “conoscere per deliberare”, garantendo agli elettori la giusta trasparenza sull'operato di chi hanno chiamato a rappresentarli, assicura l'esercizio del controllo e la possibilità di partecipazione alla vita politica del Paese», ci ricorda Antonella; è l’impegno che i radicali hanno assunto al termine dei lavori del congresso di Chianciano; è l’impegno cui siamo chiamati a dare corpo nei giorni che verranno.
Valter Vecellio
(da Notizie radicali, 20 novembre 2008)