Appassionante. Il bravo Fabio Martini de La Stampa, ci informa che mentre il governo Berlusconi conta ventun ministri e trentanove sottosegretari, il “governo ombra” del Partito Democratico è arrivato alla bellezza di cinquanta ministri-ombra e trentaquattro dirigenti con altrettanti incarichi nel partito. In origine i ministri-ombra erano ventuno. Ma ora siamo a venti sotto-segretari-ombra, due consiglieri-ombra, otto coordinatori-ombra. Fanno le cose in grande. Il ministro-ombra all’ambiente Ermete Realacci dispone di ben quattro sotto-segretari-ombra: uno alla sicurezza; uno per i settori climatici; uno agli enti locali; e infine uno per il settore parchi. Ci sono poi personaggi come Goffredo Bettini, coordinatore della “iniziativa politica”, che non si sa cosa sia, ma suona bene; poi ci sono una quantità di responsabili: quello all’Organizzazione; il responsabile Circoli; il responsabile Settore Adesioni; il responsabile Attuazione Statuto; il responsabile Settore Elettorale; il responsabile Campagne Elettorali, il responsabile Elezioni Europee 2009…
Manca la politica, ma questo evidentemente, è un trascurabile dettaglio. Intanto il PD, che a parole si vuole aprire alla società, in realtà si arrocca e si chiude. Dopo aver condannato a morte il governo di Romano Prodi, il PD ha perso rovinosamente le elezioni, regalando una strepitosa vittoria a Silvio Berlusconi e al centro-destra (che poi Berlusconi e il centro-destra, privi di una anche minima cultura di “governo” non sappia, appunto, “governare”, è altro discorso); e ora, giorno dopo giorno, sta dilapidando quella che poteva essere una ottima occasione per favorire processi di ibridazione e di “aperture”, le primarie.
Marco Pannella ha osservato che se Barack Obama fosse stato italiano e si fosse candidato alle primarie del PD, non avrebbe avuto una possibilità una. Come non è stata data una possibilità una allo stesso Pannella; e non solo a lui: Giulia Innocenzi, che si è candidata alla guida dei giovani del PD, sta incontrando e ha incontrato ostacoli e boicottaggi di ogni tipo; ma boicottaggi e ostacoli ha incontrato, per esempio, Ermanno De Rosa candidato alle primarie per il sindaco, a Cremona; e la stessa cosa si può dire per Gianfranco Pasquino a Bologna, in corsa per il post-Cofferati.
Lo specchio, e la spocchia, di questa insensibilità, di questa indifferenza, è costituito da L’Unità: che avrà pure indossato la mini-gonna, ma – come si dice – non è l’abito a fare il monaco; e non è la mini-gonna a fare e dare le idee. Lo si è ben visto nella puntata di “Porta a porta” di ieri, che ha preso spunto da un sarcastico, recente pamphlet di Edmondo Berselli. Nessuno dei pur numerosi partecipanti, che abbia sollevato la questione di come aggregarsi, organizzarsi, sul che fare e come, il modello di partito, il diritto di partecipare. Nel salotto di Bruno Vespa tutti a discutere degli errori e del futuro – se ha un futuro – della “sinistra radicale”. Mancavano proprio i radicali. Al solito, come sempre. Peccato (per loro). Qualcosa di utile e di nuovo i radicali ce l’hanno, da dire; non per un caso vengono silenziati.
Valter Vecellio
(da Notizie radicali, 19 novembre 2008)