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Lucio De Angelis. Al Piccolo Eliseo di Roma “Un giorno d’estate” di Jon Fosse
19 Novembre 2008
 

Al “Piccolo Eliseo Patroni Griffi” Valerio Binasco, attore-regista tra i più apprezzati in Italia e per il triennio 2009 - 2011 regista stabile dello stesso Teatro, ha in scena fino al 7 dicembre Un giorno d’estate, di Jon Fosse, testo potente, poetico e malinconico, che ci porta in una vecchia casa isolata affacciata su un fiordo per raccontare la fine di una storia d'amore, con un gioco teatrale che unisce presente e passato, angoscia e tenerezza infinita. Interpreti sublimi della pièce sono: Sara Bertelà, Elena Callegari, Fabrizio Contri, Federica Fracassi, Emiliano Masala.

 

Tradotto in oltre venti lingue, considerato il più grande autore norvegese contemporaneo, Jon Fosse è poeta, narratore e drammaturgo di fama internazionale. Vincitore nel 1996 del Premio Ibsen, è stato rappresentato sui palcoscenici di tutto il mondo con grande successo di critica e di pubblico, tanto da essere considerato da molti l'erede contemporaneo di Ibsen.

La scrittura di Jon Fosse fa emergere i contorni dei personaggi attraverso delle vere e proprie partiture testuali che, con grande precisione, intrecciano parole e silenzi, detto e non detto, dicibile e indicibile. Se, come ha dichiarato Fosse, la sua arte poetica consiste nel “dire l'indicibile”, allora ogni parola viene caricata di significato ed esprime, più profondamente, un segreto.

Le parole vengono quindi tessute con i silenzi - e ne sono maestri in questo gli attori - : lo spazio del non detto, dei silenzi, delle pause è lo spazio del senso, e dei sensi, lo spazio in cui viene rivelato quello che non può essere (solo) detto. «Scrivere per me è più un atto musicale che intellettuale», afferma infatti Jon Fosse, qualunque sia la forma: poetica, narrativa, drammaturgica.

 

L’opera, tradotta da Graziella Perin, narra la vicenda di una coppia di amanti che sognano l’amore assoluto; per questo i due scelgono di isolarsi dal resto del mondo e concretizzano il loro idillio, ritirandosi a vivere in una casa solitaria affacciata sui fiordi. «Un giorno, però, lui esce in mare in preda ad una forte agitazione nervosa e non farà mai più ritorno da lei. Si è buttato, si è lasciato travolgere dalle onde o è fuggito? Chissà cosa è successo a quell’uomo».

«I personaggi di Fosse» dice il regista «sognano la vita come se l’idillio fosse possibile, salvo che ogni volta ne rimangono delusi e sono tentati dall’accidia. O meglio dall’accidia nella sua variante più nobile: la Melanconia. Uno dei due amanti si ammala di melanconia e diviene tristissimo o paranoico. Il luogo progettato per essere “Io e Te” si trasforma così in un luogo di reclusione per persone accecate da sé stesse. La melanconia è un uomo che dialoga incessantemente con se stesso: e l’idillio finisce in una tragedia di solitudine».

Nelle sue note di regia Binasco scrive: «Cosa c’è di così attraente in una visione del mondo e dei sentimenti così assolutamente buia? La sua spiritualità. Una spiritualità fredda, senza speranza, ma legata alla sua profonda capacità di ascoltare le parole comuni e di vedere gli oggetti quotidiani, della gente qualsiasi.

Si può dire anche che Jon Fosse sia capace di un particolare ascolto per la poeticità e la musicalità delle parole comuni. E anche questo è un atto spirituale. Assomiglia all’idea stessa di Teatro. Almeno a quella che abita nella mia testa: prendi una persona, la metti dinanzi ad altre persone, e lasci che viva mentre tutti la guardano. Questo attore che si lascia guardare, senza offrire altro che il suo ‘star lì’, come un oggetto abbandonato, ci offre (senza mai porgerla) la sua anima.

C’è una grazia in questo. E anche un po’ il rischio di un certo manierismo, perché lo stile dell’autore è molto forte, al punto che molti dubitano della sincerità dei suoi drammi, che a volte paiono scritti solo per il gusto di assecondare uno stile. Ma non è vero. Appena ti metti a studiare i suoi drammi, ti accorgi che sono scritti per gli attori. Ti accorgi di tutta l’attenzione che l’autore ha verso i rapporti teatrali, e verso i rapporti umani. Chiede una enorme semplicità. Un enorme atto di sottomissione alla semplicità della sua scrittura.

Recitare un testo di Fosse è un’esperienza generosa, violenta e bella. Dopo un po’ gli attori vengono trasportati in un mondo doloroso e commovente, e appaiono come trafitti da sentimenti che giacevano in loro dimenticati, inascoltati. Gli attori sentono che devono fare un gioco ‘duro’ con se stessi. E questo li fa ridere e piangere moltissimo».

 

 

Teatro: Piccolo Eliseo Patroni Griffi

Città: Roma

Titolo: Un giorno d’estate

Autore: Jon Fosse

Traduzione: Graziella Perin

Adattamento drammaturgico: Valerio Binasco

Interpreti: Sara Bertelà, Elena Callegari, Fabrizio Contri, Federica Fracassi ed Emiliano Masala.

Regia: Valerio Binasco

Scene e luci: Nicolas Bovey

Costumi: Sandra Cardini

Regista collaboratore: Nicoletta Robello

Produzione: Teatro Eliseo

Periodo: fino al 7 dicembre

Durata: circa 60 minuti

 

Lucio De Angelis

(da Notizie radicali, 17 novembre 2008)


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